Vaticano e Chiesa russa: asse cristiano in Europa
Il rapporto di Benedetto XVI con le Chiese ortodosse si è posto in continuità con la linea seguita da Giovanni Paolo II, ma allo stesso tempo ha marcato delle differenze. Wojtyła era animato da una passione evidente nei confronti del mondo ortodosso, carica di valenze molteplici, intrise anche di motivi biografici, connessi alla storia e alla cultura della Polonia. È stata una passione che ha giocato in modo ambivalente nei confronti dell’ortodossia, in anni particolari caratterizzati dai sommovimenti geopolitici conseguenti alla fine dell’equilibrio bipolare, densi di conseguenze anche nell’universo religioso dell’Europa centro-orientale.
Nei confronti di Benedetto XVI, meno coinvolto personalmente, se così si può dire, e in un quadro di minori tensioni, si è riscontrato, sia a livello dei vertici delle Chiese ortodosse, sia in quella che potremmo definire l’opinione pubblica ortodossa, un movimento di simpatia piuttosto diffuso. La costante attenzione alla tradizione dell’Oriente cristiano nell’insegnamento del Papa ha suscitato favore nel mondo delle Chiese ortodosse. Un favore che è stato parzialmente incrinato, all’inizio del Pontificato, solo dall’abolizione del titolo di Patriarca d’Occidente tra quelli attribuiti al Papa, criticata da diversi autorevoli esponenti del mondo ortodosso, timorosi di un’affermazione del primato romano non rispettosa della particolarità anche giurisdizionale dell’Oriente ortodosso. D’altro canto il suo insegnamento, attento a rispondere alle sfide del mondo della globalizzazione attingendo al patrimonio della tradizione cristiana, si è collocato su un registro di particolare sintonia con quelle che sono le posizioni elaborate all’interno del mondo ortodosso.
La visita a Istanbul e il rapporto con il patriarca ecumenico, Bartolomeo, che ha pronunciato un discorso durante i lavori del Sinodo dei Vescovi in Vaticano, nell’ottobre 2008, sono stati espressione di una relazione consolidata tra Roma e la prima sede di onore dell’ortodossia bizantina. Al rapporto con Costantinopoli è connesso il dialogo teologico bilaterale tra Chiesa cattolica e Chiese ortodosse che, iniziato nei primi anni Ottanta del XX secolo, è proseguito nel corso del pontificato di Benedetto XVI, manifestando però limiti e lentezze per molti versi ascrivibili ai contrasti interni al mondo ortodosso, in particolare alla divergenza di visioni riscontrabile nelle posizioni di Costantinopoli e di Mosca.
Se il rapporto con il patriarcato costantinopolitano si è collocato in una linea di continuità, non senza qualche segnale di stanchezza, maggior dinamismo è provenuto da altri interlocutori, collocati in aree di particolare valore geopolitico. La visita a Cipro, nel giugno del 2010, la prima di un Papa sull’isola e l’unica di Benedetto XVI in un paese a maggioranza ortodossa, è stata espressione della particolare vivacità della Chiesa cipriota nei rapporti con Roma, nel quadro della complessa situazione interna e internazionale dell’isola. Segnali di cambiamento sono arrivati anche da un altro delicato quadrante europeo, quello balcanico, dove il nuovo patriarca della Chiesa serba, Irenej, ha manifestato più volte la sua intenzione a un miglioramento dei rapporti con Roma e la Chiesa cattolica, culminata nella storica visita a Sarajevo, con la sua partecipazione alla celebrazione nella cattedrale cattolica alla presenza di numerosi cardinali, in occasione dell’incontro internazionale di dialogo promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nel settembre 2012.
Non c’è dubbio, tuttavia, che la misura dello status dei rapporti tra Roma e l’ortodossia sia data dalla condizione delle relazioni con l’universo ortodosso di maggior peso, ovvero quello russo. L’eredità di Giovanni Paolo II, come è noto, in questo delicato e decisivo scenario, dove non erano mancate occasioni di attrito tra le due Chiese, era controversa. Il pontificato di Benedetto XVI ha segnato un cambiamento di clima nelle relazioni tra le due Chiese, nel segno di un significativo allentamento delle tensioni.
L’impatto della personalità di Ratzinger, della sua cultura teologica, del suo insegnamento, ha avuto un particolare rilievo nella Chiesa russa, al cui interno, anche in ambienti tendenzialmente non aperti al dialogo ecumenico con Roma, la figura del Papa ha riscosso notevole successo. Sono diventate regolari le visite di alti dignitari del patriarcato di Mosca a Roma e gli incontri con lo stesso Papa, mentre gli apprezzamenti nei confronti delle posizioni di Benedetto XVI si sono ripetuti. Certo restano aperte questioni spinose. Non è risolto il vero nodo di Gordio delle relazioni intercristiane, non solo cattolico-ortodosse, ma anche interortodosse e perfino intra-cattoliche, ovvero la questione ucraina, sebbene non siano mancati segnali di miglioramento. D’altro canto una meno marcata impronta polacca sulla presenza cattolica latina nei paesi ex-sovietici, favorita dal cambio di Pontificato, ha invece contribuito a smorzare motivi di attrito, che su base di stratificazioni secolari si erano particolarmente acuiti all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica. Tale situazione ha favorito la realizzazione di un evento di grande valore storico e geopolitico con la visita del patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, in Polonia, nell’agosto del 2012, e la firma di un importante documento congiunto con la Chiesa cattolica polacca. L’elezione di Kirill, nel febbraio 2009, la più significativa di una serie di successioni ai vertici delle Chiese ortodosse che si sono verificate nel corso del pontificato di Ratzinger, ha posto Roma e il mondo cristiano di fronte a una personalità di rilievo, che si è qualificata come un interlocutore dotato di una visione articolata del presente e del futuro del cristianesimo. Il suo apporto ha contribuito a spostare l’asse del rapporto tra Roma e l’ortodossia sui temi della collocazione del cristianesimo nel mondo contemporaneo, a partire dalla condivisione della consapevolezza che comune ai due mondi cristiani e alle loro istituzioni ecclesiastiche è la sfida di rivivificare il rapporto tra cristianesimo ed Europa, in una prospettiva che Mosca concepisce come eu-russa. Non si tratta di una questione irrilevante anche da un punto di vista geopolitico.
*Adriano Roccucci, docente di Storia Contemporanea all'Università Roma 3.