Verso il G20 italiano: clima, energia e migrazioni

Prosegue la serie di Focus speciali sulla storia, le grandi sfide e gli obiettivi del G20 in vista della presidenza italiana del 2021. Una serie che l'Ispi realizza in quanto prossimo coordinatore nazionale/chair del Think20, l'organismo ufficiale che raccoglie i principali think tank e centri di ricerca di tutto il mondo per fornire raccomandazioni di policy ai leader del G20.
Il summit G20 è stato elevato al livello dei capi di stato e di governo nel corso della Grande recessione del 2009, con lo specifico intento di dare una risposta comune alla crisi economica. Risposta che non ha tardato, con uno stimolo globale coordinato di quasi 700 miliardi di dollari (equivalente all’1,1% del PIL mondiale di allora) e l’avvio della riforma dell’architettura finanziaria internazionale. Ma con il passare degli anni il G20 è passato ad occuparsi di molto più di finanza ed economia, per giungere a trattare le principali sfide globali.
Oggi, con una pandemia globale in corso, una crescente conflittualità a livello internazionale e di fronte a una crisi economica senza precedenti, il mondo si interroga se il summit possa ancora essere in grado di dare risposte concrete alle grandi sfide mondiali.
Tra queste rientra certamente la lotta al cambiamento climatico. Il fatto che ad aprile scorso, nel periodo più duro dei lockdown, le emissioni globali di gas serra siano crollate del 17% non significa che si possa abbassare la guardia. Anzi, all’opposto, questo settembre le Nazioni Unite hanno certificato che nei mesi successivi le emissioni erano quasi tornate ai livelli del 2019. Tanto che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera quest’anno ha fatto segnare un altro record.
Secondo Andreas Kraemer e Benjamin Görlach dell’Ecologic Institute di Berlino, quando gli effetti peggiori della pandemia saranno alle nostre spalle “una delle priorità dei ministri delle Finanze del G20 sarà quella di recuperare lo spazio fiscale necessario a combattere la prossima crisi, quella del cambiamento climatico”. Cruciale, in questo senso, sarà la direzione che prenderà la spesa dedicata alla ripresa economica, che non potrà prescindere dalla riflessione sulla sua sostenibilità. Gli autori pongono l’accento sul fatto che i migliori investimenti possibili saranno quelli in fonti energetiche rinnovabili, mobilità elettrica, efficienza energetica e smart grids.
Curing the Fever: Global Overheating and the G20 after the Pandemic
di Andreas Kraemer and Benjamin Görlach, Ecologic Institute
Global overheating and its devastating impacts will be the main concern around the world when this Covid-19 pandemic subsides during 2021. Cutting emission of methane, carbon dioxide, and other greenhouse gases needs speeding up. So does adaptation to the inevitable consequences of what some – euphemistically – still call "climate change". Leggi l'articolo
Oltre alla questione strettamente ambientale, il G20 è anche la sede in cui si discute del coordinamento e della evoluzione delle politiche energetiche mondiali. I suoi membri contano infatti per oltre l’80% nel consumo energetico mondiale e rappresentano la quasi totalità della produzione energetica da fonti rinnovabili. Tra i membri si trovano inoltre i cinque principali produttori di petrolio al mondo (Stati Uniti, Arabia Saudita, Russia, Canada e Cina).
Malgrado i ministri dell’energia del G20 abbiano cominciato a riunirsi dal 2015, tuttavia, i passi avanti fatti nell’ambito del vertice non sono molti. Questo perché interessi contrapposti continuano a dividere i suoi membri, tra esportatori e importatori netti di energia (i quali ovviamente hanno interessi divergenti dal punto di vista dei prezzi e della sicurezza), e tra chi spinge sull’acceleratore e chi frena sulle rinnovabili.
Secondo Hossa al Mutairi e Adam Sieminski del KAPSARC, in Arabia Saudita, le discussioni a livello G20 acquistano ulteriore rilevanza oggi, a causa degli effetti che la pandemia di COVID-19 sta avendo sui mercati energetici mondiali. Il prezzo del petrolio, già a livelli storicamente bassi prima della crisi, è crollato in territorio addirittura negativo per un breve periodo ad aprile e rimane ancora oggi fortemente depresso (il greggio WTI è quotato intorno ai 36 dollari al barile). Se da un lato ciò presenta un problema per l’attuale sostenibilità finanziaria di alcuni paesi esportatori, dall’altro apre uno spazio di riflessione importante sul futuro delle diverse fonti energetiche e sulla sostenibilità dei mercati energetici del post-Covid.
G20: Energy and the Role of the Circular Carbon Economy
di Hossa al Mutairi e Adam Sieminski, KAPSARC
Over the past 12 years, energy took a growing importance in the G20 agenda. Indeed, the G20 has become a centerpiece of the discussion around oil market stability during the unprecedented demand collapse that has accompanied the COVID19 shock to the global economy. Leggi l'articolo
Passando a un’altra sfida globale, anche le migrazioni sono entrate nell’agenda del summit solo dal 2015, proprio nell’anno in cui un milione di rifugiati e richiedenti asilo giungeva sulle coste europee in fuga da Siria, Libia, Afghanistan e altri paesi.
Con la riduzione dei flussi migratori irregolari verso l’Europa negli anni successivi, il tema delle migrazioni globali è tornato in sordina, anche quando a giugno scorso l’Agenzia Onu per i rifugiati (UNHCR) ha certificato che il numero di persone costrette a lasciare la propria casa per guerre e motivi politici ha ormai superato i 79 milioni, il livello più alto mai registrato. Nel frattempo anche il numero di migranti internazionali continua a crescere, con un altro dipartimento dell’Onu, UN DESA, che stima che questi ultimi siano passati dai circa 150 milioni del 1990 ai 272 milioni del 2019.
Secondo Güven Sak, direttore del TEPAV in Turchia, è necessario riconoscere che (malgrado le percezioni) le migrazioni sono un fenomeno che coinvolge prevalentemente i paesi in via di sviluppo ed emergenti, ben più dei paesi avanzati. Questo anche perché i paesi emergenti ospitano l’86% delle persone che sono state costrette a lasciare il proprio paese forzatamente e questo, a sua volta, si accompagna a significativi costi economici e sociali.
Secondo Matthias Lücke del Kiel Institute, invece, mentre la governance delle migrazioni regolari avviene a livello nazionale e regionale, quello dei rifugiati è un tema che va affrontato a livello globale. In questo senso, il G20 non ha fatto abbastanza negli ultimi anni. Secondo Lücke sarebbero infatti sufficienti 10 miliardi di dollari l’anno per coprire le necessità di finanziamento della comunità internazionale sul fronte rifugiati, evitando in questo modo che crisi locali o regionali si trasformino rapidamente in crisi globali.
Migration and Asylum: What has the G20 Done and What Could It Do?
di Güven Sak, TEPAV
The G20 has saved the Global North in the aftermath of the 2008 American financial crisis. Now is the time for the G20 to save the Global South. With the COVID-19 pandemic, the issue of forcibly displaced people has gained an additional urgency for three reasons. Leggi l'articolo