Questa sera Trump ha annunciato la sua decisione sull’accordo sul nucleare con l’Iran. Gli Stati europei sono stati tra i principali sostenitori di questo accordo. L’annuncio di Trump quale impatto avrà sulle relazioni tra Stati Uniti ed Europa?
Con ogni probabilità ci saranno dei riflessi negativi in Europa. Sappiamo che per esempio lo stesso Alto Rappresentante per la Politica Estera Europea ha sinora mantenuto un atteggiamento abbastanza “conservatore” sugli attuali accordi con l’Iran. Tuttavia non credo che la decisione di Trump porterà a una rottura dei rapporti tra Europa e Stati Uniti. Anche perché l’Iran è un tema importante, ma non è un tema centrale nei rapporti transatlantici. È anche necessario sottolineare che in Europa sia unanime nella conservazione dell'accordo. Il presidente francese Macron, per esempio, ha espresso la volontà di conservare l’accordo, sì, ma di allargarlo anche ad altre materie. Bisogna anche dire che la popolarità dell’Iran in Occidente negli ultimi sei mesi è un po’ diminuita, in parte per la repressione interna contro le dimostrazioni, in parte per l’interventismo in Siria e altrove, in parte per le voci di corruzione nell’amministrazione iraniana. Non credo che il presidente Trump faccia bene a denunciare l’accordo, però non credo che questo porterà a una rottura tra Stati Uniti ed Europa.
L’Europa dovrebbe assumere una voce più unitaria? O è possibile continuare in questo modo? Fino adesso abbiamo assistito agli appelli di Angela Merkel, Emmanuel Macron e Boris Johnson in ordine sparso. è forse un’occasione per l’Europa di pronunciarsi in maniera più univoca?
Credo che occorra essere realisti. Dal punto di vista ideale sì, certamente l’Europa dovrebbe essere più univoca. La realtà di oggi però è una realtà che non va in quella direzione e non si può pensare che grandi stati come la Germania o la Francia o l’Inghilterra sacrifichino la propria posizione in nome dell’unità europea. Ci troviamo in un momento basso per l’Europa, anche in politica estera e di difesa, e anche le vicende iraniane vanno in questa direzione.
Trump chiaramente prende questa decisione per diversi motivi, anche dei retaggi storici, sicuramente delle relazioni tra gli Stati Uniti e l’Iran dal 79, la crisi degli ostaggi, la volontà di rovesciare l’eredità di Obama. Secondo lei, lui persegue una strategia coerente nel prendere questa posizione molto netta nei confronti dell’accordo sul nucleare?
Si può leggere in due modi. A noi piacerebbe forse che fosse un po’ meno coerente con se stesso, però in fondo queste sono cose che lui ha detto in campagna elettorale. Quindi diciamo è coerente con se stesso, con le sue idee politiche. Che poi lui abbia ragione questo è tutto un altro paio di maniche. Però non si può dire che sia incoerente.
Secondo lei la crisi iraniana non è l’unica crisi aperta sul nucleare in particolare, c’è anche la crisi coreana che si è un po’ normalizzata in questi mesi, addirittura si dovrebbe arrivare a un incontro tra i due leader, Kim Jong-Un e Trump, a inizio giugno. Secondo lei, nel caso di una decisione di Trump di ritirarsi da questo accordo sul nucleare, la cosa influirà in qualche modo sulle negoziazioni future invece con la Corea?
Credo di no, sono due dossier molto diversi e poi sul dossier coreano da una parte Trump può gridare vittoria perché riuscirà a portare il dittatore nordcoreano allo stesso tavolo. Contemporaneamente è anche un po’ una vittoria per il dittatore nordcoreano, in questa maniera ottiene un riconoscimento internazionale che non si sarebbe mai immaginato di avere altrimenti.