Alice Quagliato ha frequentato il Master in Diplomacy dell’Ispi nel biennio 2006/2007. Oggi lavora come Capo delegazione di Terre des Hommes in Burundi e ha alle spalle una lunga carriera nella cooperazione allo sviluppo.
Cosa ha significato per te frequentar il master ISPI in Diplomacy e come ha cambiato la tua carriera lavorativa?
In realtà mi ero iscritta al corso perché pensavo di tentare il concorso in diplomazia, ma quell’anno furono introdotti dei criteri per cui io, come altri studenti, non potevo accedervi. Durante le lezioni però mi confrontavo spesso con colleghi del master in Cooperazione. Ed era un mondo a cui mi sentivo in qualche modo affine. Avrei scoperto più tardi, grazie ad uno stage ottenuto a fine corso sulle attività di microcredito in Mozambico, che sarebbe stata quella la mia strada.
Cosa aggiunge un master al percorso di chi, come te, vuole lavorare in ambito internazionale?
Il master ti dà occasione di confrontarti con esperti di settore e operatori con esperienza diretta sul campo. Spesso in Italia non è facile orientarsi perché non c’è una strada segnata per chi vuole entrare nella cooperazione allo sviluppo. Il master ti mette in contatto con persone che negli anni costituiranno la tua prima ‘rete’ di colleghi e conoscenze e che ritroverai, successivamente, nelle istituzioni o nelle organizzazioni con cui avrai a che fare.
Cosa consiglieresti a chi si affaccia a questo mondo per cominciare?
Di studiare le lingue: spesso si pensa che l’inglese basti per tutto. Non è così. Qui in Burundi e in molti paesi della regione dei Grandi Laghi in Africa ad esempio, il francese è essenziale. Come in America Latina lo sono spagnolo e portoghese. Consiglierei anche di iscriversi ai corsi che ti aiutano a formarti una conoscenza di base solida sulle aree del mondo in cui operano le organizzazioni no profit, e che a scuola o all’università non necessariamente si studiano. Conoscere la lingua e il contesto socio-politico del paese in cui si lavora, una volta arrivati sul campo, è essenziale.
Prima del Burundi hai lavorato in Brasile, Burundi, Mozambico, Senegal, Madagascar, India e Kosovo. Aree geografiche molto diverse necessitano competenze diverse?
Di base io sono una mananger. Non ho delle conoscenze tecniche specifiche. Non sono un ingegnere, un’insegnate o un infermiere, per intenderci. Ero laureata in Bocconi: il master e le esperienze che ho fatto sul campo mi hanno permesso di crescere e cimentarmi in diversi settori di intervento, come riduzione dei rischi di catastrofi, agricoltura e agroecologia sostenibili, sviluppo di catene del valore inclusive, imprenditoria giovanile e microfinanza, coesione sociale e buon governo, lotta contro le discriminazioni femminili. Fino a diventare Direttrice dei Programmi e Capo Delegazione, il ruolo che svolgo oggi in Terre des Hommes e che prevede soprattutto organizzare e coordinare il lavoro degli altri, oltre a rappresentare la Fondazione presso le autorità del Burundi e le organizzazioni internazionali presenti nel paese. Proprio come fa un manager di un’azienda. Con la differenza che, nel mio caso, l’obiettivo dell’azienda è produrre sviluppo sostenibile.