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Commentary

Innovazione: Mosca alla ricerca di un nuovo petrolio?

Camilla Pagani
|
Alexandre Kaufmann
01 marzo 2019

Con 90 milioni di utenti la Russia è sesta al mondo e prima in Europa per numero di persone connesse a Internet. Al 39° posto mondiale per la digitalizzazione dell'economia, si attesta davanti all'Italia (BCG), mentre Mosca, con 318 milioni di dollari di investimenti in venture capital nel 2017, si afferma come terza città europea dopo Londra (842 milioni) e Parigi (450 milioni), (Banca Mondiale). Il paese ha prodotto aziende di successo come il motore di ricerca Yandex, fra le 25 maggiori società internet al mondo, Mail.ru, che offre servizi di posta elettronica e social media a più di 100 milioni di utenti, Kaspersky Lab, azienda di cyber-security con 400 milioni di utenti o ancora Tinkoff Bank, una delle più grandi banche online al mondo con 8 milioni di clienti senza nessuna filiale.

Davvero il settore digitale e delle nuove tecnologie dell'informazione, divenuto una delle priorità strategiche del governo russo, è come l'ha definito il primo ministro Dmitry Medvedev "il nuovo petrolio"?

L'economia dell'innovazione potrebbe rappresentare un'opportunità per modernizzare il paese e diversificare un modello economico troppo dipendente dalle risorse naturali. Parlare di innovazione in Russia però necessita di un'analisi che non si accontenti dei semplici dati ma che comprenda la complessità di un paese con forti ambiguità e notevoli paradossi. Nonostante il potenziale straordinario di un mercato da 144 milioni di abitanti e gli obiettivi dello Stato di aumentare il numero di società innovative dal 9% del 2016 al 25% nel 2020, l'economia digitale della Federazione russa rappresentava solo il 2,1% del Pil nel 2016, contro il 6-7% in Scandinavia e l'8-9% negli Stati Uniti (BCG).

Come spiegare questo divario? Tre sono i fattori che ostacolano la "rivoluzione digitale" che il Cremlino vuole attuare. Prima di tutto la Russia non investe in maniera adeguata in ricerca e sviluppo come dimostra una ricerca della Banca Mondiale: nel 2016 gli investimenti rappresentavano solo l'1,1% del Pil, contro il 2,1% in Cina, 2,7% negli Stati Uniti e il 4,3% in Israele. Inoltre il passaggio dal momento dell'invenzione, legato alla produzione di qualcosa di nuovo, a quello dell'innovazione, volto a commercializzare il prodotto inventato, richiede un ecosistema integrato fra mondo della ricerca scientifica e mondo del business, due poli ancora troppo distanti fra loro.

Infine, nonostante il forte miglioramento del clima di investimenti (da 112° nel 2013 a 35° nel 2018 nella classifica Doing Business della Banca mondiale), l'incertezza giuridica e le tensioni geopolitiche possono porre un freno all'innovazione. Il blocco di LinkedIn perché viola la legge che obbliga a conservare i dati dei cittadini russi all'interno del territorio russo, i tentativi spesso falliti di bandire l'applicazione di messagistica Telegram e la recente proposta di legge che permetterebbe di isolare temporaneamente l'internet russo dal resto del mondo (la cosiddetta "sovranità del Runet") in previsione di un'eventuale cyber guerra non inviano segnali positivi alla comunità digitale. Ad esempio nel 2014 l'imprenditore Pavel Durov, fondatore di Vkontakte (il Facebook russo) e Telegram, ha lasciato la Russia. L'arresto recente per presunta frode del fondatore e dei dirigenti del fondo private equity Baring Vostok ha sconcertato gli investitori. Baring Vostok è infatti uno dei più importanti fondi di investimento in Russia, uno dei primi investitori di Yandex e Tinkoff Bank.

Al di là delle problematiche strutturali, le nuove misure statali potrebbero migliorare significativamente la situazione e sfruttare il forte potenziale del paese, portando l'economia digitale al 5,6% nel 2021 secondo le stime del Boston Consulting Group.

Nel 2010 è stato fondato Skolkovo, la "Silicon valley russa", un centro per l'innovazione a pochi chilometri da Mosca con un technopark, un'università, diversi centri di ricerca, laboratori, incubatori, residenze e sgravi fiscali per più di 1.900 start up russe e straniere. Fra le aziende italiane partner ci sono realtà diverse come Enel che ha aperto un innovation hub nel 2017 e l’azienda tecnologica piemontese Tau Industrial Robotics, che svolge le attività di ricerca e sviluppo a Skolkovo.

Il fondo statale Russian Venture Company (RVC) ha già investito in 25 fondi di venture capital, approvando 215 progetti per un totale di 18,3 miliardi di rubli (250 milioni di euro). Nel 2014 per volere del Presidente Vladimir Putin è stata istituita l’Iniziativa Tecnologica Nazionale (ITN), un partenariato pubblico-privato volto a sviluppare le tecnologie emergenti e a supportare le aziende russe nei settori strategici e tecnologici come la robotica, l'intelligenza artificiale, la biomedicina o le nanotecnologie. In totale, fra il 2019 e il 2024 sono previsti 32 miliardi di dollari di investimenti nell'innovazione, di cui 16 miliardi direttamente dallo Stato. Per esempio il programma statale di Economia Digitale lanciato nel 2017 ha ricevuto un budget annuale di 1,8 miliardi di dollari fino al 2025 per investire nella ricerca, l'educazione e le infrastrutture digitali (Banca Mondiale).

Gli effetti di queste misure cominciano a dare i loro frutti: nel 2017 la Russia occupava la 45° posizione del Global Innovation Index del World Economic Forum (l’Italia è 34°), con una progressione di ben 29 posizioni in soli 4 anni. Il numero di fondi di venture capital è cresciuto del 15% negli ultimi tre anni: oggi ci sono 205 fondi che gestiscono 4,7 miliardi di dollari.

Quali potrebbero essere le opportunità per le aziende italiane? Conquistare quote di un mercato molto grande dove l'e-commerce cresce a doppia cifra, portare soluzioni innovative in settori con grande potenzialità e debole produttività (agricoltura, salute, industria, trasporti ecc.) come ha saputo fare la piattaforma francese di car-sharing BlaBlaCar con più di 15 milioni di utenti in Russia, o ancora attuare programmi di ricerca e sviluppo grazie agli incentivi e facilitazioni fiscali per le start up e le nuove tecnologie.

L'innovazione sarà il nuovo petrolio russo? È sicuramente ancora troppo presto per affermarlo, ma c'è chi sta già investendo molto. In un clima di reciproche diffidenze, dovuto alla situazione geopolitica e alle sanzioni occidentali, la Cina ne sta approfittando anche in questo settore. Non è da sottovalutare la recente operazione fatta dal gigante cinese dell'e-commerce Alibaba, che ha realizzato una joint venture con Mail.ru per un valore stimato a 2 miliardi di dollari.

 

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Russia Geoeconomia Innovazione
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AUTORI

Camilla Pagani
MGIMO University in Moscow
Alexandre Kaufmann
Independent consultant in finance

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