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Commentary

America Latina: nuovo campo di scontro tra USA e Cina

Antonella Mori
17 giugno 2021

L’America Latina e i Caraibi (ALC) continueranno a essere una regione di crescente competizione economica tra gli Stati Uniti d’America e la Cina. Ma questa competizione potrebbe avere degli effetti positivi per il futuro dell’America Latina. Il presidente Biden non ha ancora definito la politica verso l’ALC della sua amministrazione, ma è molto probabile che includerà l’obiettivo di contenere l’espansione cinese nella regione. La pandemia di Covid-19 ha accelerato il processo di rafforzamento dei legami economici tra la Cina e l’ALC. Oltre alla diplomazia dei vaccini, la Cina ha continuato a investire non solo nei settori di suo interesse tradizionale - infrastrutture, minerario, energetico - ma anche in settori tecnologici innovativi.

L’ALC è importante per la Cina, ma anche la Cina è diventata un partner economico imprescindibile per molti Paesi latinoamericani, soprattutto del Cono Sud. Al posto delle minacce e ritorsioni utilizzate durante l’amministrazione Trump, la nuova strategia statunitense potrebbe essere basata sulla costruzione di rapporti economici di qualità, con una maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale, e con il coinvolgimento anche di altre democrazie avanzate, a partire dai Paesi UE. L’evoluzione auspicabile, ma purtroppo non scontata, è che questa strategia incentivi i governi dell’ALC a chiedere una maggiore qualità negli investimenti e nei progetti da parte di tutti i partner economici, inclusa la Cina.

 

USA: il ritorno nel “cortile di casa”?

Gli interessi degli USA nella regione sono di più lunga data e molto più diversificati rispetto a quelli della Cina. La prossimità geografica ha assicurato solide relazioni economiche, ma anche ha portato gli USA a occuparsi di questioni politiche e di sicurezza, che hanno delle conseguenze dirette per gli stessi Stati Uniti.  Ai temi prioritari tradizionali della politica statunitense nei confronti della regione - la gestione dell’immigrazione illegale, la lotta alle droghe illecite, il sostegno alla democrazia e la difesa dei diritti umani – si è aggiunta più recentemente la preoccupazione per la forte crescita della presenza cinese nella regione, sia nell’economia che in alcuni settori strategici. Gli USA, che hanno accordi di libero scambio con undici Paesi della regione, sono il partner commerciale più importante dell’ALC (37% del commercio totale, 2019).  Ma se escludiamo il Messico, l’importanza degli USA è simile a quella della Cina (20% del commercio totale, 2019). Mentre gli USA sono da tempo il partner commerciale più importante, l’ascesa cinese è recente, negli ultimi quindici anni.

Sotto l’amministrazione Trump, i rapporti statunitensi con l’ALC sono diventati molto conflittuali, in particolare per quanto riguarda gli sforzi per frenare l’immigrazione irregolare dalla regione. L’amministrazione Trump ha anche imposto e rafforzato le sanzioni economiche al Venezuela e a Cuba. In questi primi mesi della presidenza Biden l’attenzione principale si è centrata sull’immigrazione e sull’America centrale. L’attuale amministrazione ha dichiarato che continuerà a bloccare l’immigrazione irregolare, ma contemporaneamente si è impegnata a promuovere un programma di assistenza per affrontare le cause della migrazione dal Centro America, che dovrebbe destinare 4 miliardi di dollari in quattro anni a El Salvador, Guatemala e Honduras.  La cooperazione sul cambiamento climatico diventerà sicuramente una priorità per la politica nei confronti della regione. Nel febbraio 2021 gli USA sono rientrati nell’Accordo di Parigi, invertendo il ritiro dall’Accordo voluto da Trump. Il prossimo Vertice delle Americhe – che si terrà a Washington entro la fine di quest’anno – sarà l’occasione per delineare la nuova politica statunitense verso l’ALC e per riavviare il dialogo con i leader regionali.

 

Il crescente “appetito” di Pechino

La vicinanza geografica spiega il coinvolgimento statunitense nella storia politica ed economica della regione latinoamericana, mentre l’interesse della Cina per l’America Latina è guidato in primo luogo dalla ricerca di materie prime industriali, energetiche e agricole: dal rame e minerale di ferro alla soia. La Cina è diventato il principale partner commerciale di Brasile, Cile, Peru e Uruguay ed è il secondo più importante per molti altri Paesi latinoamericani. Anche la maggior parte degli investimenti cinesi e prestiti nella regione sono funzionali alla produzione ed esportazione di materie prime verso il Paese asiatico. Gli investimenti della Cina in ALC dal 2005 al 2019 sono stati pari a 130 miliardi di dollari, di cui 60 in Brasile e quasi 27 in Peru. I progetti energetici hanno rappresentato il 56% di tutti gli investimenti e quelli nel settore minerario il 28%. Le banche cinesi  - CDB e China Ex-Im Bank - sono state i maggiori prestatori nella regione: dal 2005 al 2020 l’ammontare dei prestiti  è stato pari a 137 miliardi di dollari. Infine, diciannove Paesi ALC partecipano alla Belt and Road Initiative promossa dalla Cina in tutto il mondo.

In aggiunta agli interessi economici, la Cina ha anche l’obiettivo di isolare Taiwan. Nel mondo rimangono ancora solo quindici Paesi che hanno relazioni diplomatiche con Taiwan e nove di questi sono paesi dell’ALC. Dal 2017, la Cina è riuscita a convincere tre Stati - Panama (giugno 2017), Repubblica Dominicana (maggio 2018) ed El Salvador (agosto 2018) – a interrompere le relazioni diplomatiche con Taiwan per stabilirle con la Cina. In questi tre Paesi la presenza cinese è aumentata in modo considerevole soprattutto nei settori costruzioni, telecomunicazioni, elettrico e bancario. Gli USA hanno iniziato a contrastare questi sforzi per isolare Taiwan, nel quadro della più generale preoccupazione per le sorti della nazione asiatica.

 

Se Brasilia guarda sempre più verso Pechino

Il caso del Brasile è emblematico di come l’importanza economica della Cina prevalga  su considerazioni geopolitiche o ideologiche. Nonostante la retorica anti-Cina del presidente Bolsonaro e i suoi sforzi per rafforzare i legami con Trump, il commercio tra Stati Uniti e Brasile è sceso al livello più basso degli ultimi anni, mentre il commercio con la Cina è in piena espansione. All’inizio degli anni 2000 il commercio del Brasile con la Cina era modesto, ma dal 2009 il Paese asiatico è diventato il principale partner commerciale del Brasile. Il commercio bilaterale totale è passato da circa 3 miliardi di dollari nel 2001 a 44 miliardi nel 2010 e a circa 100 miliardi in 2019. Pechino è la destinazione di un terzo delle esportazioni brasiliane, quota destinata a crescere vista la ripresa economica relativamente rapida della Cina dalla pandemia. La Cina, per esempio, è il maggior consumatore mondiale di minerale di ferro e niobio, entrambi di vitale importanza per lo sviluppo urbano del Paese, e il Brasile è il primo produttore di niobio e la terza fonte di minerale di ferro. Allo stesso modo, la Cina ha bisogno della soia brasiliana per nutrire la sua popolazione.

Quando le tensioni tra Washington e Pechino si erano intensificate, il vicepresidente Hamilton Mourão era riuscito a mantenere una posizione di neutralità. Nonostante la retorica anti-cinese e una politica estera poco interessata ai legami con i Paesi in via di sviluppo, il Brasile di Bolsonaro ha continuato a far parte dei BRICS, ospitandone l’11° vertice nel 2019. Ultimo esempio di come sia complicata la geopolitica nella regione: l’amministrazione Trump aveva convinto Bolsonaro ad aderire al Clean Network, l’iniziativa guidata dagli Stati Uniti per escludere Huawei, ma poi Bolsonaro ha cambiato idea, probabilmente per ricevere i vaccini anti COVID-19 cinesi.

 

La sfida di Biden alla Cina per una “race to the top”

In questo momento i Paesi dell’ALC hanno più che mai bisogno di assistenza e nuove risorse per la ripresa economica e difficilmente decideranno di ostacolare la presenza cinese. Data la loro complementarietà economica, il commercio tra la Cina e l’America Latina continuerà a crescere nei prossimi anni. Gli USA non sarebbero efficaci se si limitassero a cercare di convincere i governi latinoamericani a ridurre i rapporti economici con la Cina, sulla base della mancanza del rispetto di valori, quali la democrazia e i diritti umani, o avvertendo che sono investimenti di cattiva qualità o pericolosi per la sicurezza. L’attuale amministrazione sembra, infatti, intenzionata a percorrere anche una strada diversa.

In un recente articolo pubblicato sul Washington Post, il presidente Biden ha dichiarato: “The world’s major democracies will be offering a high-standard alternative to China for upgrading physical, digital and health infrastructure that is more resilient and supports global development”.Se gli USA, insieme alle democrazie avanzate, decidono di proporre investimenti di qualità elevata, per esempio che promuovano la sostenibilità ambientale e sociale e il coinvolgimento delle comunità locali, allora anche gli altri investitori, incluso la Cina, dovranno presentare progetti che rispettino alti standard di qualità e sostenibilità per rimanere competitivi.  Questa strategia non spingerà la Cina a ritirarsi dalla regione, evoluzione che non sarebbe neppure auspicabile, ma a migliorare la qualità della sua presenza.  In questo scenario ottimista, ma non irrealistico, la competizione tra USA e Cina in ALC diventerebbe una “race to the top” con effetti positivi per lo sviluppo della regione.

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AUTORI

Antonella Mori
Università Bocconi e ISPI

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