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Una nomina che divide

Amy Coney Barrett, una reazionaria alla Corte Suprema?

30 settembre 2020

A un mese e mezzo dalle elezioni presidenziali americane, la morte della giudice e icona progressista Ruth Bader Ginsburg apre un durissimo scontro tra democratici e repubblicani per decidere chi ne occuperà il posto vacante alla Corte Suprema. La scelta del presidente Donald Trump è caduta su Amy Coney Barrett, accademica e giudice federale 48enne, madre di sette figli, allieva di Antonin Scalia e docente in prestigiose università del paese. Per i progressisti la sua nomina – approvata dal Senato il 27 ottobre - darebbe una forte spinta a destra nell’orientamento della Corte Suprema e potrebbe mettere a repentaglio importanti traguardi raggiunti in decenni di battaglie liberal. Per i conservatori, Coney Barrett è una giurista competente e acuta pronta a difendere la Costituzione.

Nata a New Orleans, Louisiana, nel 1972, Amy Coney Barrett è la più grande di sei sorelle e un fratello, figlia di un avvocato della compagnia petrolifera Shell e un’insegnante di francese. Fin da giovane si dimostra una studentessa brillante, ed entra con una borsa di studio al Rhodes College, e poi alla Notre Dame Law School, dove è premiata come migliore allieva in dieci corsi e da cui si laurea summa cum laude nel 1997. L’eccellenza accademica vale a Coney Barrett la selezione in un ristrettissimo gruppo di neolaureati a cui viene offerta la possibilità di lavorare come assistenti per i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti.

È proprio alla Corte Suprema che avviene l’incontro determinante della sua vita: tra il 1998 e il 1999, è infatti assistente nell’ufficio di Antonin Scalia, uno dei più famosi giudici conservatori della storia americana recente. Lavorando per Scalia, Coney Barrett consolida la propria visione della giurisprudenza, come quella del giudice italo-americano radicata in un approccio “testualista” e “originalista”: basato cioè sull’idea che la Costituzione vada interpretata soltanto sulla base del testo e del significato che le sue parole avevano per gli autori. L’influenza di Scalia risuonerà chiaramente lungo tutta la sua carriera tanto che, accettando la nomina di Trump alla Corte suprema, Coney Barrett spiegherà che la filosofia giuridica di Scalia “è anche la mia filosofia. Un giudice deve applicare la legge così come è scritta. I giudici non sono politici e devono essere determinati nel mettere da parte qualsiasi opinione politica possano avere”.

Dopo l’esperienza con Scalia, Coney Barrett inizia una carriera da docente accademica che la riporta alla Notre Dame Law School, dove insegna per 15 anni diventando una professoressa molto apprezzata dai suoi studenti, che la descrivono come acuta, gentile e alla ricerca del dibattito tra posizioni diverse. Intanto, Coney Barrett cresce una grande famiglia: sposa un altro laureato alla Notre Dame Law School, l’avvocato Jesse Barrett, con cui condivide la crescita di sette figli, di cui due adottati da Haiti. Da accademica, scrive ampiamente sul rapporto tra la coscienza individuale e il dovere professionale di un giudice e sul principio dello stare decisis, la norma che nei sistemi di common law (come quelli di USA e Regno Unito) prescrive che i giudici sentenzino rispettando l’interpretazione della legge data in simili casi precedenti. Sono proprio queste pubblicazioni che, quando Coney Barrett verrà nominata giudice federale e poi alla Corte Suprema, faranno nascere tra i progressisti la preoccupazione che possa esprimersi contro Obamacare e diritto all’aborto.

Nel 2017, il presidente Donald Trump nomina Coney Barrett alla Corte d’appello di Chicago. Nell’audizione di conferma davanti alla commissione giustizia del Senato, le sue pubblicazioni sul rapporto tra opinioni individuali, fede religiosa e dovere di giudice le vengono contestate dai senatori democratici. Le viene chiesto se la sua appartenenza a una comunità cristiana particolarmente conservatrice (i “People of Praise”) avrebbe influito sul suo lavoro in un tribunale federale. Coney Barrett garantisce che questo non è il caso e a sostegno della sua nomina arrivano le firme di tutti i 49 colleghi di facoltà e tutti gli assistenti che hanno lavorato con lei, nonché di 450 tra i suoi ex studenti. Alla fine, la sua nomina viene approvata dal Senato a maggioranza repubblicana e Coney Barrett diventa così giudice federale nel novembre 2017.

Già prima della nomina a giudice d’appello, molti si aspettavano che Coney Barrett potesse essere proposta dal presidente per la Corte Suprema. Trump, però, voleva tenerla “in riserva” per poter sostituire un eventuale giudice donna che avesse lasciato la corte. L’occasione è arrivata a settembre 2020, con la morte dell’87enne Bader Ginsburg.

A sostituire il volto dell’ala liberal della Corte Suprema, arriva così una giudice cattolica e conservatrice. Coney Barrett, però, si definisce erede di Scalia non solo in giurisprudenza: come Scalia e Bader Ginsburg, rivali sul lavoro ma uniti da una profonda amicizia, è convinta che visioni diverse possano dare il proprio contributo nel servire la Costituzione, senza che rispetto e affetto reciproco vengano meno. In un’America più divisa che mai, una speranza tutt’altro che scontata.

 

***

Profilo a cura di Fabio Parola

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