Il Medio Oriente e il Nord Africa (MENA) hanno una posizione strategica fra tre mari importanti – il Mediterraneo, il Mar Rosso e il Golfo Persico – che sono di vitale importanza per le rotte commerciali e petrolifere cinesi. La tradizionale cooperazione cinese con i paesi MENA si concentra sull’energia ma da un punto di vista politico è basata su principi identitari e di politica estera molto simili.
La Belt and Road Initiative (BRI), lanciata nel 2013, fornisce nuove dinamiche per approfondire la cooperazione con i paesi MENA che possa andare oltre le tradizionali relazioni economiche incentrate sul settore energetico e sui beni di prima necessità. È stato impostato un nuovo modello di cooperazione costituito da 1+2+3 elementi: cooperazione energetica; costruzione di infrastrutture e investimento sul commercio; e industria del nucleare, satelliti spaziali e nuove fonti di energia.
La cooperazione energetica rimarrà un punto chiave poiché la rapida crescita economica cinese dipende in gran parte dall’importazione di petrolio e gas. La Cina, infatti, è diventata il maggior importatore di petrolio nel 2017 e di gas nel 2018: il suo grado di dipendenza dall’import di petrolio e gas è rispettivamente stimato al 69,8% e al 45,3%. In ogni caso, la collaborazione si allargherà e passerà dal commercio della semplice energia alla cooperazione sull’intera filiera industriale dei settori di gas e petrolio, con un’attenzione particolare alla salvaguardia della sicurezza dei corridoi di trasporto energetico.
Per quanto riguarda i due aspetti della costruzione di infrastrutture e l’investimento nel commercio, la Cina si è concentrata e si concentrerà su grossi progetti di costruzione, importanti progetti di sostentamento e istituzionalizzazione del commercio e delle strutture di investimento. I grossi progetti di costruzione hanno finora un valore economico complessivo di 3,5 trilioni di dollari e comprendono, tra gli altri, il Saudi Arabia Neom City, il Cairo Metro Network National Authority for Tunnels, il King Abdulaziz International Airport, la seconda fase del Dubai Al-Maktoum Airport, il Qatar Integrated Rail Project.
Per quanto riguarda invece la terza parte, essa è costituita da nuove aree di cooperazione e la prima di queste è l’industria del nucleare. L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, la Giordania, la Turchia e altri paesi MENA hanno intenzione di sviluppare l’industria dell’energia nucleare e pertanto diversi paesi esperti nel settore hanno fatto offerte di investimenti. Finora la Cina non è riuscita ad accaparrarsi la propria fetta di mercato perché la Russia ha preso il sopravvento in questa competizione, ma sicuramente Pechino non smetterà di cercare spazi per accrescere il proprio ruolo anche in questo settore. Vengono poi i satelliti aerospaziali. È obiettivo della Cina posizionare il sistema di navigazione satellitare BeiDou in più paesi arabi, interessati al progetto cinese. Come accettato da entrambe le parti, la Cina posizionerà nel cielo dei paesi arabi otto satelliti per la comunicazione, la navigazione e il servizio di monitoraggio meteorologico remoto.
L’ultima area di potenziale cooperazione è invece quella delle nuove fonti di energia poiché Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Marocco e diversi altri paesi MENA hanno adottato misure significative per trasformare la loro struttura di consumo energetico sviluppando nuove fonti di energia. Un esempio ne è l’Arabia Saudita che, insieme al gruppo giapponese SoftBank, pianifica di costruire la centrale ad energia solare più grande del mondo, con una capacità di 200 gigawatts, grazie a un investimento di 200 miliardi di dollari. Prevede inoltre di costruire un parco solare da 600 MW a La Mecca, parte, a sua volta, di un complesso più grande che raggiunge circa 2600 MW. Un altro esempio sono gli Emirati Arabi Uniti e Dubai, dove sarà costruito il Mohammed bin Rashid Al Maktoum Solar Park. Un’azienda energetica cinese ha firmato un accordo di cooperazione con Ajlan & Bros per lanciare una struttura industriale da 1 miliardo di dollari per lo sviluppo del fotovoltaico a film sottile in Arabia Saudita, la prima nella regione mediorientale. Oggi, la Cina è forte nel settore delle tecnologie per il fotovoltaico e nella generazione di energia eolica, cosa che potrebbe andare incontro ai crescenti bisogni dei paesi MENA in questo mercato emergente.
Tra i fattori fondamentali per lo sviluppo di questo modello di cooperazione “1+2+3” vi è sicuramente la parte collegata al supporto finanziario. La Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) è attualmente la maggiore banca intergovernativa dell’Asia e i suoi membri superano ampiamente la Asia Development Bank (ADB) nella quale i paesi MENA sono sette: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Oman, Giordania, Iran e Kuwait. Poiché molti paesi MENA sono meno sviluppati, la AIIB ha un ruolo chiave per far ottenere loro il denaro necessario per portare a termine i progetti di sviluppo. Sia l’Oman che l’Egitto hanno sovvenzioni per la costruzione di infrastrutture: 301 e 265 miliardi di dollari per il primo e 1 miliardi per il secondo. Inoltre la Cina ha predisposto due fondi di investimento comuni con gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar, di 10 miliardi di dollari ciascuno.
La suddetta cooperazione è promossa sotto l’insegna della BRI ma, di fatto, è una normale collaborazione economica. In assenza della BRI questo tipo di cooperazione verrebbe comunque portata avanti con un nome diverso e in un contesto diverso, probabilmente più bilaterale con diversi paesi. La BRI sembra essere un grandioso schema con ampi obiettivi geo-economici e politici nel continente Euroasiatico e nell’Oceano Indiano, ma nel concreto è un piano non ben integrato e coordinato poiché la distribuzione della maggior parte delle risorse, e gli investimenti sui progetti vengono effettuati basandosi su un bilancio costi-benefici, in accordo con la logica con cui le imprese appartenenti a mercati indipendenti prendono le proprie decisioni. Inoltre, il governo cinese supporta politicamente tutte le forme di investimento e commercio, ed è ben disposto a raggiungere accordi ufficiali con i paesi che ospitano i progetti per ottenere la garanzia legale per gli investimenti. Ovviamente il governo si impegna direttamente in alcune grandi infrastrutture, ma i punti cruciali sono i sei corridoi che si collegano alla Cina sulla via terrestre che però, ad eccezione del China-Pakistan Economic Corridor (CPEC), non hanno visto progressi sostanziali o non hanno addirittura il supporto politico dei paesi ospitanti.
Con la BRI già all’attivo in più di cento paesi, si presenteranno sempre più problemi e rischi poiché molti investimenti non sono ben chiari e calcolati preventivamente. In particolare, alcuni dei paesi di destinazione non hanno il senso delle prospettive positive dei progetti e, in alcuni, sono in atto complicati conflitti religiosi ed etnici. Perciò nei prossimi anni il governo cinese e molte imprese dovranno imparare dalle criticità, e migliorare il processo decisionale, rinforzando gli studi di valutazione dei rischi prima di fare un’offerta di investimento. In particolare, in futuro per gli investimenti infrastrutturali dovrebbero essere presi in considerazione le norme internazionali e gli standard qualitativi.