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La proposta di legge
Australia vs Big Tech: non solo una questione di giornalismo
Samuele Dominioni
02 marzo 2021

La settimana scorsa la Camera australiana ha discusso e approvato una nuova proposta di legge finalizzata a regolare il rapporto tra piattaforme digitali, come Google e Facebook, e il mondo dell’editoria giornalistica. Il provvedimento legislativo, che sarà discusso questa settimana dal Senato australiano, suggella la fine di un lungo braccio di ferro tra i big tech e il governo di Canberra. Alle spalle di questo esito vi sono stati sviluppi particolarmente accesi che hanno scatenato reazioni contrastanti che hanno avuto eco ben oltre le coste del più grande paese del Pacifico e hanno alimentato una bufera di polemiche, diatribe e accuse nei quattro angoli del globo.

Con la nuova proposta di legge viene imposto alle piattaforme digitali di sviluppare accordi commerciali con i gruppi editoriali di informazione australiani al fine di assicurare un pagamento all’editore per la possibilità di pubblicare le notizie sulle pagine delle piattaforme digitali. Nel caso un accordo non sia raggiunto, la questione sarà trattata da un arbitro indipendente che determinerà il prezzo che la piattaforma dovrà pagare all’editore australiano. Questa eventualità è particolarmente delicata in quanto fino ad ora gli editori australiani non disponevano di un “leverage” sufficiente per negoziare a pari livello con i colossi digitali. In molti, inclusa la Commissione Australiana per i Consumatori e la Competizione, sostengono che con la nuova legge gli editori nazionali avranno un potere negoziale più equilibrato.

La proposta di legge australiana affronta, a suo modo, uno dei nodi che coinvolgono il mondo del giornalismo, dei nuovi social media e di internet. La questione centrale è che il settore dell’editoria giornalistica è in crisi cronica da anni mentre quello delle piattaforme big-tech è in continua ascesa. Tra i pomi della discordia vi sono i ricavi pubblicitari digitali sui quali puntano sia i media tradizionali che i social media. Questi ultimi dominano il mercato della pubblicità online, e le testate giornalistiche fanno più fatica da questo punto di vista. Pertanto, la legge australiana dovrebbe essere una pezza per garantire un ritorno economico alle testate giornalistiche. Coloro che hanno voluto e sostengono la legge ritengono che i social media sfruttino la possibilità di veicolare news e informazioni senza però riconoscere alcun contributo al mondo del giornalismo. Coloro che si oppongono alla legge, incluse le piattaforme, sostengono invece che Google e Facebook non rubano nessun contenuto ma che al contrario diano maggior visibilità alle notizie. Come ben argomentato da Fabio Chiusi per Valigia Blu, la proposta di legge australiana si paleserebbe “come un vero e proprio ricatto degli editori nei confronti delle piattaforme”. E sostiene che “le cause del declino e della crisi del giornalismo tradizionale sono molto più profonde, e non possono essere ridotte […] a un problema tecnologico.”

Tuttavia, al di là delle normative previste dalla legge australiana, da un punto di vista più ampio e politico è necessario soffermarsi sulle dinamiche in gioco e sugli equilibri di potere nel mondo digitale. Il caso australiano è emblematico nel senso che i big tech americani e un governo di uno stato terzo si sono affrontati senza esclusione di colpi. Infatti, prima che la Camera approvasse la legge i big tech avevano provato ad evitare che questa proposta di legge si concretizzasse e Facebook era arrivata perfino a bandire la possibilità di condividere news: una mossa che ha avuto spiacevoli conseguenze per molti utenti, inclusi gli account di alcune autorità sanitarie pubbliche australiane, proprio nel mezzo della pandemia e della campagna vaccinale. Alcuni osservatori, tra cui l’ex Presidente esecutivo di Facebook Australia e Nuova Zelanda Stephen Scheeler, hanno ipotizzato che la scelta di Facebook di bloccare le news sugli account australiani avesse l’intento di lanciare un messaggio di sfida rivolto a molte altre realtà dove sono in corso procedure per la regolamentazione delle piattaforme (incluso in Unione Europea). Tuttavia, la mossa ha sollevato moltissime critiche da parte della società civile e delle autorità pubbliche (nazionali ed internazionali) e di fatto ha orientato l’opinione pubblica a favore della legge. La crisi sembra essere rientrata quando Simon Milner, Vice-presidente delle Politiche Pubbliche per Facebook Asia/Pacifico, è stato costretto a chiedere “scusa” per aver di fatto bloccato l’accesso a siti di informazioni governativi. Ma ormai il dado è stato tratto e la questione si è spostata dall’essere una querelle tra gruppi editoriali e piattaforme digitali a un piano più ampio che include il ruolo delle piattaforme nel dibattito pubblico, la questione della censura e della democrazia.

Considerando che l’oggetto della disputa è per il momento una proposta di legge in discussione in un paese democratico, sulla quale si può essere o meno d’accordo, ci troviamo davvero di fronte ad un caso di butterfly effect le cui conseguenze sono ben lontane dal concludersi. La reazione dei big tech americani non fa altro che sottolineare come delle aziende private possano fare il bello e il cattivo tempo grazie a lacune legislative che hanno permesso ai big tech di decidere arbitrariamente “vita e morte” di molti utenti (inclusi personalità politiche di primo piano, come nel caso dell’ex presidente statunitense Donald Trump) con conseguenze che si ripercuotono ben oltre il recinto delle piattaforme ma direttamente nella vita di tutti i cittadini che ormai vivono costantemente in una condizione di onlife (neologismo creato dal filosofo Luciano Floridi per definire l’impossibilità di scindere nelle nostre società tra vita online e off-line). Si può essere d’accordo o meno con la proposta di legge australiana, ma urge che l’arbitrarietà delle piattaforme in senso più ampio venga regolamentata e responsabilizzata rispetto ai principi delle società democratiche.

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Australia
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AUTORI

Samuele Dominioni
ISPI Associate Research Fellow

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