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Allargamento UE
Balcani: il Consiglio UE rimanda (ancora) Albania e Macedonia
Giorgio Fruscione
26 giugno 2019

Il Consiglio dell’Unione Europea lo scorso 18 giugno ha rimandato l’apertura dei negoziati di accesso all’UE per Albania e Macedonia del Nord al prossimo ottobre. Non è la prima volta che Skopje e Tirana – candidate all’ingresso in UE rispettivamente dal 2005 e dal 2014 – vengono rimandate. Era successo anche nel giugno 2018.

Sembra che gli stati membri non abbiano alcun interesse all’allargamento ai Balcani occidentali, esprimendo de facto una bocciatura – l’ennesima – che avrà inevitabili conseguenze politiche per Albania e Macedonia del Nord, nonché per l’intera regione.

“Ribadendo le proprie conclusioni del 26 giugno 2018, il Consiglio prende debitamente atto della raccomandazione della Commissione di avviare i negoziati di adesione […] sulla base della sua valutazione positiva in merito ai progressi compiuti e al soddisfacimento delle condizioni stabilite dal Consiglio. Alla luce del tempo limitato a disposizione e dell'importanza della questione, il Consiglio tornerà su quest'ultima per prendere una decisione chiara e sostanziale il prima possibile e non oltre l'ottobre 2019”, si legge nella nota del Consiglio, scritta in modo quasi identico sia per Albania che Macedonia del Nord, non distinguendo quindi le differenze nei progressi dei due paesi.

Il rinvio a ottobre sarà accolto come una penalizzazione soprattutto in Macedonia del Nord. Forte della promessa di Bruxelles di una più celere integrazione, il governo di Skopje, guidato dal premier socialdemocratico Zoran Zaev, nell’ultimo anno aveva posto fine alla pluridecennale questione del nome grazie a un accordo con la Grecia, che ha sempre rivendicato l’uso del termine “Macedonia” per indicare la sua regione settentrionale, e che poneva il veto sull’accesso a UE e NATO. L’Accordo di Prespa, firmato a giugno 2018 da Zaev e dal premier greco Alexis Tsipras, rappresenta un successo storico per la regione. Dopo anni di muro contro muro tra opposti nazionalismi, il dialogo è prevalso, infondendo una notevole dose di speranza anche per gli altri problematici rapporti bilaterali nei Balcani, in primis quello tra Kosovo e Serbia. L’Accordo sembrava poter spalancare le porte dell’UE, ma questo è avvenuto solo per la NATO, con la quale Skopje ha siglato il protocollo d’adesione lo scorso 6 febbraio, pochi giorni dopo l’approvazione dello stesso Accordo da parte dei parlamenti greco e macedone.

Skopje si aspettava quindi che il Consiglio rispettasse le promesse della Commissione, non solo a mo’ di ricompensa per i progressi fatti, ma anche per porsi a modello in tutta la regione.

La decisione nasce dalla posizione intransigente di Francia e Olanda. Il presidente francese Emmanuel Macron si è più volte detto contrario all’allargamento dichiarando che l’UE dovrebbe concentrarsi su una maggiore integrazione piuttosto che allargarsi a nuovi paesi. Similmente, i deputati olandesi, lo scorso 12 giugno, avevano votato contro l’apertura dei negoziati con l’Albania per via degli insufficienti progressi di Tirana nella lotta alla corruzione ed al crimine organizzato. Una decisione che probabilmente si basa anche sull’attuale crisi albanese, in cui da mesi l’opposizione boicotta il parlamento, tiene manifestazioni – anche violente – per le strade e accusa il governo socialista di Edi Rama di corruzione.

Tuttavia, se questa interpretazione sembra in parte legittima, non è chiaro perché il Consiglio dell’UE non si esprima sui singoli paesi candidati, preferendo accorparli e non riconoscendo quindi a Skopje gli innegabili passi in avanti fatti dall’esecutivo socialdemocratico, tra cui rientra anche la firma del trattato sulle relazioni di buon vicinato con la Bulgaria, nonché il riconoscimento della lingua albanese quale lingua ufficiale insieme al macedone.

Le conseguenze di questo ulteriore rinvio saranno molteplici. Come dichiarato al portale European Western Balkans da Srdjan Majstorovic, membro del Balkan in Europe Political Advisory Group, “la decisione del Consiglio di posporre i negoziati di accesso con Macedonia del Nord e Albania ha mostrato la mancanza di una visione strategica in seno all’UE”. Inoltre, “questa decisione ha minato la credibilità dell’UE, e, cosa ancor più grave, quella dei due governi che più hanno soddisfatto le condizioni richieste”, continua Majstorovic.

Una delle conseguenze, infatti, è che il rinvio possa dare nuovi motivi di protesta alle opposizioni dei due governi. A Tirana l’opposizione del Partito Democratico potrebbe sfruttare anche questa bocciatura per alimentare le già consistenti accuse di corruzione verso il governo socialista, e criticarlo quindi per lo stallo nel processo euro-atlantico. A Skopje, invece, il rischio è che il rinvio del Consiglio possa riportare in auge l’opposizione nazionalista del VMRO-DPMNE – che governò con l’ex premier Nikola Gruevski fino al 2015 e che ad oggi è latitante in Ungheria – che si è sempre opposto all’Accordo di Prespa, propedeutico proprio all’integrazione.

A livello regionale, invece, il timore è che il rinvio disincentivi il già debole dialogo a guida UE tra Belgrado e Pristina, che potrebbero perdere fiducia e interesse non vedendo riconosciuti gli sforzi di chi, a differenza di loro, ha già fatto molto nel percorso euro-atlantico.
Infine, dopo il voto del prossimo 7 luglio e qualora venissero confermate le preferenze espresse alle elezioni europee, a ottobre ad Atene potrebbe esserci un nuovo esecutivo, guidato dai conservatori di Nea Demokratia.

Come sottolineato in un editoriale del Financial Times, i leader europei “sbagliano nel trattare la regione o come un luogo isolato irrilevante per i propri interessi o come una palude contro la quale la ricca e stabile Europa deve porsi in quarantena. Per 200 anni gli eventi hanno dimostrato che entrambi gli approcci non funzionano”.
A ottobre la situazione politica in Albania e Macedonia del Nord potrebbe essere cambiata di nuovo. I due paesi attenderanno quella data nella paura che un’ulteriore destabilizzazione – cioè un nuovo rinvio – arrivi proprio da chi l’ha sempre voluta scongiurare.

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Balcani Albania Macedonia
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EUROPA 2019

AUTORI

Giorgio Fruscione
ISPI Associate Research Fellow

Nella foto: i primi ministri di Macedonia del Nord e Albania, Zoran Zaev e Edi Rama

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