Nuove valute digitali emesse dal settore privato e nuovi sistemi di pagamento si stanno rapidamente diffondendo in tutto il mondo sulla scorta del crescente grado di maturità tecnologica e d’innovazione finanziaria. La pandemia di Covid-19 ha messo in luce la loro praticità tra politiche di distanziamento sociale e l’impetuosa espansione del commercio elettronico. Il benevolo disinteresse delle banche centrali non è più un’opzione (ragionevolmente) percorribile. Un atteggiamento negazionista era, forse, giustificabile nel gennaio del 2009 quando è iniziata l’estrazione di bitcoin. In un secondo momento, la proposta del bitcoin come regime monetario superiore e alternativo alle valute fiat sovrane (non legate a prezzi delle materie prime) è stata oggetto di aspre critiche. Nel 2018, i funzionari del settore bancario facevano riferimento alle criptovalute come a crypto-asset per enfatizzare la debolezza della loro prima generazione come mezzo di scambio. L’avvento delle stablecoin in una seconda ondata ha permesso di sanare queste lacune. Il progetto Libra, a lungo ritardato (ora progetto Diem) e promosso da Facebook, ha rivelato nel giugno 2019 che le piattaforme digitali globali potrebbero sviluppare le proprie valute e i propri sistemi di pagamento integrati, come se fossero un naturale ampliamento delle loro attività e, poiché già dispongono di enormi bacini di utenti, potrebbero promuovere l’adozione massiva di questi strumenti. Non sorprende, dunque, che le banche centrali non riservino più un atteggiamento sprezzante nei confronti di queste soluzioni. Molti stanno valutando l’emissione di valute digitali (CBDC), anche coloro che erano riluttanti non molto tempo fa. Come ha affermato il membro del Comitato Esecutivo della BCE Fabio Panetta: “Occorre avere la certezza che la nostra valuta sia adatta allo scenario futuro”. Le banche centrali devono affrontare una sfida complessa che ha una natura sistemica e multidimensionale, ma anche un bersaglio mobile in virtù della frenesia che caratterizza il cambiamento digitale.
Le banche centrali del G7 stanno valutando le opportunità e i rischi insiti nelle monete digitali emesse dalle banche centrali (CBDC). L’anno scorso, la BRI e le banche centrali di Canada, Europa, Gran Bretagna, Giappone, Svezia, Svizzera e Stati Uniti hanno concordato tre principi fondamentali comuni per la loro disamina: a) non ledere il mandato della banca centrale a tutela della stabilità monetaria e finanziaria b) coesistenza con il contante convenzionale (a condizione che vi sia una domanda pubblica sufficiente) c) promozione dell’innovazione e dell’efficienza.
L’emissione di una moneta digitale di banca centrale implica l’accesso alle riserve della banca stessa. Ciò potrebbe attuarsi solo per il segmento wholesale (per intermediari non bancari o fornitori di servizi di pagamento) o retail (“riserve per tutti”). Inoltre, potrebbero emergere delle valute ibride che vedono la partecipazione delle banche centrali e del settore privato (queste monete non saranno considerate CBDC se non costituiranno una passività per la banca centrale).
Le valute digitali emesse da banche centrali potrebbero ridurre i costi delle transazioni, aumentare l’inclusione finanziaria, accelerare i pagamenti nazionali e transfrontalieri, influire sull’efficacia della politica monetaria, facilitare i trasferimenti fiscali diretti e promuovere l’innovazione attraverso nuovi servizi e funzionalità. Tuttavia, non esiste un unico modello capace di offrire tutti questi vantaggi in toto. Alcuni di questi benefici potrebbero anche essere erogati da mezzi di pagamento alternativi, come i sistemi di regolamento lordo in tempo reale (RGTS), soprattutto se potenziati da funzionalità API (Application Programming Interfaces) e soggetti a una regolamentazione più flessibile.
Per le banche centrali delle economie avanzate, la motivazione principale per l’emissione di una CBDC al dettaglio è il suo utilizzo come mezzo di pagamento. Il declino nell’uso del contante potrebbe essere gestito tramite una CBDC al fine di garantire l’accesso al denaro della banca centrale e tutelare il benessere dei consumatori. Paradossalmente, potenti effetti di rete e la concorrenza a livello di stanziamenti potrebbero eliminare delle opzioni alternative il cui utilizzo si attesterebbe sotto soglia riducendo, pertanto, la scelta dei consumatori. Seguendo la stessa logica, l’interoperabilità delle monete digitali emesse dalle banche centrali sarà essenziale per evitare la frammentazione digitale. Per i mercati emergenti, l’inclusione finanziaria sembra essere la massima priorità, in virtù della più elevata percentuale di soggetti non bancabili, anche tra coloro che dispongono di dispositivi mobili o di accesso a Internet. Nell’ottobre 2020, la banca centrale delle Bahamas ha lanciato la prima CBDC nazionale, il “Dollaro di Sabbia”, per beneficiare del minor costo della logistica digitale rispetto alla gestione del contante convenzionale in un arcipelago composto da una moltitudine di isole. I paesi fortemente esposti a catastrofi naturali potrebbero beneficiare di una maggiore resilienza finanziaria adottando una moneta digitale di banca centrale.
I provvedimenti di politica monetaria non convenzionali, come l’implementazione di tassi d’interesse nominali significativamente negativi o trasferimenti non ortodossi (“elicottero monetario”) di denaro al pubblico, potrebbero essere gestiti meglio se la CBDC appartenesse alla “cassetta degli attrezzi” di una banca centrale. Una politica monetaria “programmabile” potrebbe attuare dei trasferimenti di denaro con una data di scadenza (una versione digitale del “denaro bollato” di Gesell per scoraggiare l’accaparramento). Infine, una moneta digitale di una banca centrale potrebbe essere il perno di un sistema di pagamento capace di funzionare al di fuori delle banche e di arginare il principio del “troppo grande per fallire”. Eppure le CBDC non sono prive di pericoli poiché potrebbero innescare la disintermediazione bancaria e l’assalto agli sportelli se non adeguatamente configurate. La sostituzione della valuta (“dollarizzazione” digitale) e la perdita di controllo sulla politica monetaria potrebbero verificarsi come effetto transfrontaliero. Tuttavia, la politica monetaria non sarà la motivazione chiave per l’adozione di una CBDC.
I rischi digitali meritano attenzione. I vertici del G7 sostengono che nessun progetto globale di stablecoin dovrebbe essere avviato senza che prima abbia adeguatamente definito i requisiti legali, normativi e di controllo e la conformità agli standard vigenti. Si ricorda, inoltre, il supporto alle attività di FSB (Financial Stability Board), FATF (Financial Action Task Force), CPMI (Committee on Payments and Market Infrastructures) e degli altri organismi preposti alla definizione degli standard per analizzare i rischi associati e definire delle risposte politiche adeguate. I pericoli provengono da più fronti. Sicurezza informatica e resilienza operativa, legalità e governance, privacy e protezione dei dati, tutela di consumatori e investitori, integrità finanziaria e conformità fiscale sono questioni di scottante attualità. Molti di questi rischi non richiedono una CBDC come misura di contenimento, bensì un quadro normativo e di sorveglianza più ampio. Le grandi aziende tecnologiche che entrano in finanza sono entità notevolmente più grandi degli istituti finanziari d’importanza sistemica (SIFI) considerati “troppo grandi per fallire”, ma operano in assenza di (o scarsa) supervisione. Nel breve termine, le banche centrali potrebbero scegliere tra lo sviluppo di un’infrastruttura tecnologica più sofisticata o una regolamentazione più complessa, ma nel lungo periodo, l’era digitale potrebbe trasformare il settore finanziario al punto tale da imporre il potenziamento infrastrutturale come miglior politica finalizzata all’incremento del benessere della collettività.
Entro la metà dell’anno, l’Eurosistema deciderà se lanciare un progetto di euro digitale, che prenderebbe l’avvio con una fase d’indagine per lo sviluppo di un prodotto minimo funzionante. Gli euro digitali potrebbero essere due: uno da utilizzare offline e un altro utilizzabile online e remunerato a un tasso variabile nel tempo (che potrebbe presentare delle funzionalità avanzate). Da marzo 2020, la Banca d’Inghilterra ha avviato una consultazione pubblica per la progettazione di una CBDC. In Giappone, la banca centrale dovrebbe avviare la prima fase delle sperimentazioni ad aprile. Una valuta digitale è attualmente in fase di studio da parte della Federal Reserve, ha affermato il governatore Richard Clarida. E l’elenco prosegue.
Occorre tener presente che la decisione di emettere o meno una CBDC si fonderà su considerazioni di carattere nazionale. Tuttavia, una decisione in tal senso potrebbe avere delle forti implicazioni a livello internazionale. Pertanto, se da un lato i Paesi membri del G7 stanno lavorando in modo coordinato, la Cina è già un passo avanti rispetto agli altri poiché ha intrapreso un percorso indipendente attentamente pianificato. La Banca centrale della Repubblica Popolare Cinese ha compiuto un’impresa pionieristica. Nel 2014 ha avviato uno speciale gruppo d’indagine sulle valute digitali e nel 2017 ha annunciato il progetto DCEP (Digital Currency/Electronic Payment). Il progetto pilota è stato lanciato in quattro città della Cina continentale nell’aprile del 2020. Il renminbi digitale è una moneta a corso legale scalabile completamente supportata da riserve legali (offerta di moneta M0), con anonimato gestibile e funzionalità di crittografia. I pagamenti non richiedono la titolarità di un conto bancario o una connessione Internet (le transazioni funzionano online/offline). Il DCEP è programmabile, ma, volutamente, non offre funzionalità aggiuntive rispetto alla base monetaria convenzionale. Secondo Zhou Xiaochuan, ex governatore della People’s Bank of China, il progetto è incentrato sulla promozione del sistema retail nazionale e sulla prevenzione della dollarizzazione americana all’interno del Paese.
Nel prossimo futuro, le valute digitali consentiranno di effettuare transazioni transfrontaliere su larga scala senza SWIFT e banche d’appoggio statunitensi, erodendo il dominio finanziario degli Stati Uniti. La Cina ha creato il proprio Cross-Border Inter-Bank Payments System (CIPS) nel 2015 per fornire servizi di compensazione e regolamento per le transazioni internazionali in renminbi e svilupperà un sistema di messaggistica indipendente che non utilizza SWIFT. La Cina non è da sola. Le banche centrali di Canada e Singapore e le autorità monetarie di Hong Kong e Thailandia stanno testando pagamenti bilaterali nelle rispettive valute senza intermediari.
L’era del digitale, con blockchain e registri decentralizzati, contratti intelligenti, intelligenza artificiale, promesse di big data e altre innovazioni in fase di sviluppo, fanno presagire un cambiamento radicale nell’architettura finanziaria. Non è facile dire in anticipo se questo cambiamento sarà efficace. Ciò detto, le banche centrali potrebbero voler predisporre i propri strumenti digitali come opzione d’acquisto anche se ora il prezzo di mercato potrebbe essere al disotto del prezzo di esercizio. Il mondo si trova nella fase iniziale di sviluppo. Giocare d’anticipo è un errore ammissibile, mentre sbagliare e, per giunta, in ritardo non lo è.