A dicembre su Al Jazeera era andata in onda la notizia che la “solita” Taslima Nasreen, la scrittrice bengalese che dal 1994 vive in esilio per le continue minacce di morte, aveva fatto di nuovo arrabbiare gli integralisti musulmani per la sceneggiatura della serie tv indiana Dussahobas (La miserabile vita in comune). Per “offendere” il Profeta, Taslima ha osato parlare di matrimoni forzati, stupri, prostituzione, doti matrimoniali e altre delizie coniugali. E questo non nella sua patria, il Bangladesh, dove non può nemmeno mettere piede. Ma nel Bengala occidentale, stato indiano caratterizzato, fra l’altro, da una lunga adesione al marxismo. Appare così davvero paradossale che in una cultura profondamente misogina, come quella bengalese musulmana, ancora una volta la battaglia elettorale, stavolta in Bangladesh, rinnovi lo scontro tra due donne, che si alternano al potere dal 1991: la premier Sheikh Hasina, della Awami League, e la sua storica avversaria, Khalida Zia (singolare personaggio che ricorda Moira Orfei), leader del principale partito d’opposizione, il Bangladesh Nationalist Party. Il BNP ha deciso di boicottare le elezioni, che si sono tenute domenica 5 gennaio. Khalida Zia aveva chiesto alla premier di affidare la convocazione alle urne a un governo neutrale. Non aveva tutti i torti: Stati Uniti e Unione Europea, giudicando in anticipo le elezioni non regolari, si erano rifiutati di mandare osservatori. L’Awami League ha vinto 232 seggi su 300, tra urne bruciate e stazioni di polizia incendiate, scontri di piazza, che il quotidiano locale Daily Star ha definito “i più violenti di sempre”, morti, feriti e proteste internazionali.
Ma chi sono queste due signore che, dopo aver combattuto insieme contro i militari, da più di 20 anni si fronteggiano in un paese di 152,4 milioni di abitanti, con un PIL che cresce del 6% ogni anno (sia pure in rallentamento), ma che non riesce a far alzare la testa a una popolazione frustrata dalla miseria, dalle pessime condizioni di lavoro e dalle sempre più disastrose inondazioni? Khalida o Khaleda Zia era, nel 2004, secondo il mensile statunitense Forbes, al 14esimo posto tra le cento donne più potenti al mondo. Poi è andata scendendo in classifica. Sino all’incriminazione per corruzione (contro di lei e contro i due figli), seguita al golpe militare incruento che l’ha sbalzata dal potere nel 2007.
A spingere così in alto la volitiva Zia, che è nata nel 1946, era stato l’assassinio di suo marito, Ziaur Rahman, eletto presidente nel 1977, sei anni dopo la guerra d’indipendenza dal Pakistan, e ucciso nel 1981. Khalida fu subito nominata leader del BNP e da quella posizione avviò una decisa opposizione al regime militare del presidente Hussain Muhammad Ershad. Nel 1991, al termine di elezioni giudicate corrette, divenne il primo ministro donna di un paese in cui la condizione femminile è tra le più arretrate al mondo. Come Hasina, Zia ha provato a cambiare le cose: il tasso di alfabetizzazione femminile era ancora del 46% nel 2006. Toccava già, nel 2010, il 78,5% delle ragazze dai 15 ai 24 anni, contro il 75,5% dei maschi della stessa fascia d’età.
Nel 1996, Khalida dovette cedere il posto a Sheikh Hasina, che aveva vinto le elezioni (e, subito prima, sostenuto un fallito coup militare). Hasina era la sfidante perdente del 1991 e prima ancora, tra 1986 e 1987, aveva guidato l’opposizione contro Ershad. Alle sue spalle, un altro assassinio: quello del padre, Sheikh Mujibur Rahman, primo presidente del Bangladesh, ucciso dai militari il 15 agosto 1975, con gran parte della famiglia. All’epoca Hasina, che è nata nel 1947, era all’estero: poté rientrare dopo la nomina a leader dell’Awami League, nel maggio 1981. Sconfitta nel 2001, Hasina mal sopportò il ruolo di leader dell’opposizione, fino a sostenere, nel 2004, un ennesimo mancato golpe. Il 2004 fu un anno di particolari violenze: il 24 agosto una bomba di estremisti islamici distrusse la sede dell’Awami League a Dhakha, provocando la morte di 21 affiliati, tra i quali la segretaria della sezione femminile del partito, Ivy Rahman. La fine del governo di Khalida Zia, nel 2006, fu segnato da altri scontri e attentati, fino alla dichiarazione dello stato d’emergenza e al putsch militare del 2007. A questo punto erano diventate chiare anche le alleanze: Khalida Zia era stata la promotrice di una politica di apertura verso Est e in particolare verso la Cina. Sheikh Hasina ha sempre preferito India e Stati Uniti. Si tratta evidentemente di scelte fondamentali, che implicano la concessione di basi militari e il passaggio di pipeline. In più Hasina ha messo sotto processo i leader del partito islamico Jamaat-e-Islami, accusati di crimini contro l’umanità durante la guerra d’indipendenza. Zia li ha scelti invece come alleati.
In ogni caso, nel luglio 2007, entrambe le leader si trovarono davanti a un tribunale, accusate di corruzione. L’11 giugno 2008 Hasina fu rilasciata per motivi di salute, riparò negli Stati Uniti e rientrò in novembre per affrontare, vittoriosa, le elezioni del 29 dicembre. Khalida Zia fu rilasciata in settembre. E si ritrovò a contestare i risultati. Proprio come ha rifatto a inizio 2014: per le Battling Begums, la battaglia, appunto, continua.