La politica commerciale della nuova amministrazione statunitense può influenzare negativamente la crescita economica mondiale. Un tweet del Presidente Trump del marzo scorso esprime chiaramente la linea che deve essere seguita: “[…] trade wars are good, and easy to win”. Quanto avvenuto in questi mesi è la conseguenza di questo approccio.
SACE-SIMEST nel nuovo Rapporto Export ha simulato uno scenario alternativo in cui gli Stati Uniti 1) impongono tariffe del 25% su beni cinesi e del 10% sui prodotti di Corea del Sud e Taiwan, 2) annunciano l’uscita dal Nafta dal 2019 (applicando le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, con barriere in media del 3%) e 3) impongono dazi del 25% contro alcuni prodotti dell’Unione europea, quali mezzi di trasporto, acciaio e alluminio. Le geografie colpite, imbracciando una politica del “tit for tat”, rispondono con le stesse misure sull’import di beni statunitensi. In questo contesto, i mercati risentono dell’incertezza e della tensione: la confidence si deteriora, andando a penalizzare le decisioni di spesa per investimenti e consumi e, di conseguenza, il Pil.
Ci sarebbero quindi conseguenze sulla crescita globale che scenderebbe al +2,8% nel 2018, -0,5 punti percentuali rispetto allo scenario di base, e intorno al 2,1% nel 2019 (inferiore rispetto al +3% dello scenario base). Sulla scia dei dazi e della diminuzione della domanda globale, il commercio mondiale rallenterebbe al 4,2% nel 2018 (5,2% nello scenario base) e crollerebbe nel 2019 al 2,4% (da 4,4%), con i paesi maggiormente coinvolti dalla “guerra” al deficit commerciale statunitense a subire l’impatto più pesante. L’economia cinese, principale destinataria delle decisioni del presidente Trump, registrerebbe un lieve rallentamento (con un tasso medio del 5,7% nel biennio 2018-19), mentre per gli USA sarebbe un vero boomerang sia per Pil sia per l’export (Figura A).
Figura A Impatto su Pil delle politiche protezionistiche
(differenza in punti percentuali rispetto allo scenario base)
Fonte: SACE
Le esportazioni di beni Made in Italy non sarebbero esenti da impatti negativi: frenerebbero di quasi 2 punti percentuali nel 2018 e di oltre 3,5 nel 2019. La minore domanda di prodotti italiani riguarderebbe tutte le geografie più colpite da questa fase di tensioni commerciali, in particolare gli Stati Uniti e il Messico (Figura B).
Figura B Impatto sulle esportazioni italiane di beni delle politiche protezionistiche
(differenza in punti percentuali rispetto allo scenario base)
Fonte: SACE
Da un punto di vista settoriale, quelli più coinvolti dalle misure adottate (come mezzi di trasporto e prodotti in metallo) ne risentirebbero. Purtroppo l’effetto negativo per le esportazioni italiane non si esaurirebbe qui. La riduzione degli investimenti associata alla maggiore incertezza impatterebbe gravemente anche le esportazioni di meccanica strumentale, principale prodotto Made in Italy domandato all’estero (Figura C).
Figura C Impatto sui principali settori delle politiche protezionistiche
(differenza in punti percentuali rispetto allo scenario base)
Fonte: SACE
Questo scenario alternativo è chiaramente avverso e dall’esito nel medio lungo termine incerto. La probabilità di accadimento a esso associata negli ultimi mesi è tra il 5 e il 10%, molto inferiore rispetto a quella dello scenario base, ma è in crescita nelle ultime settimane.