BCE, il rialzo dei tassi e le nuove armi anti-cris
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RIALZO TASSI E CRISI GOVERNO

BCE, nuove armi anti-crisi

Franco Bruni
22 luglio 2022

La BCE ha preso ieri due decisioni importanti. Innanzitutto ha aumentato i tassi di interesse, quelli sui fondi con cui rifinanzia le banche e sui depositi che riceve dalle banche, di 50 punti base, il doppio di quanto aveva finora previsto di fare, eliminando così tutti i tassi negativi. In secondo luogo, ha creato un nuovo “strumento per la protezione del meccanismo di trasmissione” col quale è in grado di ridurre lo spread sui tassi dei titoli di Stato di un Paese membro quando lo giudichi frutto di disordini del mercato che lo rendono eccessivo, tenuto conto delle condizioni economico-finanziarie e delle politiche economiche di quel Paese. Questa seconda decisione è particolarmente importante per l’Italia che, anche in seguito alla crisi politica, potrebbe essere soggetta ad attacchi speculativi ingiustificati dai suoi fondamentali economici.

 

Il rialzo dei tassi contro l’inflazione

L’aumento dei tassi è il primo dopo quasi esattamente 10 anni: era il 7 luglio del 2011 quando Jean Claude Trichet li alzò, per la seconda volta, di 25 punti base. Il fatto che l’aumento di ieri sia avvenuto nel giorno delle dimissioni di Mario Draghi da Palazzo Chigi può sembrare una strana vendetta del destino: perché fu proprio Draghi, appena subentrato a Trichet alla presidenza della BCE, il 3 novembre di quello stesso 2011, a ricominciare una lunga catena di ribassi che in meno di tre anni li rese addirittura negativi. Trichet li aveva alzati fino a 1,50, nonostante la ripresa successiva alla crisi del 2008-9 fosse ancora fragile e l’eurozona in serio pericolo di crisi finanziaria, perché l’inflazione aveva raggiunto il 2,7%; ieri sono stati alzati allo 0,50 con un’inflazione dell’8,6%. In mezzo, a tenerli ancora bassi e a nutrire l’aumento dei prezzi, c’è l’oceano di liquidità creata in questo decennio nel tentativo di sospingere un’inflazione, che per tanto tempo pareva troppo bassa e poi è sfuggita di mano, e sostenere una crescita reale troppo scarsa. Sarà lo sforzo, forse tardivo, di riasciugare questa liquidità che giustificherà la lunga serie di rialzi che i mercati si aspettano e che Madame Christine Lagarde ha annunciato verranno decisi di riunione in riunione del Consiglio direttivo della banca.

 

TPI: arriva lo scudo anti-spread

Di gran rilievo è l’introduzione del nuovo strumento per proteggere la trasmissione della politica monetaria, indicato con la sigla TPI (Transmission Protection Instrument). L’intenzione della BCE è di evitare che disordini speculativi dei mercati impediscano alla politica monetaria decisa da Francoforte di raggiungere i Paesi membri in modo omogeneo. Quando la BCE fissa i tassi sotto il suo diretto controllo ha intenzione di influenzare l’intera struttura dei tassi di interesse dei mercati dell’eurozona perché è suo compito avere di mira la stabilità monetaria di tutta l’eurozona. Ciò non significa che i tassi di un Paese non possano differire da quelli di un altro: ma questa differenza, lo spread, dev’essere proporzionata alle sue condizioni e alle sue politiche macroeconomiche. Se disordini speculativi esagerano lo spread, il Paese viene esposto a una politica monetaria più restrittiva degli altri: ciò sarebbe quello che la BCE definisce un disturbo nel meccanismo di trasmissione della sua politica e che giustificherebbe un suo intervento in acquisto di titoli di quel Paese per sostenerne i prezzi e contenerne i rendimenti.

Il TPI si aggiunge allo strumentario della BCE dove peraltro è stata ieri ribadita la permanenza di quello che introdusse Draghi nel 2012, le OMT (Outright Monetary Transactions). Le OMT assomigliano a TPI ma sono dirette a evitare un problema molto specifico: l’insorgere, in seguito a speculazioni ingiustificate, di un “rischio di ridenominazione”, cioè del rischio, percepito dai mercati, che un Paese si appresti ad abbandonare l’euro reintroducendo una moneta nazionale che si svaluterebbe rapidamente. Il nuovo strumento, il TPI, possono intervenire anche se lo spread non segnala un rischio di ridenominazione ma “solo” una distorsione del meccanismo di trasmissione degli impulsi monetari della BCE.

Ma la differenza fra il TPI e le OMT è più profonda e sta nelle condizioni che si devono verificare per attivare lo strumento. Nel caso delle OMT, il Paese che beneficia dagli acquisti dei suoi titoli deve raggiungere, prima che la BCE si senta autorizzata a intervenire, un accordo di politica economica con il Meccanismo Europeo di Stabilità, il famoso MES che tutti temono perché ha la fama di eccessiva severità ed è stato brutale quando ha posto condizioni di estrema austerità ai Paesi, come la Grecia, cui ha fatto prestiti nella prima metà del passato decennio. Nel caso di Paesi che rispettino la disciplina comunitaria delle finanze pubbliche l’accordo col MES potrebbe forse essere ottenuto speditamente, ma si tratterebbe comunque di richiederlo segnalando anche ai mercati che il Paese è ufficialmente in difficoltà, perdendo tempo e rischiando di peggiorare la speculazione.

Nel caso del TPI, invece, la BCE ha invece deciso, coraggiosamente, di rivendicare la propria discrezionalità: potrà intervenire, senza annunciarlo ufficialmente e senza limiti di importo né di titoli acquisibili, quando lo riterrà opportuno, seguendo alcuni criteri dei quali ha spiegato ieri le principali caratteristiche. In sostanza, la BCE verificherà che il Paese beneficiario degli acquisti TIP rispetti i criteri di disciplina fiscale vigenti nell’UE, non soffra di seri disequilibri macroeconomici come determinati dalle apposite periodiche “pagelle” della Commissione, adotti delle politiche macroeconomiche sane e sostenibili anche in relazione agli obblighi assunti con il PNRR e alle “raccomandazioni specifiche” che la Commissione fa a tutti i Paesi durante il “semestre europeo” di ogni anno. Christine Lagarde ha tenuto ieri a specificare che, al momento, tutti i Paesi dell’eurozona rispettano questi criteri per l’accesso a TIP: forse aveva in mente la crisi politica italiana. Ovviamente i criteri di disciplina fiscale dell’UE sono per ora sospesi fino a quando verrà reintrodotto il Patto di Stabilità e Crescita, mentre gli altri criteri sono fin d’ora utilizzabili.

 

Uno strumento nuovo che può funzionare

È dunque stato creato il tanto atteso “scudo anti-spread”: il modo con cui è disegnato presenta il grande vantaggio di una utilizzazione altamente discrezionale da parte della BCE, estremamente flessibile e priva di effetti di annuncio potenzialmente controproducenti. È stato votato all’unanimità dal Consiglio della Banca ed ha quindi il supporto anche dei banchieri centrali dei Paesi cosiddetti frugali o austeri, come la Germania. Rimane il rischio che la BCE venga accusata di abusare della sua discrezionalità, oltrepassando i limiti del ruolo che le assegnano i Trattati, da politici o giuristi che ne disapprovino le decisioni. Forse si tratta di un rischio piccolo, che val la pena di correre, soprattutto se la BCE saprà usare lo strumento con prudenza e saggezza.

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Geoeconomia Europa Christine Lagarde
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AUTORI

Franco Bruni
Vice-Presidente ISPI

Image Credits (CC-BY-NC-ND 2.0): European Central Bank

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