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Daily focus

Biden in Asia: linea rossa su Taiwan

23 maggio 2022

Il presidente americano Joe Biden presenta a Tokyo il suo piano economico per l’Indo-Pacifico, ma su Taiwan avverte: “Pronti a intervenire militarmente se la Cina attacca”.

 

Gli Stati Uniti interverrebbero militarmente se la Cina attaccasse Taiwan: lo ha detto il presidente americano Joe Biden in conferenza stampa da Tokyo, subito dopo l’incontro con il premier giapponese Fumio Kishida. Interrogato da una giornalista che gli ha chiesto se gli Stati Uniti sarebbero disposti ad essere coinvolti militarmente nel caso in cui la Cina attaccasse Taiwan Biden ha risposto “sì”, precisando che, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’impegno americano a difendere l’isola, che Pechino considera una provincia ribelle, “è ancora più forte”. Quanto basta per spingere diversi osservatori a parlare di ‘svolta’ e a dare ormai per tramontata la calcolata ambiguità strategica che ha caratterizzato la politica statunitense sull’isola di Formosa negli ultimi decenni. “Stanno già scherzando con il fuoco volando così vicino e con tutte le manovre che vengono intraprese”, ha detto ancora Biden, in riferimento all’aumento delle violazioni dello spazio aereo taiwanese da parte della Cina. Se confermata, la risposta del presidente confermerebbe una volontà statunitense che va ben oltre quanto sancito dal Taiwan Relations Act del 1979, secondo cui gli Stati Uniti si impegnano a garantire a Taipei i mezzi militari per difendersi ma non sono tenuti a intervenire in sua difesa in caso di invasione cinese. Ma soprattutto metterebbe in dubbio da parte di Washington il riconoscimento della politica di un’Unica Cina. La risposta di Pechino alle affermazioni del presidente non è tardata ad arrivare. “La Cina non fa compromessi o concessioni su questioni che coinvolgono i suoi interessi fondamentali come la sovranità e l’integrità territoriale”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, aggiungendo che “intraprenderemo un'azione decisa per salvaguardare la nostra sovranità e sicurezza e faremo ciò che diciamo”.

 

Quale piano per l’Indo-Pacifico?

Le dichiarazioni di Biden arrivano a margine dell’annuncio di un atteso patto commerciale per la regione dell’Indo-Pacifico (Ipef). Obiettivo del piano – che comprende 12 paesi partner ma non Taiwan per non irritare Pechino – è consentire agli Stati Uniti di lavorare più a stretto contatto con le principali economie asiatiche. “L'accordo economico del XXI secolo”, come è stato presentato con enfasi dalla Casa Bianca, vuole blindare la collaborazione su questioni strategiche che vanno dalla supply chain agli standard per un'economia digitale, l’energia pulita e la lotta alla corruzione fino alle infrastrutture. Si parla di economia, insomma, ma nel mirino c’è ancora una volta il contenimento dell’espansionismo cinese. Tra i paesi coinvolti figurano Corea del Sud, Australia, Brunei, India, Indonesia, Giappone, Malesia, Nuova Zelanda, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam: in totale, è rappresentato circa il 40% della produzione economica globale, ma non si tratta di un accordo commerciale tradizionale che amplierebbe l'accesso dei paesi coinvolti al mercato statunitense. Aspetto che, assieme alla mancanza di impegni vincolanti, è visto con disappunto da alcuni analisti e funzionari della regione, per cui Washington dovrebbe puntare ad un impegno economico su più vasta scala. All'inizio della riunione Biden ha ringraziato il Giappone per essersi schierato con l’Occidente nell'applicazione di sanzioni alla Russia dopo l'invasione dell’Ucraina e si è detto favorevole a che Tokyo diventi un membro permanente del Consiglio di sicurezza “riformato” delle Nazioni Unite.

 

Quad: c’è un nuovo governo in Australia?

Domani, nell’ultimo giorno del suo viaggio in Asia, Biden e Kishida saranno raggiunti a Tokyo dal primo ministro indiano Narendra Modi e dal neoeletto premier australiano Anthony Albanese, vincitore alle elezioni generali di sabato, per il vertice Quad. L’incontro, il primo in persona da molto tempo, è un altro punto chiave nell’agenda asiatica di Biden, e della volontà di rinnovare l'impegno per un Indo-Pacifico “libero e aperto”. Prima della partenza, appena poche ore dopo essersi insediato, Albanese ha dichiarato che le relazioni con la Cina restano “complicate” e che l’Australia terrà sempre fede ai suoi ideali e valori. “Gli incontri che avremo, non solo con gli Stati Uniti, ma soprattutto con i nostri ospiti in Giappone e India, saranno molto importanti, in senso positivo, per inviare un messaggio al mondo, che c'è un nuovo governo in Australia”, ha detto Albanese ai giornalisti nella sua prima conferenza stampa da premier, e ha aggiunto: “È un governo che rappresenta un cambio di passo nel modo in cui affrontiamo il mondo su questioni come il cambiamento climatico, ma anche una continuità nel modo in cui rispettiamo la democrazia e diamo valore alle nostre amicizie e alleanze di lunga data”. Il 59enne premier, il primo di origini italo-australiane, e il suo partito laburista hanno interrotto nove anni di governo conservatore e promesso di imprimere una svolta alla politica ambientale australiana. 

Taiwan tra due fuochi?

“Perdere Taiwan vuol dire perdere il Pacifico” diceva il generale Douglas MacArthur. Eppure non è solo per ragioni geopolitiche che più volte in passato l'amministrazione Biden ha dimostrato di considerare l’isola un partner chiave nel contenimento di Pechino. In primis per il ruolo delle aziende di Taipei nella cruciale catena di approvvigionamento dei semiconduttori. La Taiwan Semiconductor Manufacturing (TSMC) è il più grande produttore di chip al mondo, in questo momento sotto forte pressione per una domanda che supera notevolmente l’offerta, un fattore dovuto alla crisi pandemica. Un’industria – secondo gli ultimi dati forniti da Bloomberg – che vale oggi più di 500 miliardi di dollari. Una produzione necessaria tanto agli Stati Uniti quanto alla Cina, e terreno di un’accesa sfida strategica, tanto che nel 2020 Washington ha espressamente chiesto a Taiwan di fermare il rifornimento di chip alla cinese Huawei. Questa piccola isola a soli 180 km dalle coste cinesi, con un Pil da paese G20, è destinata a diventare cruciale nel confronto sempre più serrato tra le due coste del Pacifico.  

 

Speciale Ucraina

  • Condannato all’ergastolo il sergente Vadim Shishimarin, il primo soldato russo processato per crimini di guerra in Ucraina.
  • Mosca “sta valutando” il piano di pace proposto dall’Italia per trovare un accordo sull’Ucraina. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri russo Andrei Rudenko, citato dalla Tass.
  • Intervenendo al forum economico di Davos in Svizzera il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto “sanzioni massime” contro la Russia.
  • Boris Bondarev, consigliere di Mosca alle Nazioni Unite, si dimette e denuncia in una lettera aperta: “Mai vergognato tanto del mio paese”.

 

***

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online

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