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AFRICA

Biden e la partita a Sud del Sahara

Giovanni Carbone
09 Dicembre 2022

Fin dall’avvio della sua amministrazione, Joe Biden aveva espresso l'intenzione di cambiare rotta rispetto alla politica africana perseguita dagli Stati Uniti negli anni di Donald Trump. Nel suo discorso del febbraio 2021 all'Unione Africana (UA), il presidente aveva sollecitato la ricerca di una visione condivisa e un approccio multilaterale, riconoscendo la legittimità degli interessi africani e il diritto dei Paesi della regione di scegliere liberamente i loro partner internazionali. Il presidente della Commissione dell'Unione Africana, Moussa Faki, aveva a sua volta risposto con favore alla prospettiva di “resettare il partenariato strategico UA-USA”. Con un passo ulteriore, sul finire dell’anno scorso, il Segretario di Stato Antony Blinken aveva delineato la nuova strategia americana per il continente (US and Africa. Building a 21st Century Partnership), volta a posizionare gli Stati Uniti come "partner preferito" dell'Africa. La difesa della democrazia – mai menzionata nella strategia africana dell'amministrazione Trump – tornava intanto al centro della scena.

È in questo contesto che si colloca lo US-Africa Leaders Summit che si tiene a Washington dal 13 al 15 dicembre, con l'obiettivo di discutere come sviluppare le relazioni tra le due parti e come rafforzare la "cooperazione sulle priorità globali condivise". Il vertice ruoterà attorno ad alcune grandi questioni internazionali e di sviluppo ben consolidate: l’agenda include la promozione della cooperazione economica; sicurezza e stabilità; democrazia e diritti umani; cambiamento climatico; istruzione e giovani. Ma si parlerà anche di sicurezza sanitaria e sicurezza alimentare, due grandi sfide accresciute dalle più recenti crisi globali – la pandemia e la guerra in Ucraina.

 

Ritardi americani

Nel gioco del corteggiamento dei Paesi africani, gli USA sono restati indietro. Il vertice ora alle porte sarà solo il secondo incontro di questo tipo organizzato da Washington. Al confronto, la Cina dal 2000 ha tenuto otto di questi forum “Africa plus 1”, ovvero uno ogni tre anni. L'Unione Europea (UE) non è molto indietro. Anche India, Turchia e Giappone hanno riunito i Paesi africani più frequentemente di quanto non abbiano fatto gli Stati Uniti. La Francia, l'ex potenza coloniale che ha mantenuto i legami più forti con la regione, convoca riunioni di questo genere da decenni. Gli USA, peraltro, tornano a incontrare collettivamente i Paesi africani dopo un vuoto di ben otto anni rispetto al primo vertice, riunito da Barack Obama del 2014. L'amministrazione Trump non aveva infatti ritenuto di dover coltivare i rapporti con i Paesi africani, e una linea analoga potrebbe prenderla anche una prossima amministrazione che si insediasse a Washington negli anni a venire. Vi sono quindi poche indicazioni che questi vertici verranno regolarizzati e istituzionalizzati nel modo in cui lo hanno fatto i Paesi già citati: per ora rimangono iniziative ad hoc.

Le potenziali implicazioni per qualsiasi tentativo di lavorare sulla continuità – ad esempio monitorando l’implementazione e i risultati di eventuali decisioni prese al vertice – sono ovvie. Non è neppure chiaro se gli Stati Uniti sfrutteranno l'opportunità per annunciare nuove risorse dedicate alle loro iniziative africane. La Cina lo fa sempre e l'UE ha cercato di pareggiare le risorse di Pechino in un vertice con l’Unione Africana all'inizio del 2022 (anche se rimangono dubbi circa la natura dei nuovi finanziamenti). La nota più positiva è forse che gli Stati Uniti non dovranno affrontare il tipo di risentimento e sfiducia che molti africani sempre più mostrano nei confronti della Francia, e in parte anche dall’UE.

 

Corno d’Africa e Sahel: la sfida di Cina e Russia

Gli Stati Uniti hanno interessi di lunga data nella sicurezza e nella stabilità dell’Africa, in particolare in aree come il Corno d'Africa e il Sahel. Sotto l'attuale amministrazione, Washington ha anche dato la priorità alla difesa e alla promozione della democrazia per far fronte alle crescenti sfide portate dalle grandi autocrazie. Questo è stato chiarito sia nella strategia per l'Africa di Biden, sia nel Summit globale per la democrazia che il presidente ha (virtualmente) ospitato alla fine del 2021. Democrazia e diritti umani che, come accennato, non erano tra le preoccupazioni identificate dalla politica africana dell’amministrazione Trump, sono tra i temi chiave all'ordine del giorno del Leaders Summit. La competizione geopolitica dell'America con Cina e Russia è stata recentemente messa sotto i riflettori in due cruciali aree di instabilità - il Sahel e il Corno d'Africa - dove molte voci locali hanno espresso disapprovazione per gli approcci occidentali, ampliando gli spazi nei quali Pechino e Mosca possono aumentare la loro influenza. Quando quasi la metà dei Paesi africani non ha votato con le democrazie occidentali sulla risoluzione con cui l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite condannava l'invasione russa dell'Ucraina, è stata una sorpresa e uno shock. Ha rivelato nella maniera più evidente che il sostegno dell'Africa non può essere dato per scontato.

Nella misura in cui il vertice servirà allo scopo di contrastare la crescente influenza delle autocrazie globali rafforzando l'impegno per la “democrazia all’occidentale” dei Paesi africani, il successo della conferenza sarà difficile da misurare nell'immediato. Dichiarazioni congiunte o tabelle di marcia non saranno sufficienti, in particolare con una realtà sul terreno segnata dal ritorno dei colpi di Stato (ben otto in cinque paesi africani negli ultimi tre anni) e da una tendenza altrettanto preoccupante al deterioramento democratico, la contrazione di libertà e diritti nei Paesi che mantengono formalmente le elezioni multipartitiche.

 

L’arma della cooperazione economica

Ma gli Stati Uniti puntano anche a ravvivare le relazioni economiche. Il commercio con l'Africa rappresenta un mero 1% sul totale del commercio internazionale degli Stati Uniti, e tende al ribasso: il valore delle esportazioni di merci americane verso l'Africa nel 2021 è stato del 30% inferiore rispetto al 2014, quando si tenne il primo vertice africano. La Cina sta andando in direzione opposta, con un volume record di 254 miliardi di dollari del suo commercio con l'Africa nel 2021, circa quattro volte quello USA-Africa. Da un punto di vista economico, Washington ha quindi due obiettivi strategici, in parte sovrapposti, vale a dire contrastare il dominio della Cina nelle transizioni e infrastrutture digitali dell'Africa, e ampliare l'accesso degli Stati Uniti ai “minerali critici” per le tecnologie energetiche pulite, come platino, litio, cobalto e terre rare. Le risorse messe a disposizione dall’amministrazione per tutto questo sono state in parte aumentate negli ultimi due anni. Per ottenere un maggior sostegno da parte dei leader africani, tuttavia, gli Stati Uniti dovranno fare concessioni su altri fronti, ad esempio sulle richieste di una "transizione verde equa" e sul rinnovo dell'AGOA (si veda sotto).

Come si posizioneranno invece i Paesi africani? I sondaggi delle opinioni pubbliche sul continente mostrano che gli africani continuano generalmente a considerare l'America come il loro modello di sviluppo favorito. Come hanno fatto sempre di più con gli europei, tuttavia, i leader di questi Paesi hanno dimostrato di essere pronti a fare sentire la propria voce per assicurarsi che le preoccupazioni e le priorità del continente siano ascoltate, rispettate e possibilmente soddisfatte. Inoltre, molti di loro hanno espresso un crescente malessere per le continue prediche, le intromissioni e il frequente uso di “due pesi e due misure” da parte dei Paesi occidentali, ad esempio per quanto riguarda la transizione energetica o la scelta dei partner internazionali.

Su certe questioni, poi, alcuni dei principali Paesi dell’area hanno affrontato gli Stati Uniti in modo anche più diretto. Uno di questi è il Sudafrica, l'economia più avanzata del continente. Il partito di governo – l’African National Congress – quando ha ritenuto necessario non ha mai mancato di esprimere disapprovazione per le posizioni e le iniziative degli americani (compresi, di recente, i veti ai visti d’ingresso e l'"apartheid dei vaccini" durante la pandemia, o i pressanti appelli a condannare le azioni della Russia in Ucraina o l’idea di sanzionare gli Stati africani che fanno affari con Mosca). Anche il governo dell’Etiopia ha criticato l'interferenza americana rispetto al conflitto del Tigray, in particolare per la riduzione dell'assistenza a sicurezza e economia e le sanzioni imposte a un certo numero di funzionari etiopi.

 

Quattro punti centrali sul tavolo

I leader africani misureranno il loro successo in base a come Washington risponderà a quattro questioni per loro centrali. In primo luogo, la cosiddetta “transizione energetica equa”: gli africani cercano di resistere all'insistenza dell'Occidente per un’accelerazione della transizione verde – e in particolare sono avversi ai limiti ai finanziamenti per i progetti sui combustibili fossili – che non tiene conto della scarsa responsabilità dell’Africa per il cambiamento climatico e dell’urgenza dello sviluppo del continente. In secondo luogo, vogliono garanzie che l'African Growth and Opportunity Act (AGOA) in vigore dal 2000 venga rinnovato nel 2025, prolungando l'accesso senza dazi al mercato statunitense per il quale 36 paesi sono attualmente eleggibili. Negli Stati Uniti si parla da tempo della necessità di rivedere l'AGOA e, presumibilmente, di porre fine a condizioni di non reciprocità. In terzo luogo, i rappresentanti del continente chiedono un'efficace promozione di investimenti da parte delle imprese americane che consentano alle economie africane di entrare nelle catene del valore della produzione globale, accelerando così l'industrializzazione e lo sviluppo.

Infine, nonostante due decenni di sostanziale crescita economica per la regione, le società africane hanno sofferto profondamente l'impatto economico prima della pandemia e poi della guerra in Ucraina. La povertà e il debito sono aumentati rapidamente. L'inflazione alimentare, in particolare, ha notevolmente ampliato e aggravato l'insicurezza alimentare degli africani più esposti. Affrontare questi problemi con la debita urgenza richiederà sia iniziative politiche che nuove risorse economiche.

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Tags

Geoeconomia Africa politica africana degli Usa
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Giovanni Carbone
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Image Credits (CC BY-NC-ND 2.0): Paul Kagame

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