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USA2020
Biden-Europa: quasi amici
07 novembre 2020

Con il Vecchio Continente Biden vuole ricucire strappi e tensioni. Obiettivo "riunire la banda"; a partire da dossier come il clima, il multilateralismo e l'Iran. Per Washington, ormai, le vere preoccupazioni geopolitiche sono altrove.

 

Dopo la vittoria di Joe Biden alle presidenziali americane, gli alleati europei sperano di non sentir parlare più di ‘America first’. Se c’è un orientamento ideologico e politico che ha rischiato di far naufragare anni di consolidata partnership transatlantica è proprio la dottrina con cui il presidente uscente ha gestito relazioni e rapporti con gli altri paesi, nemici o alleati che fossero.

Il neopresidente democratico ha più volte chiarito in campagna elettorale di voler rovesciare quattro anni di politica estera isolazionista degli Stati Uniti sotto un nuovo slogan: “Ripristinare la leadership americana”, nel tentativo di ricucire strappi e tensioni, anche con il vecchio continente.

“America First ha reso l'America da sola”, ha detto Biden, aggiungendo che Trump aveva abbracciato “paesi di bulli” come il leader della Corea del Nord, mentre ha minato il sostegno alla Nato che era “al punto di incrinarsi”.

 

Crepe venute da lontano

In realtà, le relazioni transatlantiche avevano iniziato a logorarsi molto prima dell’avvento di Trump. Avevano subito un duro colpo durante l’amministrazione di George W. Bush, prima che Barack Obama le restaurasse un po’. Per lo più, però, si era trattato di un restauro cosmetico.

È stato Obama, di cui Biden era vicepresidente, ad annunciare nel 2011 il cambio del “perno” della strategia Usa dall’Europa all’Asia e dall’Atlantico al Pacifico. Mentre i precedenti presidenti degli Stati Uniti già si lamentavano - pur con toni più soft di Donald Trump - che gli europei, e soprattutto i tedeschi, spendessero troppo poco per i propri eserciti per essere alleati affidabili della NATO. L’arrivo di Trump è coinciso con quello del famoso elefante nella cristalleria: nessun presidente degli Stati Uniti, dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, aveva mostrato un tale disprezzo per i leader europei, messo in dubbio l’impegno nella Nato, strizzato l’occhio a leader e movimenti populisti ed euroscettici, e caldeggiato apertamente la Brexit. Nell’estate 2018, Trump definì l’Unione europea un “nemico” commerciale e la incluse tra i bersagli delle sanzioni introdotte dalla Casa Bianca sulle importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti. L’UE rispose  con una serie di contro-tariffe ottenendo una tregua.

 

Tempo di scelte

È difficile che siano i temi di politica estera a decidere un’elezione. Non è stato il caso neanche questa volta. Ma, ironia della sorte, è proprio in politica estera che il cambio di inquilino alla Casa Bianca darà i suoi primi e più eclatanti frutti. Quella di “riunire la banda” con alleati europei di lungo corso, sarà certamente una delle priorità di Biden e su alcuni dossier – come clima, multilateralismo e Iran - le divergenze fra le due sponde dell’atlantico si colmeranno presto in modo evidente. A differenza di Trump, Biden crede che gli Stati Uniti abbiano bisogno dei loro alleati e che l’Ue debba restare un partner imprescindibile in una lunga lista di sfide regionali e globali. Ma su altri dossier la sostanza potrebbe cambiare poco: come il suo predecessore, Biden cercherà di fermare la costruzione del gasdotto NordStream2, che collega la Russia alla Germania. E insisterà sugli alleati Nato perché aumentino le spese militari e utilizzino effettivamente i loro eserciti in scenari regionali in cui gli Stati Uniti non vedono più in gioco i propri interessi, come nel Mediterraneo Orientale o in Nord Africa. Soprattutto, il nuovo presidente si aspetterà che gli alleati europei decidano chiaramente da che parte stare nel contenere l’aggressività russa e nel confronto sistemico con la Cina. Dossier sui quali, però, le capitali europee non condividono una linea comune.

Per quanto i rapporti con Washington possano tornare distesi con un’amministrazione Biden, non cambierà comunque il dato di fatto che vede la regione europea ormai non più determinante sullo scenario internazionale. I grandi teatri dello scontro geopolitico sono altri ed è verso di loro che si concentrerà lo sguardo americano. L’Europa, alleata o rivale che sia, dovrà imparare a cavarsela da sola. Fatto salvo il sollievo per la vittoria di Joe Biden alle elezioni, neanche da parte europea c’è più di tanto la voglia di riprendere il dialogo con Washington lì dove si era fermato. Il cambio della guardia alla Casa Bianca non cancella dalle menti europee la lezione appena imparata: dell’alleato a stelle e strisce ci si può fidare, ma fino ad un certo punto. Perché la prossima amministrazione potrebbe arrivare e cambiare le carte in tavola. Il vecchio adagio secondo cui le divisioni politiche tra repubblicani e democratici “non oltrepassano le rive del mare” - a indicare che la politica estera trascende dai partiti - era vero durante la Guerra Fredda. Oggi i tempi sono cambiati.

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