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Daily focus

Biden in Medio Oriente: il grande ‘reset’

13 luglio 2022

Biden arriva in Medio Oriente per una delle visite più complicate della sua amministrazione: tra mine vaganti, polemiche e un inaspettato ‘fuoco amico’.

 

Joe Biden è appena atterrato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv ma la sua visita a tappe in Medio Oriente – Israele, Palestina e Arabia Saudita – è già al centro di cronache e analisi internazionali. Tutti gli osservatori concordano: non è un viaggio qualunque quello del presidente USA nella regione, soprattutto perché non avviene in un momento qualunque: l’invasione russa in Ucraina ha sconvolto i piani di un’amministrazione che – per sua stessa ammissione – avrebbe preferito concentrarsi su un altro quadrante strategico, quello dell’Indo-Pacifico. Ma le turbolenze nel settore energetico e sui mercati innescate dalla guerra del presidente russo Vladimir Putin impongono degli aggiustamenti. La politica estera americana torna in Medio Oriente e nel Golfo per tutelare il sistema fondato sugli Accordi di Abramo, consolidare la sicurezza energetica e rafforzare indirettamente il fianco orientale dell’Europa, minacciato dall’avventurismo del Cremlino. Non si tratta, insomma, solo di ottenere un aumento della produzione petrolifera saudita per calmare l’inflazione e raffreddare i prezzi in vista delle elezioni di mid-term a novembre, ma di dimostrare il ritorno della leadership americana in Medio Oriente e nel mondo.

 

 

Un’agenda fitta?

Joe Biden arriva in Israele mentre il paese è alle prese con l’ennesima crisi di governo e un cambio ai vertici: Naftali Bennett ha ceduto la premiership a Yair Lapid, capo di governo designato fino alle elezioni di novembre. La campagna per il voto – il quinto in tre anni e mezzo – si preannuncia incandescente: l’ex premier Benjamin Netanyahu, pur sotto inchiesta, è in prima linea per riprendersi la guida del paese. Ma nei colloqui con i vertici israeliani Biden affronterà soprattutto lo spinoso dossier iraniano, mentre il dialogo per un accordo con Teheran sembra essere a un punto morto. Ma anche il processo di ‘normalizzazione’ delle relazioni israeliane nella regione, e la costruzione di un patto di difesa aerea integrata per la sicurezza regionale sono temi in agenda. Quanto ai palestinesi, le fonti di tensioni sono molteplici: in primis la questione della riapertura del consolato americano a Gerusalemme, finora sempre rimandata, nonché l’uccisione della giornalista di al Jazeera, Shireen Abu Akleh a Jenin. La leadership palestinese sperava in una condanna di Israele da parte di Washington mentre il dipartimento di Stato ha concluso le sue indagini, sostenendo una posizione di comodo: probabilmente la reporter (che aveva cittadinanza americana, ndr) è stata uccisa dai soldati israeliani, ma non ci sono prove che lo abbiano fatto intenzionalmente. In una lettera aperta dai toni durissimi, diffusa alla vigilia del viaggio, la famiglia Abu Akleh ha chiesto a Biden un incontro e “la fine dell’impunità” per gli omicidi extragiudiziali commessi da Israele. E per il Washington Post, “i fantasmi di Shireen abu Akleh e Jamal Kashoggi incombono sul viaggio del presidente”.

 

Slalom tra le polemiche?

Il lungo tour del presidente americano nella regione è disseminato di trappole. In Arabia Saudita Joe Biden vedrà il vecchio re Salman bin Abdulaziz ad un incontro al quale parteciperà anche il principe ereditario Mohammed bin Salman. Di lui, durante la campagna elettorale del 2019, Biden diceva: “è un pariah”. La Cia aveva le prove che fosse il mandante dell'omicidio del giornalista e oppositore Jamal Khashoggi, e l’attuale capo della Casa Bianca aveva promesso di ostracizzare lui e Ryadh “come meritano”. Oggi, che si appresta a rendergli visita, il presidente ha dovuto spiegare agli americani in un editoriale sul Washington Post dal titolo eloquente “Perché vado in Arabia Saudita”. Per sua stessa ammissione, il presidente punta a un aumento della produzione petrolifera e al contenimento dell’influenza di Russia e Cina nella regione. Ma ciò non toglie che la sua presenza a Gedda – ad un vertice con il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Emirati, Oman, Qatar, Bahrain, Kuwait e Arabia Saudita), più Egitto, Giordania e Iraq – contrasta in modo evidente con la retorica sui valori democratici e i diritti umani che l’attuale amministrazione aveva detto di voler “riportare in cima all’agenda statunitense”. “Biden incontrerà il principe ereditario – osserva Ishaan Tharoor– e solo i protocolli del coronavirus potrebbero risparmiargli l'umiliazione di una stretta di mano”.

 

Fuoco amico?

Mentre il presidente americano si appresta ad iniziare il tour più complicato dall’inizio del suo mandato, non tutti concordano sul fatto che la visita risponda alle esigenze di ‘realpolitik’ e ‘interesse nazionale’ americano. Mentre il suo indice di popolarità, secondo i sondaggi, è intorno al 33%, le perplessità travalicano la galassia repubblicana, per diffondersi in organi di stampa tradizionalmente vicini al partito democratico: è il caso del Washington Post, che in un duro editoriale sottolinea come “il presidente dovrebbe sapere che l'incontro con Mohammed bin Salman, o MBS, come è noto, darà al leader saudita esattamente ciò che tre anni di campagne di pubbliche relazioni saudite, spese di lobbying e persino una nuova lega di golf non hanno avuto: un ritorno alla rispettabilità”. L’affondo a firma di Fred Ryan, editore del quotidiano, prosegue sottolineando che “questa immeritata assoluzione, a sua volta, otterrà solo di minare gli obiettivi di politica estera che Biden spera di raggiungere” e segnalerà al mondo “che i valori americani sono negoziabili”. Visite come Biden, secondo Ryan, “erodono la nostra autorità morale e alimentano risentimento antiamericano. Comunicano agli attivisti per la democrazia e ai governi riformisti di tutto il mondo che Washington è un partner inaffidabile. E questo semina confusione e sabota la nostra diplomazia, l'opposto di ciò che Biden sta cercando di ottenere”.

 

* * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

 

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