Joe Biden ha indicato quattro priorità per la sua presidenza: lotta al coronavirus, ripresa economica, uguaglianza razziale e cambiamenti climatici. Ci possiamo quindi attendere cambiamenti radicali nelle politiche energetiche e climatiche degli Stati Uniti.
Alcuni analisti considerano che le iniziative di Biden saranno limitate da un Senato a maggioranza repubblicana. Infatti, solo la vittoria dei due candidati democratici in Georgia, dopo i ballottaggi in gennaio, darebbe al partito 50 senatori consentendogli, con il voto aggiuntivo della vicepresidente Kamala Harris, di avere la maggioranza in Senato.
Indubbiamente, una vittoria in Georgia permetterebbe al neo-Presidente di far approvare più agevolmente le riforme promesse in campagna elettorale. Tuttavia, il Presidente, anche in assenza di maggioranza al Congresso, puo’ modificare la legislazione tramite “ordini esecutivi presidenziali”.
Donald Trump nei primi 100 giorni di presidenza utilizzò 24 ordini esecutivi.
Biden ha già indicato che utilizzerà ordini esecutivi, anche per ribaltare decisioni prese dal suo predecessore. Quindi, anche in assenza di una maggioranza democratica al Senato, Biden potrà imprimere una svolta sostanziale alle politiche energetiche e climatiche di Donald Trump sia a livello interno che internazionale.
I cambiamenti nella politica internazionale
La visione delle relazioni internazionali di Joe Biden è specularmente opposta a quella di Trump il quale, durante il mandato, ha privilegiato rapporti bilaterali tralasciando o osteggiando forme di cooperazione multilaterale o regionale.
Biden, al contrario, vede gli alleati degli Stati Uniti come un moltiplicatore dell’influenza americana a scala globale. Un moltiplicatore che permetterebbe a un paese con un quarto del prodotto interno lordo mondiale di aumentare la sua forza tramite politiche sinergiche con gli alleati.
Biden ha promesso di riportare gli Stati Uniti negli accordi climatici di Parigi nel primo giorno del suo mandato, proponendo inoltre di arrivare alla “carbon neutrality” per il 2050. Gli Stati Uniti affiancheranno così paesi che hanno già adottato obbiettivi di “carbon neutrality” per il 2050, come i membri dell’Unione Europea, la Gran Bretagna, la Corea, il Giappone e la Cina cha ha annuciato obbiettivi simili per il 2060. Questo creerà una massa critica di stati che si impegneranno concretamente per raggiungere gli obbiettivi dell’accordo di Parigi.
A Glasgow il prossimo novembre si terrà il COP26, in cui si ridiscuteranno gli accordi climatici di Parigi, e un impegno degli Stati Uniti nel COP26 aumenterebbe la probabilità di nuovi impegni concreti e ambiziosi. A conferma della priorità accordata da Biden a questo tema, si puo’ notare che John Kerry, uno degli artefici degli accordi di Parigi, è stato indicato come capo della task force statunitense che si occuperà di cambiamento climatico.
Gli Stati Uniti avranno una politica più assertiva contro il cambiamento climatico anche nell’ambito del G20, i cui paesi rappresentano a scala globale quasi l’80% delle emissioni di gas ad effetto serra.
A livello internazionale una misura controversa ma efficace, per limitare le emissioni, sarebbe l’introduzione di una “carbon border tax”. Tale misura prevederebbe una tassazione sull’importazione di manufatti e materie prime, nel caso questi non siano stati prodotti con standard di emissioni adeguati. Un supporto degli Stati Uniti alla “carbon border tax”, permetterebbe alla stessa di essere negoziata più facilmente nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Uno dei pochi elementi di continuità con l’amministrazione Trump riguarderà i rapporti con la Russia. Il regime di sanzioni contro la Russia verrà probabilmente esteso per 6 mesi dall’amministrazione attuale. La nuova amministrazione proporrà quasi certamente ulteriori estensioni e confermerà l’opposizione al gasdotto russo Nord Stream 2. L’estensione delle sanzioni e l’opposizione a Nord Stream 2 riceverebbero probabilmente un appoggio bipartisan al Congresso.
I cambiamenti nella politica interna
Joe Biden ha annunciato un pacchetto verde di 2 trilioni di dollari per accelerare la transizione verso fonti energetiche più sostenibili e “climate friendly”. Se il Senato conserverà la maggioranza repubblicana, il Presidente dovrà probabilmente ridimensionare il suo ambizioso pacchetto verde.
La transizione energetica è però già in atto sia negli Stati Uniti che a livello globale. Il pacchetto verde promesso da Biden accelererebbe tale transizione, ma di fatto le imprese stanno già investendo in fonti rinnovabili e innovazione senza attendere finanziamenti pubblici. Molte società petrolifere americane continuano a investire in idrocarburi, ma altre compagnie statunitensi stanno cogliendo le opportunità della transizione energetica che, come sottolineato dall’Economist, sarà una delle più grandi business opportunity del prossimo decennio.
A livello legislativo Biden, al contrario di Trump, non amplierà l’accesso a aeree federali e riserve naturali per la ricerca di idrocarburi. Il neo-Presidente non potrà però limitare la produzione di idrocarburi su aree private considerando che negli Stati Uniti, a differenza di altri paesi, il proprietario di un terreno è anche proprietario delle risorse del sottosuolo. Se una persona trova petrolio nel suo giardino questo gli appartiene.
Gli Stati Uniti rimarranno fra i principali produttori di idrobarburi a scala globale, anche se Biden probabilmente reintrodurrà standard più restrittivi per il fracking e per le emissioni di gas metano, associate alla produzione di petrolio a gas.
Un’altra possibile iniziativa sarebbe di imporre alle società, tramite la Security and Exchange Commission, di rendere pubblici i loro “climate risks”. La pubblicazione di tali rischi ri-orienterebbe gli investimenti verso società meno esposte al rischio climatico e con politiche più “climate friendly”.
Questa ri-orientazione è peraltro già in atto. BlackRock per esempio, disinvestirà progressivamente dai combustibili fossili. La scelta non è dovuta a uno spirito ecologista, ma dal desiderio di minimizzare i “climate risks” e di partecipare in business con crescite a due cifre piuttosto che rimanere in mercati, come quello del carbone, che si ridurranno drasticamente nei prossimi anni.
Conclusioni
Indipendentemente dal risultato per l’elezione dei due senatori della Georgia, Biden imprimerà una svolta alle politiche energetiche e climatiche del paese.
Ci si puo’ attendere che Biden abbia un’amministrazione più sperimentata e stabile rispetto a Trump che ha cambiato fra gli altri, 4 Secretari alla Difesa, due Segretari dell’Energia e licenzato il Segretario di Stato a metà del mandato. A livello aneddotico si può ricordare che il primo Secretario dell’Energia nominato da Trump, Rick Perry era conosciuto per aver dichiarato nel 2012 di voler smantellare il “Department of Energy”.
Biden proporrà politiche legislative stabili e coerenti. Questo è ciò che gli investitori vogliono, spesso ancora più di finanziamenti pubblici. Gli investimenti nell’energia hanno prospettive pluri-decennali e, ciò che serve agli investitori, è un quadro legislativo chiaro e stabile nel tempo.
Il nuovo Presidente, inizia il mandato con un consolidato network di relazioni internazionali e ha già incontrato numerose volte i più influenti leader mondiali da Xi Jinping, a Merkel, a Putin.
Biden, sfrutterà il suo network per rilanciare iniziative multilaterali come gli accordi climatici di Parigi, il G20 e la cooperazione con l’Unione europea. Non bisogna però attendersi un’attitudine filantropica del Presidente che cercherà sempre di promovuere gli interessi strategici del suo paese.
Se tali interessi andranno verso uno sviluppo sostenible e “climate friendly”, ciò sarà a vantaggio non solo degli Stati Uniti, ma anche del nostro pianeta.