Primo faccia a faccia virtuale tra Joe Biden e Xi Jinping, tra toni amichevoli e linee rosse. Ma non chiamatelo disgelo.
“È bello vederla, signor presidente. La prossima volta, spero che riusciremo a farlo faccia a faccia come facevamo quando viaggiavamo attraverso la Cina. Forse dovrei iniziare in modo più formale, anche se io e lei non siamo mai stati così formali l’uno con l’altro”. È iniziata così, con toni amichevoli, la conversazione tra Joe Biden e Xi Jinping, un incontro virtuale proseguito per quasi quattro ore, durante il quale i due presidenti hanno affrontato temi e questioni legate alle recenti tensioni bilaterali tra Cina e Stati Uniti. “Credo sia nostra responsabilità assicurare che la competizione tra i nostri due paesi non degeneri in un conflitto, ha detto Biden appena prima dell’inizio del meeting a porte chiuse. Un approccio distensivo, corrisposto dal presidente cinese che ha a sua volta affermato: “Sono molto felice di vedere il mio vecchio amico”, un riferimento ai numerosi incontri con Biden quando quest’ultimo era vicepresidente. Xi ha paragonato i due paesi a “due navi che percorrono la stessa rotta e devono fare attenzione a non entrare in collisione”, secondo la conversazione riportata dalla stampa cinese, invocando la necessità di “maggior comunicazione e cooperazione”. Un allentamento delle tensioni passato anche dall’omaggio reciproco a colpi di cravatta: Biden ne ha indossata una rossa, colore preferito di Pechino. Xi una blu, il colore del partito democratico.
In bilico sui dazi?
Le relazioni tra Washington e Pechino hanno raggiunto il minimo storico durante la presidenza di Donald Trump. Tuttavia, come molti avevano previsto, l’attuale amministrazione Usa ha mantenuto gli aspetti chiave della politica commerciale nei confronti della Cina: dazi sulle importazioni e pressioni su Pechino affinché adempia agli impegni sottoscritti nell'accordo commerciale di fase uno Usa-Cina. L’accordo, firmato a gennaio 2020 e che scade il prossimo 31 dicembre, imponeva alla Cina di correggere “distorsioni” e pratiche scorrette e aumentare l’acquisto di beni e servizi dagli Stati Uniti, per correggere un macroscopico deficit commerciale. Finora però – secondo i dati del Peterson Institute for International Economics di Washington – la Cina ha acquistato solo tre quinti del totale, tra cui grandi quantità di mais americano, maiale e altri prodotti agricoli, ma, a causa della pandemia, molti meno manufatti e combustibili fossili rispetto a quanto richiesto dall’accordo. Il risultato? Tuttora i dazi americani colpiscono 370 miliardi di prodotti made in China, alimentando il nervosismo dei mercati che temono che la ‘guerra dei dazi’ tra le due potenze possa aggravare le strettoie nelle catene di approvvigionamento degli scambi globali e far crescere l’inflazione.
Taiwan, banco di prova?
Altro tema spinoso affrontato nella lunga conversazione tra i due capi di stato è quello relativo agli scenari internazionali e al rispetto dei diritti umani. Dalle tensioni nel mar cinese meridionale alle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang, nel Tibet e Hong Kong, Biden ha messo in guardia il presidente cinese da “azioni unilaterali che cambino lo status quo e minino la pace e la stabilità nella regione”. Dura la risposta di Xi, che ha ribadito la sacralità del principio ‘una sola Cina’: “Cercare l'indipendenza di Taiwan vuol dire giocare con il fuoco”, ha affermato senza troppi giri di parole. E ancora: “Se verrà superata la linea rossa dovremo adottare misure decisive”. Un messaggio chiaro, inequivocabile: Taiwan resta il banco di prova nel futuro delle relazioni tra Cina e Stati Uniti. Da inizio ottobre, le sortite di caccia e bombardieri cinesi all'interno della zona di difesa aerea dell'isola hanno superato i livelli di guardia e Washington ha rafforzato la vendita di armi nel quadro del Taiwan Relations Act del 1979, che obbliga gli Usa a garantire all’isola una sufficiente capacità di autodifesa. Così le relazioni tra i due paesi rischiano di scivolare a un nuovo minimo: se Pechino cercherà l’escalation raddoppierà le esercitazioni militari, se farà prevalere la distensione, si accontenterà di raddoppiare solo i toni della propaganda.
Confronto più prevedibile?
Il faccia a faccia tra Xi Jinping e Joe Biden arriva in un momento particolarmente importante, dopo il consolidamento del potere nelle mani del presidente cinese, come testimoniato dal sesto plenum del Pcc a Pechino nei giorni scorsi. Ma – come sottolinea Politico – il tempismo gioca anche a favore di Biden, presentatosi al vertice forte della firma, poche ore prima, di un pacchetto infrastrutturale da 1 trilione di dollari. Tra un anno, nel novembre 2022, Joe Biden affronterà le elezioni di mid-term che decideranno il destino della sua amministrazione, mentre Xi si prepara al XX Congresso del Partito Comunista, per ottenere un terzo, inedito mandato alla guida della Cina. I due presidenti vogliono dimostrare ai propri cittadini di non aver ceduto terreno all’avversario, ma senza rischiare che un’escalation ostacoli la ripresa economica. Entrambi si trovano ad affrontare urgenti questioni interne: Biden è in crollo nei sondaggi a causa dell’inflazione, del coronavirus e del caotico ritiro dall'Afghanistan. Xi si trova ad affrontare la carenza di energia e una crescita che stenta a ripartire. L’ultima cosa che serve ai due capi di stato è una crisi in politica estera. Per questo la volontà comune a entrambe le sponde del Pacifico non è tanto di approdare a soluzioni condivise – oggi difficili da individuare – quanto dirigere i rapporti su binari meno burrascosi e più prevedibili.
Il commento
Di Filippo Fasulo, Osservatorio geoeconomia
Dopo quasi un anno dalle presidenziali americane finalmente Biden e Xi si parlano guardandosi negli occhi, anche se per ora solo virtualmente. L’obiettivo più importante del video summit era proprio quello di ridurre la tensione tra due leader che si erano molto frequentati in passato, ma che ancora non avevano avuto modo di rompere il ghiaccio. Nella chiacchierata sono stati toccati molti dei temi più sensibili, ma ci si è limitati a esporre le reciproche posizioni. Tuttavia, questo è sufficiente, perlomeno nel breve periodo, sulla questione di Taiwan per la quale Biden ha rinnovato la posizione ufficiale in favore della “One China policy” contribuendo a raffreddare le tensioni degli ultimi mesi. È rinnovato anche l’impegno sull’ambiente, anche se Pechino insiste nel considerare la cooperazione in questo ambito vincolata all’andamento generale della relazione Usa-Cina.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)