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Il mondo che verrà 2022

Borders to watch: il Mediterraneo

Matteo Villa
22 Dicembre 2021

I flussi di migranti nel Mediterraneo aumenteranno. Non ci sarà però una vera svolta nelle politiche sull’immigrazione.

 

Sono i primi di novembre. Syed, un giovane migrante del Bangladesh, scende dal ponte della nave di una Ong che poche ore prima aveva attraccato al porto di Messina. A malapena si riesce a distinguere il suo volto tra la massa di 800 migranti presi a bordo, quasi una settimana prima, nel corso di cinque successive operazioni di salvataggio nell’area di ricerca e soccorso libica, che ora sbarcano assieme a lui. È la tappa finale di un viaggio massacrante ma forse per molti di loro non sarà l’ultima.

L’esperienza di Syed con la migrazione è stata tutt’altro che semplice. Attirato in Libia da un’intricata rete di trafficanti professionisti, ha viaggiato in autobus da Sirajgani a Kolkata, in India, poi ha preso un aereo per Nuova Delhi, un altro per Dubai e infine un terzo per il Cairo. Dall’Egitto è stato portato illegalmente in Libia, con la promessa di un lavoro dignitoso. Invece lo hanno rapito, picchiato e hanno chiesto un riscatto. Una volta libero, ha cercato per tre volte di raggiungere l’Europa ma ogni volta è stato fermato e riportato indietro. Finalmente, al quarto tentativo in otto mesi, è riuscito ad arrivare in Italia.

Il 2022 è alle porte e i flussi irregolari nel Mediterraneo centrale stanno di nuovo aumentando. Come Syed, circa 65.000 migranti sono riusciti a raggiungere l’Italia mentre altri 31.000 sono stati intercettati e riportati indietro dalla guardia costiera libica. Nel 2019 erano stati, rispettivamente, solo 11.000 e 9.000. Siamo ancora lontani dai 150.000-200.000 che hanno tentato lo stesso viaggio, ogni anno, tra il 2014 e il 2016, ma di mese in mese potremmo anche avvicinarci a quei numeri.

La pandemia ha avuto un suo ruolo in questo, peggiorando innanzitutto le prospettive economiche e sociopolitiche nei paesi di origine e di transito. In Tunisia, ad esempio, la chiusura dei confini e il collasso del traffico aereo hanno colpito duramente un paese la cui economia dipende in larga misura dal turismo, che rappresenta l’8% del suo Pil e impiega quasi il 10% della forza lavoro a livello nazionale. Contemporaneamente, la pandemia ha “regionalizzato” i flussi, costringendo i migranti a scegliere rotte più brevi ma ancora più pericolose. Dal marzo del 2020 hanno provato ad entrare in Spagna dalle Canarie più di 35.000 migranti, partiti direttamente in nave dai paesi dell’Africa occidentale invece di raggiungere il Marocco e seguire la rotta molto più sicura (ma anche più lunga) attraverso il Mediterraneo occidentale. In questo momento gli sbarchi alle Canarie si avvicinano ai livelli raggiunti in passato solo durante la cosiddetta crisis de los cayucos del 2006.

I paesi UE rispondono all’aumento degli arrivi clandestini dimenticando sempre che la migrazione irregolare non è un concetto astratto ma è fatta di uomini (e donne e bambini) come Syed. Persone il cui viaggio è molto meno prevedibile o evitabile di quanto vorrebbero i governi. Per questo nel 2021 i governi dell’UE hanno inasprito costantemente le misure lungo i confini del Mediterraneo, utilizzando sempre più droni per monitorare il mare aperto o usando cannoni sonori che sparano fino a 160 decibel contro i migranti irregolari. Ci dobbiamo aspettare che questo prosegua anche l’anno prossimo e in quelli successivi.

Malgrado tutto indichi che da soli i deterrenti non faranno sparire i flussi irregolari nel Mediterraneo, nel 2022 a livello di politiche cambierà poco. Il nuovo governo tedesco dovrà sondare le acque prima di affrontare dossier controversi come quello migratorio mentre in Francia, con le elezioni presidenziali in aprile, le dinamiche politiche hanno già indotto Macron a condannare il traffico di migranti e a inasprire contemporaneamente le leggi nazionali in materia di asilo.

Le politiche repressive come queste non sono solo destinate a fallire nel medio termine ma mandano anche nel breve periodo un messaggio preciso a partner difficili lungo i confini europei, nel Mediterraneo e altrove: poche migliaia di arrivi sono sufficienti a far saltare i nervi e a segnare la fine di una carriera politica. Il 2021 ha dimostrato che alcuni governi sono disposti a molto pur di sfruttare questo “vantaggio comparativo”, organizzando addirittura dei veri e propri voli charter per creare una crisi migratoria che in realtà prima non esisteva. Con l’attenuarsi della crisi lungo il confine tra Bielorussia e Polonia bisognerà attendersi che altri paesi si servano dei migranti “disponibili” per punire l’UE per interventi sgraditi o per indicare l’opportunità dei negoziati. Ricordiamo che, prima della Bielorussia, quest’anno c’era stato il caso del Marocco, che aveva spedito 9.000 migranti verso l’enclave spagnola di Ceuta per punire Madrid per la decisione di ricoverare in un ospedale spagnolo il leader del Fronte Polisario, malato di Covid 19.

I flussi aumentano, così come le pressioni politiche, e il Mediterraneo diventa sempre più letale. Si è scritto molto dei 27 migranti che sono morti nel canale della Manica in novembre. Ma sono numeri che impallidiscono rispetto agli almeno 1.655 migranti che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare pericolosamente il Mediterraneo nel 2021. Ma neanche l’aumento dei decessi scoraggia un numero sempre crescente di migranti che vogliono raggiungere l’Europa.

A fronte di tutto questo le alternative legali per entrare in Europa si riducono. Nel 2020, a causa della pandemia, il numero dei nuovi permessi di soggiorno nell’UE è calato del 24 %, il che corrisponde alla cifra enorme di 800.000 migranti. È inevitabile che queste persone cerchino delle vie alternative per entrare nei paesi UE e che alcuni di loro ricorrano a mezzi illegali per riuscirci. Se la Commissione europea è dolorosamente consapevole del problema e ha proposto nel giugno del 2021 dei “partenariati di talenti” tra i paesi di origine e quelli di destinazione, l’idea è stata accolta con poco entusiasmo nella maggior parte delle capitali europee.

Siamo quasi nel 2022 ma nessun governo dell’UE sembra lavorare ai piani necessari per affrontare le migrazioni irregolari, attuali e future, attraverso il Mediterraneo, anche se i flussi tendono ad aumentare da più di un anno. Il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo resta chiuso in un cassetto. In mancanza di alternative percorribili, le due pratiche a cui i governi continuano a ricorrere sono controlli più severi ai confini e una maggiore esternalizzazione della gestione delle frontiere. Questa tendenza proseguirà e i paesi terzi ci osservano. Purtroppo, tra scarsi barlumi di speranza, ai confini del Mediterraneo la migrazione continua a essere più uno strumento utilizzato per ottenere un tornaconto politico che un mezzo di sviluppo.

 

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migrazioni MENA Europa
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AUTORI

Matteo Villa
Senior Research Fellow, ISPI

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