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Un paese diviso

Brasile: Lula dovrà convincere i fedeli evangelici

Federico Nastasi
17 gennaio 2023

Due terzi degli elettori evangelici non crede che Luis Inácio Lula da Silva abbia vinto le elezioni presidenziali brasiliane e approva la possibilità di intervento militare per rimuovere un governo che considera illegittimo. Sono i risultati del sondaggio Atlas/Intel, realizzato dopo l’assalto ai palazzi istituzionali a Brasilia, lo scorso 8 gennaio 2023.Il sondaggio mostra un’enorme distanza tra l’opinione pubblica generale e il segmento evangelico in particolare. La maggioranza dei brasiliani, il 56,4%, riconosce i risultati elettorali, il 67,9% degli evangelici crede invece che l'ex-presidente Jair Bolsonaro abbia ottenuto più voti di Lula, benché non vi siano prove a sostegno di questa tesi.

Il dialogo con il settore evangelico sarà una delle sfide principali del terzo mandato presidenziale di Lula, cheha già governato il Brasile dal 2003 al 2011. Le differenze tra quel periodo e l’oggi sono numerose e note: i prezzi delle materie prime, l’avvento dei social network e la polarizzazione politica, il contesto geopolitico, etc. 

Ma ce n’è una, altrettanto importante, che spesso rimane in secondo piano. Nel 2000, alla vigilia della prima elezione di Lula, gli evangelici rappresentavano il 15.4% della popolazione adulta brasiliana. Oggi una persona su tre si professa evangelica. E nel 2030, secondo le proiezioni del demografo José Eustáquio Alves della Escola Nacional de Ciências Estatísticas do IBGE, gli evangelici saranno il primo gruppo religioso del paese, il 39.8% della popolazione. È una trasformazione radicale per un paese tradizionalmente cattolico, nel quale risiede la comunità cattolica romana più grande al mondo. E l’ascesa evangelica, trainata dalle chiese pentecostali e neopentecostali, si accompagna ad un cambiamento tumultuoso della società brasiliana. Osservare gli evangelici, cercando di andare oltre le semplificazioni che li definiscono ‘talebani della bibbia’, aiuta a capire meglio il Brasile odierno, in quello che è stato definito il ‘decennio evangelico’.

I gruppi evangelici brasiliani, parte della grande famiglia protestante, sono costituiti in gran parte da pentecostali e neopentecostali[1]. Senza pretese di esaustività, possiamo indicare i fondamenti del credo evangelico in:

1.La battaglia spirituale tra Dio e il diavolo. Quest’ultimo è responsabile di quanto di negativo succede nella vita quotidiana. Per parar de sufrir, per smettere di soffrire, bisogna unirsi alla chiesa e allontanarsi così dal dominio del diavolo. I fedeli entrano in contatto diretto con lo Spirito Santo e lo evocano per combattere il male, le persone cattive, le malattie.

2. La teologia della prosperità. Ci si appella a Dio in cerca della prosperità economica, perché si vuole cambiare casa, macchina, lavoro. È un Dio che opera qui e ora, senza rimandare l’appuntamento all’aldilà, contrariamente al Dio dei cattolici.

«Questi due pilastri, lo smettere di soffrire e la teologia della prosperità, sono continuamente veicolati dai mezzi di comunicazione delle chiese, dalla televisione e dal giornale. In entrambi i casi, i problemi che presentano sono individuali e anche le soluzioni. Nel caso della teologia della prosperità, la ricchezza arriva per iniziativa personale e per la volontà di Dio, non per un contesto sociale in ragione dell’economia generale. Inoltre, è molto importante avere una fede d'acciaio, non dubitare. La decima, la donazione, è un vincolo fondamentale per stabilire la relazione con Dio, è come se esistesse un contratto tra il fedele Dio, una fede contrattuale» spiega Tiago Franco de Paula, ricercatore di sociologia della religione al Boston College.

La promessa di migliorare le proprie condizioni di vita sembra essere una chiave per spiegare la crescita di queste chiese. Un terzo dei pentecostali vive in situazione di povertà, con un reddito inferiore al salario minimo. «Coloro che si convertono al culto, migliorano rapidamente le proprie condizioni socioeconomiche e guadagnano in termini di riconoscimento nella società» scrive Juliano Spyer, sociologo autore del libro O Povo de Deus. L’adesione alla chiesa si accompagna con cambiamenti di comportamenti nella vita quotidiana: la fine dell’alcolismo, della violenza domestica, rafforzamento dell’autostima, aumento dei risparmi per la riduzione di spese innecessarie, aumento della disciplina nel lavoro e delle spese familiari per lo studio. È un cambio di 180 gradi che avviene nel giro di poco tempo.

Spyer, che ha svolto ricerca sul campo nella periferia di Salvador, nello Stato di Bahia, racconta che tra le povere case del quartiere fatte di lamiere o di cemento grezzo, quelle degli evangelici, si riconoscevano perché avevano mattoni o erano dipinte. Il cambiamento dunque è visibile, rapido. Le conversioni avvengono anche per emulazione, per imitare il successo del vicino. «Il cristianesimo evangelico non è una solo una categoria religiosa, è un mezzo di costruzione della nuova classe media brasiliana» scrive Spyer. Una nuova classe media culturalmente evangelica con una propensione all’imprenditoria individuale, «all’idealizzazione del mercato contro le inefficienze dello Stato», come scrive il sociologo Jessé Souza. Le chiese sono un welfare state informale che supplisce l’assenza dello Stato e della Chiesa cattolica, soprattutto nelle grandi periferie delle metropoli brasiliane. «Il successo evangelico è sociologico, prima che teologico» ha scritto l’antropologa Clara Mafra.

Come è noto, il culto evangelico non ha un Papa e né una struttura rigida per la formazione del clero o l'apertura delle chiese. Questa agilità organizzativa, che contrasta con le rigidità cattoliche, permette la distruzione creativa dei luoghi di culto in Brasile. Ogni anno aprono e chiudono migliaia di templi, molti dei quali senza affiliazione: “vengono aperte 21 chiese al giorno” segnalava un reportage del giornale O Globo. Ce ne sono dappertutto, nei garage, nei salotti della casa del pastore, nelle capanne delle favelas sorte lungo i fiumi. Le due Chiese più direttamente impegnate in politica sono la Assembleia de Deus, che conta 12 milioni di fedeli (il 29% degli evangelici), secondo i dati del censimento 2010, e la Igreja Universal do Reino de Deus (IURD), con 1.8 milioni di fedeli.

L’Assembleia de Deus non è un’entità unica, ma una rete con oltre 140 aggregazioni nazionali, unite da un credo comune. Mentre la IURD è più simile alla struttura della chiesa cattolica: ha una organizzazione centralizzata, una forma di governo gerarchica e verticale. Il potere si concentra in una sola persona: il vescovo, e fondatore, Edir Macedo. Un magnate dei media e uno dei leader religiosi più ricchi al mondo, secondo Forbes. La IURD ha trasformato il campo evangelico. È stata la prima denominazione evangelica nazionale a ottenere la concessione di un canale televisivo in chiaro, Record TV, il suo settimanale – la Folha Universal - vende due milioni e mezzo di copie. I suoi templi sono sontuosi, come la replica del Tempio di Salomone a San Paolo, una replica del monumento biblico, realizzato con pietre e olivi importati da Israele, costato circa trecento milioni di dollari. Le due chiese costituiscono la base della bancada evangélica nel Congresso, i gruppi parlamentari che portano avanti gli interessi del ‘mondo evangelico’. L’impegno in politica[2] è una novità nella tradizione pentecostale, che fino agli anni ’50 del secolo scorso “rifiutava il mondo”, ovvero non si impegnava nella vita pubblica. Ma dagli anni ’70 circa, pentecostali e neopentecostali, si impegnano attivamente. Edir Macedo ha fatto dell’impegno evangelico in politica uno dei suoi cavalli di battaglia, con lo slogan il “fratello a votare il fratello”. La prima grande vittoria politica del suo gruppo è arrivata nel 2016, con l’elezione del nipote Marcelo Crivella, evangelico creazionista, a sindaco di Rio de Janeiro.

Il caso di Rio de Janeiro mostra un aspetto della cultura evangelica che vale la pena almeno accennare. Durante l’amministrazione Crivella[3], il sindaco evangelico aveva ritirato le sovvenzioni del Comune alle scuole di samba, mettendo in difficoltà la sopravvivenza delle sfilate. Nella cidade maravilhosa si era generato un corto circuito: laddove per anni samba, carnevale e religione, avevano convissuto,i neopentecostali hanno rappresentato una rottura. Molti fedeli hanno dovuto rinunciare alla partecipazione alle scuole di samba e al carnevale, giudicate come profane per il legame con le religioni afrobrasiliane. Più recentemente un’altra grande passione brasiliana è stata messa in discussione: il calcio. Proprio durante il mondiale di calcio in Qatar 2022, le comunità evangeliche si sono interrogate “il calcio è peccato?”. In rete si rintracciano messaggi dei pastori che spiegano che il calcio in sé non è un peccato, mentre gli eccessi a esso relazionati – come il fanatismo o le scommesse – lo sono. Più del contenuto di questi messaggi, è interessante notare quanto per alcuni fedeli sia grande la paura del peccato e come i pastori svolgano un ruolo pedagogico che tocca anche gli aspetti più innocui della vita quotidiana. «I pentecostali tendono a percepire il loro posto nella società sulla base di un'opposizione binaria tra "mondo" e "chiesa". Il mondo, governato dal Diavolo, è lo spazio del peccato, del Male. Mentre Dio governa la 'chiesa'. In un mondo ostile, complesso, dove la velocità del cambiamento è tremenda, la chiave binaria pentecostale è efficiente e rassicurante» scrive il professor Marcos Alvito, del Dipartimento di Storia dell'UFF.

L’influenza evangelica nel dibattito pubblico e nella vita dello Stato è cresciuta negli ultimi anni. In particolare, nel biennio 2013-2014 lo scenario politico brasiliano è cambiato profondamente: fu allora che il governo del PT di Dilma Rousseff deragliò, l’economia entrò in crisi e la protesta antigovernativa dilagò. Poi arrivarono gli scandali di Lava Jato. Dalle macerie del terremoto giudiziario si erse Jair Bolsonaro. Bolsonaro è riuscito a spostare il dibattito pubblico sul campo morale, sulle guerre culturali, sull’aborto, la corruzione, la famiglia. E così è arrivato a vincere, un po’ a sorpresa, le elezioni del 2018. In questa trasformazione, le posizioni evangeliche fondamentaliste hanno fatto la parte del leone, sia in termini elettorali che culturali. Con la presidenza Bolsonaro, gli evangelici ottennero tre Ministeri di primo piano e due posizioni nel Supremo Tribunale Federale. Uno dei consiglieri politici di Bolsonaro è un pastore ultraconservatore, Silas Malafaia, a capo della chiesa Assembleia de Deus Vitória em Cristo.

A livello elettorale, alle ultime elezioni, la bancada ha confermato il suo peso, eleggendo 102 deputati federali e 13 senatori, il 20% della Camera e il 16% del Senato. Il Partito repubblicano brasiliano, presieduto dal vescovo e deputato Marcos Pereira, riferimento della Igreja Universal, ha sostenuto la rielezione di Bolsonaro ed esprime politici di primo piano, come la senatrice Damares Alves e Tarciso de Freitas, governatore dello Stato di San Paolo. Tradizionalmente, la maggioranza del mondo evangelico ha contrastato il PT, Partito dei Lavoratori, e Lula, soprattutto negli anni ’90. Ma durante il lungo ciclo di governo PT (2003-2016) i dirigenti delle chiese hanno dialogato e in alcuni momenti collaborato con il governo federale, anche perché il boom economico brasiliano (tra il 2003 e il 2013, l’economia è cresciuta del 41%) serviva a supportare il concetto di teologia della prosperità.

Ma adesso, cosa ci si può aspettare dalla relazione tra il governo Lula e il mondo evangelico? Macedo si è affrettato a riconoscere la vittoria di Lula e lo ha perdonato per “i peccati commessi in passato”. L’opportunismo politico di Macedo è una costante della IURD, che le ha permesso rimanere a galla in tutti i contesti politici. Lo stesso PR ha quasi subito abbandonato i toni radicali del bolsonarismo e si è detto disposto a lavorare col nuovo governo. Il pragmatismo di queste posizioni stride con il radicalismo vissuto nei quattro anni del bolsonarismo e la demonizzazione della figura di Lula. D’altra parte, il mondo evangelico è ampio, esiste un settore non reazionario che potrebbe rafforzare le proprie posizioni, sia a livello teologico che politico, anche grazie ai politici evangelici che sono stati eletti nel campo della sinistra e guadagnare spazio rispetto ai gruppi fondamentalisti.

Nel campo del PT non sembra si voglia dimenticare in fretta la campagna diffamatoria con la quale è stato attaccato Lula (i leader ultraconservatori avevano diffuso la fake news secondo la quale Lula avrebbe chiuso le chiese una volta giunto al potere), probabilmente si proverà a frenare l’incursione evangelica nei poteri dello Stato. D’altra parte, le politiche del PT non sembrano voler mettere in discussione temi ultrasensibili nel mondo evangelico, come l’aborto. Quando Lula l’ha fatto, ha poi dovuto fare marcia indietro. Il fondamentalismo evangelico, che in Bolsonaro aveva trovato un alfiere, ha contribuito alla polarizzazione del dibattito pubblico e alla diffusione di fake news. Una delle sfide di Lula sarà quella di riconciliare un paese diviso e polarizzato, per farlo dovrà riuscire a convincere gli elettori evangelici, che alle ultime elezioni nuovamente hanno preferito in grande maggioranza Bolsonaro e oggi disconoscono il legittimo presidente. Non sarà facile, ma è indispensabile riuscirci per poter pacificare un paese diviso.


[1] I lavori di Ricardo Mariano, professore di sociologia presso la Universidade de São Paulo, sono uno dei principali riferimenti sull’argomento.

[2] Per una panoramica sull’influenza delle chiese pentecostali e neopentecostali nella politica in Brasile, si veda ‘Appunti sul protagonismo politico di aggregazioni pentecostali e neopentecostali e istigazione all’odio in Brasile’, di Teresa Isenburg, http://www.latinoamerica-online.it/contributi/brasile/evangelici.pdf

[3] Crivella, vescovo della IURD ha ricoperto molte cariche politiche, è stato ministro e senatore. Il 22 dicembre 2020 è stato arrestato mentre stava terminando il suo mandato di sindaco di Rio de Janeiro con accuse di malgoverno, irregolarità̀ amministrative e forme di abuso di potere.

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AUTORI

Federico Nastasi
Giornalista freelance

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