Brasile: Planalto come Capitol Hill | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
L'assalto alle istituzioni

Brasile: Planalto come Capitol Hill

09 gennaio 2023

Democrazia sotto attacco parte seconda. Dopo gli Usa anche il Brasile assiste sgomento all’assalto delle istituzioni democratiche. Lula: “responsabili saranno individuati e arrestati”.  

 

Sono già diverse centinaia le persone arrestate all’indomani dell’assalto ai palazzi del potere di Brasilia da parte di manifestanti dell’estrema destra e sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro, sconfitto alle ultime elezioni dall’attuale presidente Luiz Ignacio Lula da Silva. Una folla di migliaia di persone – con modalità simili a quelle viste il 6 gennaio di due anni fa a Capitol Hill a Washington – hanno sfondato le barriere di sicurezza del palazzo presidenziale di Planalto, della Corte Suprema e del Congresso, vandalizzandone gli uffici. Solo dopo ore di scontri la polizia è riuscita ad allontanare i manifestanti. Un attacco da parte di “fanatici, vandali e fascisti” contro le istituzioni democratiche, lo ha definito il presidente Lula da Silva che al momento dell’assalto non si trovava a Brasilia, assicurando che i “terroristi” saranno individuati e puniti. Il bilancio è di almeno 46 feriti, di cui sei gravi. Condanne per l’accaduto e attestati di solidarietà alle istituzioni brasiliane sono rapidamente arrivati dai governi di numerosi paesi, mentre lo stesso ex presidente Bolsonaro ha espresso la sua disapprovazione:  “Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia – ha scritto su Twitter – i  saccheggi e le irruzioni di edifici pubblici come quelli di oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali”. Dal suo ‘buen retiro’ a Orlando, in Florida, dove si è rifugiato alla fine dell’anno saltando anche la cerimonia del passaggio dei poteri, Bolsonaro ha respinto le accuse attribuitegli dal neopresidente Lula da Silva: “Durante tutto il mio mandato – ha sottolineato – sono sempre stato nel perimetro della Costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà”.

Il commento di Paolo Magri, Vice Presidente Esecutivo ISPI

 

  

Negligenza o complicità?

All’indomani dell’attacco al cuore della democrazia brasiliana, il paese è sotto shock e le autorità valutano i danni. Ma, ancor più importante, si sta cercando di capire cosa sia effettivamente accaduto: l’area travolta dai manifestanti era stata isolata dalle autorità. Ma i ‘bolsonaristi’, molti dei quali indossavano la bandiera carioca, un simbolo del paese di cui i sostenitori dell’ex presidente che contestano la vittoria elettorale di Lula si sono appropriati, sono riusciti a sfondare i cordoni di sicurezza. E stamattina a Brasilia, l'esercito e la polizia militare hanno sgomberato più di 1200 persone dall’accampamento allestito dai fan di Bolsonaro nei pressi del quartier generale dell’Esercito. I bolsonaristi erano accampati lì da oltre 60 giorni e l’intenzione delle autorità è di verificare quanti fra loro abbiano partecipato all'assalto delle sedi istituzionali avvenuto ieri. Intanto il giudice della Corte Suprema Federale Alexandre de Moraes ha ordinato la rimozione del governatore del Distretto federale di Brasilia Ibaneis Rocha per un periodo di 90 giorni. “La violenta escalation di atti criminali può essersi verificata solo con il consenso e il coinvolgimento diretto delle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence” ha affermato Moraes secondo cui il governatore ha ignorato tutte le richieste di rafforzamento della sicurezza avanzate da varie autorità. Allo stesso modo, Lula ha affermato che i vertici delle forze dell’ordine della capitale hanno mostrato “incompetenza, malafede o connivenza” con i rivoltosi. I disordini, tuttavia, non hanno interessato solo la capitale, e ancora oggi proseguono i blocchi su strade e autostrade in almeno quattro stati tra cui San Paolo e Mato Grosso. 

 

 

Incoraggiati dai militari?

Quanto accaduto ieri non è responsabilità delle forze armate brasiliane, ma il sostegno manifestato tra le fila dei militari all’agenda Bolsonaro negli ultimi anni, rende legittimi gli interrogativi che in queste ore affollano la stampa. Secondo Rafael Ioris, esperto di politica brasiliana e docente all’Università di Denver – dietro le proteste “ci sono finanziatori, come grandi proprietari terrieri e gruppi imprenditoriali che hanno contribuito a pagare l’arrivo di pullman carichi di migliaia di sostenitori di Bolsonaro nella capitale”. E poi, c’è il ruolo dei militari: “Era la polizia militare ad avere il compito di tenere sotto controllo le manifestazioni. La speranza dei manifestanti era che i vertici delle forze armate – molti dei quali avevano guardato con simpatia ai sit-in di protesta allestiti vicino alle caserme di tutto il paese – decidessero di intervenire un per ribaltare quella che ritengono essere un’elezione fraudolenta”. Il Brasile ha una lunga storia di interventi armati nella vita politica del paese e l’ultimo colpo di stato militare risale al 1964. Naturalmente, le circostanze ora sono diverse ma Bolsonaro, militare in congedo, ha coltivato stretti legami con l’esercito nominando alcuni generali in posizioni chiave di governo. Inoltre, si stima che negli ultimi otto anni circa 6000 militari attivi abbiano ottenuto posti di lavoro nella pubblica amministrazione del governo. Alcuni generali della Marina e dell'Aeronautica in particolare hanno apertamente sostenuto le proteste definendo “legittime” le manifestazioni che chiedevano l'intervento militare. “Penso che sia legittimo dire che segmenti dell’esercito brasiliano incoraggiavano quanto accaduto ieri a Brasilia” osserva Ioris in un’intervista.

 

Trump fa scuola?

All’indomani dell’assalto, il presidente Lula da Silva ha convocato una riunione di emergenza di tutti i governatori e i ministri del paese. I dimostranti ed eventuali ‘istigatori’ potrebbero essere accusati di terrorismo con pene fino a trent’anni di carcere. Poi si dovrà affrontare la questione relativa al ruolo svolto in tutto ciò da Jair Bolsonaro. Dalla Florida, l’ex presidente ha blandamente condannato gli eventi di ieri ma su di lui gravano gli stessi sospetti che aleggiano intorno a Trump per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. E tra i Democratici c’è già chi chiede che venga espulso dal paese. Si vedrà. Per ora il presidente Lula da Silva si ritrova alla guida di un paese profondamente diviso, in cui una parte dell’elettorato non riconosce la sua legittimità. La sua capacità di governare dipenderà anche dall’atteggiamento dei sostenitori di Bolsonaro che occupano posizioni di rilievo, dal Congresso alle cariche di governatori regionali. Come osserva Emiliano Guanella, “in Brasile le polizie militari dipendono dai governatori dei singoli stati, molti di loro sono retti da alleati di Bolsonaro, da tempo tra gli agenti vi sono molti simpatizzanti del leader di destra. Se la polizia non interviene qualsiasi manifestazione può diventare un grande pericolo per l’ordine pubblico, arrivando a colpire addirittura i vertici dei tre poteri. Se agli occhi dell’opinione pubblica lo sfregio dei Palazzi è sembrato eccesivo e fuori luogo, la minoranza violenta e rumorosa ha dimostrato di essere pronta a tutto pur di rendere difficile la vita al governo di sinistra”.

 

***

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications.

Ti potrebbero interessare anche:

Fake news sulla moneta comune
Antonella Mori
ISPI e Università Bocconi
Una moneta comune per il Sudamerica?
Emiliano Guanella
CORRISPONDENTE DA SAN PAOLO (RSI - TV SVIZZERA E LA STAMPA) E ANALISTA POLITICO
Rivolte in Perù: lo Stato contro il popolo?
Perù: la marcia su Lima
Brasile: Lula dovrà convincere i fedeli evangelici
Federico Nastasi
Giornalista freelance
Podcast Globally: Brasile, le conseguenze dell'assalto alle istituzioni

Tags

Brasile Luiz Inácio Lula da Silva jair bolsonaro America Latina
Versione stampabile

Iscriviti alla Newsletter Daily Focus

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157