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Commentary

Brasile: tutti i costi della pandemia

Emiliano Guanella
30 settembre 2020

Nel suo discorso davanti alle Nazioni Unite del 23 settembre il presidente del Brasile Jair Bolsonaro ha riaffermato quello che sostiene dall’inizio della pandemia di COVID-19. “Ho sempre detto che nel mio Paese avremmo avuto due problemi e che avremmo dovuto affrontarli in maniera simultanea: le morti per il virus e la disoccupazione”. Bolsonaro ha ricordato che la Corte Suprema (STF) ha stabilito già a marzo la competenza e autonomia di governatori e sindaci sulle misure di isolamento sociale per prevenire i contagi.

Definito come un “negazionista” del COVID-19 il presidente è sempre stato contrario a tali provvedimenti, che hanno di fatto paralizzato diverse città brasiliane per più di tre mesi. Senza una chiusura totale sul piano federale (non sono mai stati chiusi i voli internazionali) e con alcuni lockdown a livello locale, il Brasile è diventato rapidamente epicentro mondale del virus. Da giugno è il secondo Paese al mondo più colpito dietro gli Stati Uniti, con il 15% dei decessi e dei casi registrati in tutto il mondo; a fine settembre si contano 150mila morti e quasi 5 milioni di infettati.

 

Le difficoltà economiche del gigante

Come altrove, la pandemia ha provocato una pesante crisi economica che si riflette in una contrazione del Pil 2020 che si prevede oscilli tra il 5,5% (Banca centrale) o le stime più pessimiste della Banca Mondiale (- 8%) o del FMI (-9%). Una crisi che arrivata sulla scia di una recessione che era già in atto. Nel 2019 il Pil brasiliano è cresciuto solo dell’1,1% (il più basso degli ultimi tre anni) e nel primo trimestre del 2020 era già in picchiata a -1,5%.

La paralisi delle attività produttive ha riguardato soprattutto i settori dell’industria, che già veniva soffrendo una consistente flessione nella domanda, del turismo e dei servizi, mentre è cresciuto l’agro business. La produzione di soia ha segnato un nuovo record con 125 milioni di tonnellate e il primato mondiale nelle esportazioni, grazie soprattutto alla forte domanda cinese, che copre il 75% del totale. Anche la produzione di carne bovina e di pollo è cresciuta e anche qui la Cina ha giocato un ruolo importante. La guerra commerciale tra Washington e Pechino ha in effetti favorito il Brasile, che oggi, come ha ricordato anche Bolsonaro nel suo intervento preregistrato per le Nazioni Unite, è un leader mondiale nella produzione di alimenti. “Diamo da mangiare a un sesto della popolazione mondiale, più di un miliardo di persone”.

Ma l’economia brasiliana non è fatta solo di soia e carne: nel settore industriale e nel terziario la pandemia ha lasciato il segno. A fine agosto i disoccupati sono 29 milioni (dati IBGE), 3 milioni in più rispetto a maggio, toccando il record del 13,6% rispetto alla totalità della forza lavoro. A soffrire ancora di più è stato il lavoro informale, ampliamente diffuso. Con le misure di lockdown almeno trenta milioni di brasiliani si sono trovati nel giro di pochi giorni senza un ingresso nel mondo del lavoro; l’economia sommersa fatta di 5,6 milioni di impiegate (domestiche oltre a braccianti, muratori, camerieri che vivono alla giornata e senza nessuna copertura sociale) ha pagato il prezzo più alto.

Su questo fronte il governo federale ha avuto il merito di agire rapidamente con un programma di aiuti straordinari basato su un sussidio mensile (auxilio emergencial ) di 600 reais, circa 100 euro, per oltre 60 milioni di brasiliani da maggio ad agosto. Un grande sforzo logistico e finanziario, costato allo Stato 8 miliardi di euro al mese. Secondo uno studio dell’IPEA per 4,4 milioni di famiglie brasiliane è stata questa l’unica fonte di reddito durante la pandemia. Il governo ha mantenuto il sussidio fino alla fine dell’anno, dimezzandone però l’importo a 300 reais mensili. Resta un aiuto importante, anche se a causa del recente aumento del prezzo di alcuni alimenti come riso, fagioli o olio, l’importo non basta più per coprire una ammontare basico mensile di sussistenza.

Per molti analisti l’auxilio emergencial è stata una mossa politica molto azzeccata da parte di Bolsonaro, che non a caso ha visto aumentare la sua popolarità proprio nelle regioni più povere del Nord-Est, che negli ultimi 17 anni hanno votato a sinistra. Se si votasse oggi, anche lì Bolsonaro sarebbe facilmente rieletto, indipendentemente dall’avversario. Il problema, piuttosto, è come garantire il mantenimento di questo aiuto anche per i prossimi due anni di mandato. Bolsonaro ha ipotizzato la creazione di un nuovo programma di assistenza sociale, la “Renda Brasil”, che andrebbe a sostituire sia il navigato Bolsa Familia che una dozzina di altri piani minori. Su questo punto si è scontrato più volte con l’agenda liberista del suo ministro d’economia Paulo Guedes, poco propenso all’idea di un nuovo Stato assistenzialista dopo quello dei governi del Partito dei lavoratori.

La pandemia potrebbe frenare anche i progetti di privatizzazione delle grandi imprese statali (Correios, Banco do Brasil, Caixa Federal, Petrobras) pensati da Guedes: potrebbe essere infatti troppo alto il costo politico di centinaia di migliaia di licenziamenti nel settore pubblico a meno di due anni dalle prossime elezioni. Il mercato finanziario si aspetta per il 2021 una crescita intorno al 3,5%, considerando il fatto che la borsa di San Paolo, come altre, ha saputo avviare un rally in attivo dopo il tonfo di marzo-aprile. La diminuzione ai minimi storici del tasso di interesse della Banca Centrale (SELIC) può servire a ridare un certo dinamismo all’economia, considerando anche che ci si aspetta un adeguamento al ribasso dei tassi di mutui e prestiti per privati e imprese da parte delle principali banche.

 

La ripresa è possibile

Il 2020 dovrebbe chiudersi con un surplus commerciale di 55 miliardi di dollari e un volume di investimenti diretti stranieri intorno ai 60 miliardi di dollari. Con un Real scambiato a 5-5,30 sul dollaro investire in Brasile può continuare a essere una buona opportunità, sempre se si è disposti a pensare sul lungo periodo. Si tratta, vale ricordarlo, di un Paese giovane e profondamente digitale; grandi catene di distribuzione stanno passando rapidamente al commercio elettronico, che potrebbe dare buoni risultati in futuro, sempre che esistano delle politiche concrete di sostegno al consumo. Il settore fintech, l’alta precisione e le infrastrutture sono aperti a nuove partecipazioni e anche un mercato oggi in profonda crisi come il trasporto aereo potrebbe essere avvantaggiato da una deregulation che tolga le barriere protezionistiche che ancora lo regolano.

Molto, però, dipenderà dalle scelte del governo e dagli equilibri geopolitici internazionali. La forte opposizione di alcuni leader europei, Macron in primis, alla politica ambientale di Bolsonaro potrebbe congelare l’accordo di libero scambio tra Mercosur e Unione Europea e questo sarebbe fatale soprattutto per il settore dei servizi. I prossimi due anni saranno quindi decisivi per capire se il gigante sudamericano sarà in grado di fare di questa crisi un’opportunità di rilancio in un’ottica di modernizzazione e apertura nell’incerto mondo post-pandemia. In caso contrario, il Paese è destinato a tornare a occupare un ruolo secondario, ricadendo nell’instabilità e conflittualità vista nel suo recente passato.  

 

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AUTORI

Emiliano Guanella
Corrispondente da San Paolo, RSI-TV Svizzera e La Stampa

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