Bruxelles contro Budapest
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Executive Education
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Executive Education
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Daily focus

Bruxelles contro Budapest

07 luglio 2021

Nel giorno in cui in Ungheria entra in vigore la legge che vieta la “propaganda LGBT”, dal parlamento europeo si invoca il congelamento dei fondi del recovery destinati a Budapest.

La legge ungherese che vieta la diffusione di informazioni e pubblicazioni sull’omosessualità o sul cambio di sesso è entrata in vigore oggi. Contemporaneamente, alcuni deputati del parlamento europeo chiedono alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen che vengano congelati i 7 miliardi di euro del Next Generation EU di cui Budapest sarebbe destinataria. Le due cose sono tra loro indipendenti ma sono entrambe riconducibili alla prassi politica del governo ungherese. La richiesta di bloccare i fondi UE è dovuta al sospetto che questi finiscano nella fitta rete clientelistica del premier ungherese Viktor Orban. Bruxelles chiede quindi garanzie sullo stato di diritto ungherese. Da Budapest la ministra della Giustizia Judit Varga rassicura: “Il piano di ripresa ungherese non è stato rigettato. Siamo aperti a un dialogo costruttivo con la Commissione”. I dubbi sulla destinazione finale dei fondi UE sono precedenti alla cosiddetta “legge anti-LGBT” e fondati su passate esperienze che mostrerebbero quanto sia endemica la corruzione in Ungheria. Tuttavia, entrambi i casi hanno fatto crescere l’indignazione verso il primo ministro magiaro nonché la contrapposizione politica interna all’UE.

 

Una legge discriminatoria?

Il provvedimento entrato in vigore oggi in Ungheria è stato definito dai media come “legge anti-LGBT”, ma si tratta di una definizione incompleta. La legge non impedisce le unioni civili per persone dello stesso sesso, che in Ungheria sono ancora legali, ma piuttosto che i programmi di educazione sessuale contengano testi, film o altri materiali che diffondono informazioni sull’omosessualità e sul cambio di sesso. Inoltre, anche se non è ancora chiaro, è possibile che nella pratica il nuovo provvedimento imponga che film, documentari o serie TV contenenti riferimenti al mondo LGBT – un ventaglio molto ampio che potrebbe includere film come Philadelphia e serie come Modern Family – possano essere trasmessi solo dopo le ore 22. Secondo diverse organizzazioni della società civile si tratta quindi di una legge che viola innanzitutto i diritti dei bambini poiché priva gli alunni delle scuole di un’educazione sessuale completa nonché di un’istruzione che garantisca a bambine e bambini il diritto a un’informazione e ad un apprendimento inclusivi. Per il governo di Budapest, invece, la legge vuole tutelare il diritto esclusivo dei genitori all’educazione sessuale dei propri figli.
Inoltre, l’adozione della legge – approvata quasi all’unanimità (157 voti favorevoli e un solo contrario) – è stata accompagnata da una retorica che paragona omosessualità e transessualità alla pedofilia. Molte associazioni per i diritti umani paragonano la nuova legge ungherese a quella adottata in Russia nel 2013 per vietare “la propaganda gay”. Quel che è certo è che oggi Budapest si è ulteriormente allontanata dal sistema di valori condivisi all’interno dell’Unione Europea.

Bruxelles chiude i rubinetti?

“Per quanto riguarda le legge ungherese in sé per sé, i commissari [Didier] Reynders e [Thierry] Breton hanno scritto all'autorità ungherese per esprimere loro le nostre preoccupazioni giuridiche. Se l'Ungheria non aggiusterà il tiro la commissione utilizzerà i poteri ad essa conferiti in qualità di garante dei trattati”. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen non usa mezzi termini e minaccia di aprire un’altra procedura d’infrazione contro Budapest, mentre il parlamento europeo dovrebbe riunirsi domani 8 luglio per adottare una risoluzione di condanna contro la legge discriminatoria. Ma i problemi per Viktor Orban potrebbero non limitarsi a questo. Un gruppo di parlamentari europei della commissione controllo bilanci sta facendo pressioni sulla Commissione affinché vengano congelati i fondi del Next Generation EU destinati all’Ungheria per “gravi violazioni dello stato di diritto”. La tesi dei parlamentari si basa su un rapporto redatto da tre accademici che evidenzia la mancata trasparenza nella gestione dei fondi comunitari, oltre che la mancanza di indipendenza nel sistema giudiziario ungherese, citando diversi esempi di progetti i cui finanziamenti risultano anomali o ingiustificati.Nonostante la ministra della Giustizia ungherese Judit Varga abbia dichiarato che sia in corso un dialogo costruttivo con la Commissione, per Orban il congelamento dei fondi potrebbe smascherare la rete clientelare con cui, proprio grazie ai finanziamenti UE, ha costruito parte della propria fortuna politica.

La continua ricerca dello scontro?

La convergenza dei due distinti casi che viaggiano in parallelo per colpire Budapest rischia di alimentare ulteriormente lo scontro tra l’Unione Europea e il premier Orban. La procedura d’infrazione porta via tempo e, anche nei casi di condanna e successiva modifica della legge contestata, raramente si è mostrata efficace a scalfire la deriva autoritaria di Budapest. In altre parole, è difficile che l’infrazione fermi l’approccio del governo di Budapest, sempre più baluardo di quella destra nazionalista che dall’interno dell’Unione si contrappone alle democrazie liberali. Paradossalmente, quindi, più l’UE reagisce alle leggi liberticide ungheresi e più Orban sembra trarne vantaggio politico, giocando sul vittimismo della sindrome di accerchiamento.
Dall’altro lato, invece, un eventuale congelamento dei fondi che spettano all’Ungheria rischierebbe persino di danneggiare l’immagine dell’Unione Europea, che potrebbe facilmente essere accusata di aver abbandonato l’economia ungherese nel momento della ripresa economica del continente dopo la pandemia, sebbene l’UE agisca nel rispetto dello stato di diritto. E anche in questo caso, Orban potrebbe giovarne politicamente alimentando la retorica dell’accanimento dell’UE contro il paese magiaro.

 

Il commento

Di Giorgio Fruscione, ISPI Research Fellow

Quello dell’Unione Europea con l’Ungheria è un dilemma difficile da risolvere fintanto che governa Orban. Da un lato l’esigenza di tutelare lo stato di diritto, dall’altro la mancanza di uno strumento che ne imponga efficacemente il rispetto nel lungo periodo. Il reiterarsi delle procedure di infrazione contro l’Ungheria ha fatto sì che il governo di Orban ne esca ogni volta più forte. È una strategia consolidata nel tempo: si apre la procedura d’infrazione, passano degli anni, Budapest viene condannata e cambia la legge, ma in ogni caso il governo ne esce rafforzato perché è abile a porsi come unico difensore degli interessi nazionali in contrapposizione a fantomatiche intromissioni delle democrazie liberali.

 

* * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

Ti potrebbero interessare anche:

Speciale Ucraina: la guerra al confine
Europa: decrescita infelice?
Speciale Ucraina: Controffensiva a Kharkiv
Da Draghi a Biden, la pace che verrà
Ugo Tramballi
ISPI Senior Advisor
Tassi: la tempesta è arrivata
Lorenzo Borga
Sky Tg24
Euro, allarme import
Cinzia Guerrieri
SACE

Tags

Ungheria Viktor Orbán Europa
Versione stampabile

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157