Bernie Sanders si fa da parte: "Ma il movimento continua". Sarà dunque Joe Biden a sfidare Donald Trump alle presidenziali di novembre. Ma ancor più del vice di Obama, il presidente americano teme gli effetti del coronavirus su economia e posti di lavoro.
Alla fine Bernie Sanders ha ceduto. Con un video messaggio indirizzato alla sua base ha annunciato la sospensione della campagna per le primarie democratiche e aperto all’ipotesi di un sostegno a Joe Biden contro Donald Trump nelle elezioni di novembre. “Anche se stiamo vincendo la battaglia ideologica, e stiamo ottenendo il sostegno di così tanti giovani e lavoratori in tutto il paese, ho concluso che questa battaglia per la nomina democratica non avrà successo”, ha detto Sanders in un annuncio video trasmesso in streaming da casa sua, dopo aver comunicato la decisione al suo comitato e staff. Il senatore del Vermont ha ammesso che, con un distacco di oltre 300 delegati che lo separa dall’ex vicepresidente Biden “la corsa per la nomination è ormai fuori dalla nostra portata”. Allo stato attuale Biden ha dalla sua circa 1.200 delegati e Sanders circa 900. La nomination del partito viene assicurata con almeno 1.991 delegati. “Se credessi di potercela fare - ha detto - continuerei sicuramente la campagna. Ma non è così”. Un messaggio chiaro all’ala più dura dei suoi sostenitori, che avrebbero voluto vederlo combattere fino all’ultimo delegato per la Convention di Milwaukee in agosto. “Joe Biden sarà il candidato” ha aggiunto. “È una persona perbene ed è una persona con cui lavorerò. Insieme sconfiggeremo Donald Trump”.
Scelta inevitabile?
L’annuncio della sospensione della campagna di Sanders arriva all’indomani del voto per le primarie in Wisconsin. Un’elezione che, nel pieno della pandemia da Coronavirus, i democratici avevano chiesto di rinviare. A convalidare l’appuntamento però, sono intervenuti i giudici conservatori della Corte Suprema. Oggi, a dati non ancora ufficiali, sembra che le urne riservino una nuova debacle per l’aspirante sfidante dem, la cui corsa partita in discesa, si era arenata appena dopo il Super Tuesday dello scorso 3 marzo. La data, uno spartiacque nella campagna delle primarie dem 2020, aveva segnato in contemporanea l’inizio della clamorosa rimonta di Biden.
La rivoluzione continua?
Visibilmente emozionato, il senatore del Vermont si è congratulato con Biden, ma non gli ha lasciato del tutto campo libero. Il nome Sanders, ha dichiarato, “rimarrà sulle schede degli stati che non hanno ancora votato” e i voti (e delegati) che raccoglierà saranno utilizzati “per esercitare un’influenza significativa” sul Partito Democratico alla Convention di questa estate. “A quel punto” (e non prima sembra voler dire Sanders) andremo insieme uniti, per sconfiggere Donald Trump, il presidente più pericoloso della storia americana moderna”. Stavolta, a differenza del 2016, Sanders si è ritirato in buon ordine rinunciando a un duello che avrebbe impedito all’ex vice di Obama di arrivare alla Convention con la nomination in pugno. Ma userà tutte le frecce al suo arco per imprimere al partito una svolta in favore dei suoi ‘cavalli di battaglia’ (riforma della sanità, università statali gratuite e lotta alla diseguaglianza, salari minimi, green deal e tassazione di grandi imprese e patrimoni).
Sarà Biden-Trump?
Sarà quindi Joe Biden a sfidare Donald Trump alle elezioni presidenziali di novembre. Ma per avere qualche chance di vittoria dovrà riuscire a conquistarsi il voto dei democratici più liberal, dei giovani e di tutti coloro che vedono in lui l’incarnazione dell’establishment profondo del Partito Democratico. Non è un caso che, dopo aver presentato l’onore delle armi a Bernie Sanders, le sue prime parole, rivolte alla sua parte di elettorato, siano state: “Vi vedo, vi sento e capisco l'urgenza di ciò che dobbiamo fare in questo paese. Spero che vi unirete a noi. Siete più che benvenuti. Siete fondamentali”.
Sulle elezioni l’incognita coronavirus?
Finite, di fatto, le primarie dem, la campagna per le presidenziali di novembre comincia oggi. Per Biden, che comunica via Skype dal salotto di casa sua nel Delaware non sarà facile braccare Donald Trump, che ogni pomeriggio dalla sala stampa della Casa Bianca aggiorna l’America e il mondo sullo stato dell’epidemia nel paese. Ma se l’avvento del coronavirus - che negli Usa ha provocato già quasi mezzo milione di contagi e oltre 14mila vittime - ha di fatto oscurato la campagna elettorale, i suoi contraccolpi non tardano a mostrarsi: i dati sull’occupazione diffusi oggi, rivelano che nell’ultima settimana il numero di disoccupati negli Stati Uniti è cresciuto a tassi record: 6.6 milioni. Significa che nelle ultime 3 settimane si sono persi complessivamente 16,8 milioni di posti di lavoro. E che neanche il presidente può dormire sonni tranquilli.
Il commento
Di Paolo Magri, Direttore ISPI
“Il ritiro di Sanders non ci coglie certo di sorpresa. I risultati nelle ultime primarie che si sono tenute e soprattutto il lockdown su quelle che avrebbero dovuto tenersi, lo avevano privato di ogni possibilità di rimonta. Esce ora, con dignità; paradossalmente proprio quando uno dei suoi temi elettorali - la sanità per tutti - diventa il tema di tutta l’America impaurita dall’epidemia. La domanda ora è: i suoi elettori si compatteranno con quelli di Biden per sconfiggere Trump, la “questione di vita o morte” alla quale Sanders ha fatto più volte riferimento nei suoi ultimi giorni da candidato?”.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)