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Blog @Slownews

Cara Europa, vittima di noi europei

Ugo Tramballi
13 ottobre 2017

Nella ricerca del responsabile del caos catalano, puntualmente molti commentatori e una buona parte dell’opinione pubblica hanno indicato il solito ignoto: l’Europa. Cioè la Ue.

Le Primavere arabe? Colpa dell’Unione. Il monumentale debito pubblico italiano? La responsabilità è di Bruxelles che non ci permette di sforare, non nostra che vorremmo continuare a vivere al di sopra dei nostri mezzi. Kim Jong Un fa il matto ma l’Europa dov’è? Putin in armi invade l’Ucraina orientale e mette in galera gli oppositori (quando non li elimina) ma è colpa dell’Europa che ha deciso le sanzioni economiche.

L’Italia è stata lasciata sola ad affrontare l’ondata dei migranti? Ancora colpa della Ue…Beh si, in questo caso è davvero colpa sua, sebbene l’Italia abbia sempre avuto politiche emergenziali e mai un serio programma di accoglienza e/o respingimento.

Nessuno, nemmeno a Bruxelles, sosterrebbe che l’Unione va bene così com’è. Ma non è nemmeno la sentina di tutti i mali che apriamo quando non sappiamo di cosa stiamo parlando o vogliamo fare un po’ di populismo: "aridatece baffone", "piove, governo ladro", "eh l’Europa".

Così se Mariano Rajoy e Carles Puigdemont (più il secondo del primo) portano la Spagna e la Catalogna sull’orlo dell’abisso, ecco la sentenza: la Ue si sta disfacendo, doveva nascere un’Europa unita ed ecco che si sta creando quella delle tribù. Ma quando mai. Le mille tribù del continente non hanno mai avuto un approdo, un luogo dove dipanare le loro peculiarità così sicuro come l’Unione europea. Lo sanno e la cercano. I catalani indipendentisti non respingono l’Europa, la invocano. Non sapevano – perché i loro dolosi pifferai glielo hanno tenuto nascosto – che uscire dalla Spagna avrebbe significato anche uscire dalla Ue e ricominciare un lungo inter di ammissione, mettendosi in coda dietro al Kosovo.

Così gli scozzesi che proprio per questo il 18 settembre 2014 avevano votato no al referendum sull’indipendenza. Se ora ne vogliono fare un altro è perché gli inglesi hanno cambiato idea e, votando per Brexit, sono venuti meno alla promessa europeista fatta agli scozzesi. Incalzata da Iain Dale della radio inglese LBC, qualche giorno fa Theresa May si è rifiutata di dire come voterebbe oggi: l’anno scorso aveva scelto “remain” e lo rifarebbe, toccando con mano il disastro britannico. Dovendo guidare l’uscita, per dovere istituzionale preferisce tacere.

Jeremy Corbyn che era stato costretto a votare “remain” ha invece affermato che ora sceglierebbe “leave”: da vecchio trozkista fuori tempo è sempre stato anti-europeista. Le ultime elezioni non le ha quasi vinte lui, le ha quasi perse clamorosamente l’impresentabile candidata di un impresentabile Partito conservatore: non riuscire a battere un’anatra più paralizzata che zoppa come Theresa May, è stato un segno di mediocrità politica. Un altro candidato laburista non ideologicamente anti europeista come Corbyn, avrebbe stravinto.

Ma torniamo alla Catalogna. L’Unione era stata accusata di aver taciuto mentre si dipanava la farsa indipendentista. L’ha fatto per rispetto dell’una e dell’altra parte e perché non ha gli strumenti per intervenire in questi casi. Posto che debba averli (non ne sono così convinto, almeno per ora), se non li possiede, è perché tutti noi italiani, francesi, tedeschi, polacchi, eccetera non vogliamo li abbia. L’Europa non è un’entità astratta: è quello che vogliamo sia. Perfino l’attuale mediocre classe dirigente di oggi e la burocrazia di Bruxelles sono il frutto del nostro europeismo cauto, a intermittenza e spesso superficiale.

Chiarito meglio l’ambito istituzionale nel quale avviene la crisi catalana, i leader europei hanno espresso con chiarezza le loro posizioni a favore della legalità democratica spagnola. Non c’è un solo governo europeo né alcuna istituzione comunitaria che abbia offerto solidarietà a Carles Puigdemont. Se è un europeista come sostiene di essere, il presidente catalano ha abbastanza tempo per riflettere.

Nel caso in cui questo commento vi sembri troppo europeista, avreste ragione. Vedo le mediocrità e i limiti della Ue, ne vedo gli egoismi (quasi sempre nazionali) e gli eccessi burocratici. Ma dovremmo esercitarci un po’ di più a vederne i successi e gli aspetti positivi. A cominciare dall’antidoto che rappresenta contro i nazionalismi e i fantasmi della nostra storia continentale. Non mi stancherò mai di citare, e riconoscendomici, la definizione che una volta diede di se Carlo Azeglio Ciampi: sono un cittadino europeo nato in Italia.

 

P.S. Allego qui il commento sull’attribuzione del Nobel per la Pace, uscito lunedì scorso sulle pagine del Sole 24 Ore.

 

Ugo Tramballi, ISPI Senior Advisor

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