Negli ultimi mesi le tensioni tra la repubblica della Federazione Russa della Cecenia del presidente Ramzan Kadyrov e l’Inguscezia dell’ex ufficiale Yunus-Bek Yevkurov, hanno subito un’accelerazione dovuta a varie cause, che riguardano due principali linee geopolitiche: la prima concerne la disputa sui confini che trova fondamento nella storia dei rapporti tra le due repubbliche, la seconda legata all’anti-terrorismo, ovvero alla capacità di repressione della latente guerriglia islamica nel Caucaso del Nord.
Quelle cecene e inguscie possono essere definite popolazioni facenti parti di un’identità comune, in quanto rappresentano l’ultimo gruppo rimasto delle popolazioni vainakh, con una discendenza etnica e una cultura comune, e una lingua molto simile. I due popoli sono, tra l’altro, entrambi musulmani di confessione sunnita, anche se, rispetto all’Islam praticato in Cecenia, il sentimento religioso in Inguscezia è senza dubbio più blando e ancora ammantato di antiche forme di paganesimo. Le due repubbliche furono aggregate in un’unica formazione statuale, la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma Ceceno-Inguscia creata nel 1936, dissoltasi definitivamente nel 1992 in seguito alla disintegrazione dell’URSS, quando si ebbe la separazione dovuta alla volontà dell’Inguscezia di rimanere all’interno della Federazione Russa, evitando di seguire i cugini ceceni nel loro anelito indipendentista. Da mesi le dichiarazioni del leader ceceno Kadyrov hanno accesso a livello nazionale – e soprattutto a livello federale – una forte polemica sullo status dei confini storici ceceno-ingusci in particolare riguardo ai distretti di Sunzha e Malgobek, ritenuti dal presidente Kadyrov «territori ceceni indigeni». Inoltre Kadyrov ha anche denunciato tentativi di occupazione di altri territori storicamente ceceni, provocando reazioni di forte preoccupazione da parte del leader inguscio Yevkurov. L’importanza della questione ha portato alla creazione da parte del governo di Grozny di una commissione bilaterale atta allo studio delle frontiere, che porti a una demarcazione amministrativa chiara tra i due stati. Nonostante la costituzione della commissione – che difficilmente porterà a un’eventuale soluzione concordata – le affermazioni di Kadyrov implicano fondamentalmente che il confine debba essere ridisegnato, riducendo peraltro sensibilmente le già esigue dimensioni dell’Inguscezia, che è attualmente la più piccola delle ottantatre entità federali della Federazione Russa. Le due parti si erano già scambiate reciproche accuse sulla reale capacità di gestire e contenere le attività della guerriglia islamica d’ispirazione wahabita che opera anche nelle aree di frontiera tra Cecenia e Inguscezia. A seguito di una operazione anti-terrorismo lanciata dalle truppe speciali di Khadyrov nel villaggio inguscio di Ghalashky lo scorso agosto, il presidente ceceno si spinse oltre, accusando Yevkurov di una sostanziale connivenza con i gruppi armati islamici, e sostenendo che «nel caso in cui il governo Yevkurov non sia in grado di restaurare l’ordine in Inguscezia, o non ne abbia l’interesse, al suo posto dovrà farlo il governo ceceno». Forte dell’alleanza con Mosca, l’assertività politica di Kadyrov è certamente espressione della sua ambizione a divenire il dominus regionale e porsi come difensore e leader delle popolazioni Vainakh, allargando ulteriormente la propria influenza nel Caucaso del Nord ben oltre i confini nazionali ceceni. Anche il portavoce del parlamento ceceno Dukvakha Abdurakhmanov ha più volte contrastato le affermazioni del presidente Yevkurov riguardo l’accettazione degli attuali confini, definendole prive di basi legali, e ricordando anche la grande accoglienza da parte della popolazione inguscia nei confronti di Kadyrov in occasione del ventesimo anniversario della separazione delle due repubbliche, riaffermando così l’idea di un’eventuale riunione delle due repubbliche dei popoli vainakh sotto la leadership cecena.
Nonostante le due repubbliche siano entrambi soggetti della Federazione Russa, il Cremlino è tuttavia dovuto scendere in campo, tramite il proprio portavoce nel Caucaso settentrionale Aleksander Khloponin, che si è limitato a invitare le parti a fermare ogni tipo di scontro verbale pubblico. Per ora il governo russo ha evitato di prendere posizione a favore di uno dei due contendenti limitandosi ad attenuare la tensione, ma è plausibile che in realtà aspiri a perseguire un approccio politico che consista nel mantenere Yevkurov alla leadership dell’Inguscezia come contrappeso alla sempre più influente presenza di Kadyrov nell’area, ma che allo stesso tempo non mini in nessun modo la complessa ma preziosa relazione speciale con il presidente ceceno, asse fondamentale per Mosca ai fini della stabilità geopolitica regionale, e in particolar modo necessario ai fini della sicurezza alla luce delle prossime Olimpiadi invernali di Sochi del 2014. Oltre alla questione relativa ai confini, sarà anche l’efficacia nella repressione della violenza separatista islamista un aspetto da considerare per la stabilità regionale futura, visto il recente intensificarsi delle operazioni anti-terrorismo svoltesi proprio in Inguscezia, tra cui spicca l’eliminazione del numero due del sedicente Emirato del Caucaso.
Sebbene le recenti dichiarazioni del presidente Yevkurov abbiano tentato di stemperare la tensione, il futuro prossimo per il suo governo e per l’area in sé non appare per nulla semplice, e il pericolo di un conflitto – o di una potenziale riunificazione delle due repubbliche a guida Kadyrov – rappresentano un’ennesima incognita per Mosca nel garantire la stabilità geopolitica del Caucaso del Nord.