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Il forum
Che cos’è il G20?
26 gennaio 2021

Il G20, ovvero “Gruppo dei 20”, è il principale forum di cooperazione economica e finanziaria a livello globale. Si tiene ogni anno, e riunisce le principali economie del mondo, ovvero Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti (cioè i paesi del G7), i paesi del gruppo “BRICS” – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – e anche Arabia Saudita, Australia, Argentina, Corea del Sud, Indonesia, Messico e Turchia. A questi si aggiunge anche l’Unione Europea. Si tratta di un gruppo di paesi che costituiscono l’80% del PIL globale, nonché il 60% della popolazione del pianeta. Quest’anno la presidenza è dell’Italia.

 

Com’è nato, perché e come funziona

Il G20 è nato nel 1999 come forum internazionale in cui si riunivano i ministri delle Finanze e i rappresentanti delle banche centrali dei venti paesi membri. Fu concepito durante una riunione del G7 dall’allora primo ministro canadese Paul Martin e dal segretario del Tesoro degli Stati Uniti Lawrence Summers, convinti che in un mondo sempre più globalizzato i forum G7, G8 e il sistema di Bretton Woods non fossero sufficienti a garantire la stabilità finanziaria a livello globale. Venne così pensato di allargare il forum di cooperazione, cercando di assicurare maggiore inclusione e rappresentanza, anche se entrambe sono state più volte messo in dubbio.
Nel 1999 l’economia mondiale usciva da diverse crisi finanziarie: quella del peso messicano del ’94, quella sud-est asiatica del ’97 e quella russa del ’98. È per questo che i primi summit ebbero come tema centrale la governance e l’economia globale, che hanno occupato l’agenda anche negli anni successivi, sebbene ogni anno l’edizione sia stata dedicata a questioni più specifiche. Dal 2008, per ricercare soluzioni alla crisi finanziaria mondiale, il forum fu elevato al livello di capi di stato e di governo.

Oltre ai venti membri fissi vi partecipano diverse organizzazioni e istituzioni internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale; inoltre, vi sono dei paesi “ospiti”, tra cui la Spagna, che lo è in modo permanente, e altri che vengono invitati ad ogni edizione. Il G20 non ha una propria sede fisica e la sua presidenza viene rotata di paese in paese tra i membri, esclusa l’UE, che la detengono dall’1 dicembre dell’anno precedente al 30 novembre dell’anno successivo. L’Italia ha ereditato la presidenza dall’Arabia Saudita e nel 2022 la passerà all’Indonesia.

 

Un’agenda poliedrica: dal debito alla lotta per il clima

Sin dall’inizio, il forum dedicava gran parte dell’agenda al debito pubblico nazionale, soprattutto delle economie emergenti, e alla stabilità finanziaria globale. Con gli anni, gli obiettivi si sono concentrati anche sulla regolamentazione del commercio internazionale e dei mercati finanziari. Dal 2015, con l’adozione da parte delle Nazioni Unite dei 17 “Sustainable Development Goals” e dopo la firma dell’Accordo di Parigi sul clima, l’agenda del G20 ha cominciato a concentrarsi su questioni di più ampia rilevanza globale. La lotta al cambiamento climatico, le migrazioni, la digitalizzazione, l’occupazione, i sistemi sanitari, la parità di genere e gli aiuti allo sviluppo hanno iniziato ad essere temi trattati al forum internazionale. In un mondo sempre più globalizzato, queste questioni, insieme a quelle più prettamente finanziarie, risultano essere trasversali e tra loro interconnesse, imponendo quindi la necessità di una risposta collettiva a livello mondiale.

 

Le critiche al G20

Tuttavia, il G20 non è esente da critiche. In primis, di essere un’istituzione esclusivista. Anche se i venti membri rappresentano circa i due terzi della popolazione globale, l’Africa è quasi totalmente assente. Solo un paese su 54, il Sudafrica, è membro del forum. Eppure, il continente africano, con una popolazione di 1,3 miliardi (17% del mondo), è il più giovane e quello più afflitto da ogni crisi di dimensione mondiale.

Conseguentemente, il forum è stato spesso accusato anche di non avere legittimità internazionale. Ben 173 paesi dell’ONU non ne fanno parte e, stando ad alcune critiche, questo rappresenta una battuta d’arresto rispetto al multilateralismo inaugurato dopo la Seconda guerra mondiale, in quanto i venti membri non sono stati scelti che da se stessi, ricordando un po’ la natura del Congresso di Vienna del 1815. Questa critica venne mossa in passato innanzitutto dalla Norvegia che, nonostante sia un paese ricco e sviluppato e nella top 10 degli sponsor ONU, non partecipa al forum nemmeno indirettamente, non essendo nell’UE.

Non solo statisti

Nel corso degli anni, nella prospettiva di aumentare l’inclusività del processo decisionale del forum, ai meeting tra capi di stato e di governo (il cui vertice finale quest’anno si terrà il 30 e 31 ottobre) sono stati affiancati degli “Engagement Groups”. Sono dei gruppi di lavoro settoriali che seguono in modo indipendente specifici filoni tematici e forniscono le proprie raccomandazioni ai governi membri prima del vertice finale. Tra questi, Y20 (che si occupa della gioventù), W20 (di emancipazione delle donne), L20 (di occupazione), ma anche T20 – ovvero Think20 – gruppo di lavoro che riunisce think tank e centri di ricerca di tutto il mondo con l’obiettivo di fornire proposte e idee relative ai temi della governance globale da sottoporre ai leader del G20, e di cui quest’anno l’ISPI sarà coordinatore nazionale e chair. 

 

Quest’anno ISPI è coordinatore nazionale e chair del Think 20 (T20)

Verso il T20

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