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Commentary
Cheers dal Golfo per l’Egitto
Valeria Talbot
05 luglio 2013

Mentre la comunità internazionale segue con preoccupazione l’evoluzione degli eventi in Egitto, dall’Arabia Saudita sono giunte le congratulazioni di re Abdullah al nuovo presidente egiziano ad interim Adly Mansour. Il regime di Riyadh può finalmente tirare un sospiro di sollievo. L’avversità saudita nei confronti del governo guidato dai Fratelli musulmani, infatti, non è un ministero e uno scenario più favorevole sembrerebbe aprirsi nelle relazioni tra i due paesi dopo che i militari hanno destituito il presidente Morsi e dato l’incarico a interim al presidente della Corte costituzionale, che tra le altre cose può vantare nel suo curriculum una lunga esperienza da consulente legale presso il ministero del Commercio saudita.

Dallo scoppio della Primavera araba la monarchia saudita, alleato di lunga data dell’Egitto di Hosni Mubarak su diversi dossier regionali, ha guardato con timore agli sviluppi politici nel più popoloso paese arabo. Contrastare il dilagare di un possibile “effetto contagio” delle rivolte a tutta la penisola arabica e mantenere lo status quo è stato l’obiettivo di Riyadh dall’inizio del 2011, esemplificato dall’intervento militare in Bahrein e dalla mediazione diplomatica in Yemen. 

L’emergere della Fratellanza musulmana in Egitto non è stata accolta con favore da Riyadh le cui relazioni con il movimento islamista non sono mai state facili, soprattutto alla luce del timore da parte di Riyadh di possibili interferenze nei propri affari interni. La Fratellanza è infatti espressione di una declinazione dell’Islam che, seppur sunnita, è diversa dal wahabismo praticato in Arabia Saudita e per questo considerata una minaccia per l’ortodossia religiosa dalla monarchia saudita. Ma l’Egitto è un paese cruciale per la stabilità, gli equilibri e la sicurezza del Medio Oriente e dei regimi del Golfo e Riyadh, con una buona dose di realismo e di cautela, ha cercato di fare buon viso a cattivo gioco. L’Egitto è tra l’altro una componente chiave di quell’asse sunnita guidato dall’Arabia Saudita che si contrappone, tanto sul piano geopolitico quanto su quello religioso, all’influenza di Tehran nella regione, palesatasi nell’ascesa della cosiddetta “mezzaluna sciita”. Ed è anche il paese di provenienza della più ampia comunità di expatriates – circa 1,6 milioni – nel regno saudita.

In generale, la prospettiva di un collasso politico e soprattutto economico egiziano, con gravi conseguenze non solo sul piano interno ma anche a livello regionale, non sarebbe certo nell’interesse dell’Arabia Saudita. Per questo, seppur tra alti e bassi, le relazioni bilaterali sono andate avanti e non è un caso che la monarchia degli al Saud sia stata la destinazione della prima visita ufficiale nella regione del presidente Morsi dopo l’elezione un anno fa. Gli aiuti sauditi all’economia egiziana ammonterebbero a 1 miliardo di dollari, poco rispetto alle ampie possibilità della ricca monarchia e al supporto finanziario del Qatar – che ha già sborsato 5 degli 8 miliardi di dollari promessi –, ma significativo in assenza di altri aiuti internazionali al di fuori dei paesi mediorientali. 

Ma l’Arabia Saudita non è stata la sola monarchia del Golfo a congratularsi. Piena soddisfazione per il cambio ai vertici egiziani è stata espressa da Kuwait ed Emirati Arabi Uniti. Proprio questi ultimi sono stati al centro, negli ultimi mesi, di una crisi diplomatica con l’Egitto per gli arresti di numerosi egiziani affiliati alla Fratellanza musulmana per un presunto complotto nei confronti del regime di Abu Dhabi. Anche dal Qatar, seppure in maniera più sommessa, sono giunte le congratulazioni al nuovo presidente egiziano. Negli ultimi due anni Doha è stata il principale sostenitore, non solo economico, dei Fratelli musulmani in Nord Africa e Vicino Oriente e la destituzione di Morsi, unita all’arresto dei vertici della Fratellanza in Egitto, sono l’esatto contrario di quello su cui la monarchia qatarina aveva puntato e potrebbero rappresentare un duro colpo per le ambizioni regionali dell’emirato. 

Le monarchie del Golfo guardano dunque al nuovo corso degli eventi in Egitto con grande attenzione e con un misto di soddisfazione e cautela nella consapevolezza che, proprio in virtù del suo peso politico, militare ed economico, la stabilità del paese rimane un elemento chiave per i destini dell’intera regione mediorientale.

Valeria Talbot, ISPI Senior Research Fellow

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Ugo Tramballi
ISPI Senior Advisor
Onore d'Egitto

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Egitto golpe Morsi proteste monarchie del Golfo Fratellanza Musulmana Transizione Qatar Arabia Saudita Kuwait Primavera Araba Medio Oriente Crisi aiuti economici
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Valeria Talbot
Senior Research Fellow

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