“Hallo Europa! Hello Europe! Salut l’Europe!”. Con questo tweet Ursula von der Leyen si è presentata all’opinione pubblica europea il 3 luglio scorso, subito dopo essere nominata presidente della Commissione europea in pectore dai leader dei 28 Stati membri dell’Unione europea. Un saluto in inglese, francese e tedesco, che rispecchia la volontà di presentarsi come una candidata trasversale ed “ecumenica”; tre lingue che rappresentano però anche tre città – Londra, Bruxelles e Berlino – che hanno segnato profondamente la storia personale di Ursula Von der Leyen, la cui candidatura è stata confermata ieri dal Parlamento europeo.
Ursula Gertrud von der Leyen nasce a Ixelles, nella regione di Bruxelles-capitale (in Belgio), l’8 ottobre 1958. Suo padre, Ernst Albrecht, tedesco originario del Baden-Württemberg, si era trasferito quell’anno a Bruxelles per iniziare a lavorare alla neonata Commissione europea. La famiglia Albrecht apparteneva all’antico patriziato dell’Elettorato di Hannover e aveva fatto fortuna commerciando cotone nel XIX e XX secolo. Il nonno di Ursula, lo psicologo e psicoterapeuta Carl Albrecht, fu tra gli sviluppatori di una tecnica di meditazione e rilassamento basata sul training autogeno.
Nel 1971 Ursula rientra con la famiglia in Germania, dove il padre assume la direzione di un’azienda alimentare. Cinque anni dopo, nel 1976, Ernst Albrecht viene eletto primo ministro della Bassa Sassonia (sostanzialmente un governatore regionale in Italia, anche se con molti più poteri conferitigli dal sistema federale tedesco), carica che ricoprirà fino al 1990. Nel frattempo, nel 1977, Ursula si iscrive alla facoltà di economia a Gottinga. In Germania sono gli anni del terrorismo rosso, e la figlia del primo ministro riceve una minaccia di rapimento dalla Banda “Baader-Meinhof”. Ursula si rifugia quindi a Londra, dove vive sotto il falso nome di Rose Ladson e si iscrive alla London School of Economics. Rientrata in Germania, nel 1980 inizia gli studi in medicina ad Hannover, laureandosi nel 1987. L’anno precedente Ursula sposa il medico Heiko von der Leyen, discendente di una famiglia aristocratica di commercianti di seta, e dopo il matrimonio lo segue negli Stati Uniti, dove il marito è professore all’università di Stanford dal 1992 al 1996. I Von der Leyen hanno sette figli, nati tra il 1987 e il 1999.
Nonostante la tradizione politica della famiglia paterna, Ursula inizia la propria carriera politica relativamente tardi, a 43 anni. Dopo essere entrata nel parlamento della Bassa Sassonia e nel governo locale nel 2003, con delega a famiglia e affari sociali, Ursula viene scelta dall’attuale cancelliera tedesca come ministra per la Famiglia nel 2005, entrando a far parte del primo governo Merkel. Da allora, Ursula è ministro in tutti i governi Merkel: nel 2009 assume la guida del dicastero del lavoro e nel 2013 diventa la prima donna ministro della Difesa della storia tedesca. Come ministro della Difesa ha supervisionato il ritiro delle truppe tedesche dalla missione in Afghanistan, si è opposta alla cessione di armi all’Ucraina dopo l’annessione della Crimea e ha approvato diversi piani per aumentare la spesa militare tedesca e portare il numero di soldati della Bundeswehr a quasi 200.000 unità. Ciononostante, sono molte in Germania le voci critiche verso l’operato di Von der Leyen che lamentano il pessimo stato dell’esercito tedesco, con equipaggiamento spesso obsoleto e personale sottodimensionato. A ciò si sono aggiunti negli anni due scandali che hanno colpito direttamente Ursula Von der Leyen. Il primo, risalente al 2015, riguarda l’accusa di aver plagiato porzioni consistenti della tesi di dottorato; una commissione universitaria ha poi stabilito che le imprecisioni e omissioni sarebbero state involontarie e non avrebbero riguardato l’argomento centrale della tesi. Il secondo scandalo riguarda invece alcuni contratti di consulenza assegnati a società esterne per conto del ministero della Difesa, aggirando secondo i critici le procedure ordinarie per l’assegnazione degli appalti. Il parlamento tedesco ha istituito una commissione di inchiesta su quanto accaduto all’interno del ministero.
Sorprendendo molti osservatori, a luglio 2019 il Consiglio europeo ha raggiunto il consenso attorno al nome di Von der Leyen come candidata alla presidenza della Commissione europea entrante, che dovrebbe insediarsi a fine ottobre. Il nome del ministro è arrivato come soluzione di compromesso che potesse trovare l’appoggio tanto del presidente francese Emmanuel Macron (che si opponeva al candidato ufficiale del Partito popolare europeo, Manfred Weber) quanto dei paesi del gruppo di Visegrád (per i quali era invece inaccettabile un candidato di area socialista o liberale). La nomina ha però creato dissapori all’interno del Parlamento europeo (che deve votare per approvare la nomina): quest’ultimo guarda con perplessità all’operato di Von der Leyen come ministro e lamenta di non essere stato tenuto in considerazione dal Consiglio nella scelta del candidato presidente.
“Il mio obiettivo sono gli Stati Uniti d’Europa” ha dichiarato Ursula Von der Leyen in un’intervista del 2011, citando come esempi Stati federali come la Svizzera, gli Stati Uniti o la Germania. “Immagino l’Europa dei miei figli e nipoti come un’unione che non sia debole e in preda agli interessi nazionali”. Coerente con tale visione di una UE forte e integrata, Von der Leyen nel suo discorso di candidatura al Parlamento europeo ha proposto varie riforme ambiziose: ha proposto un “Green Deal” per l’Unione europea, ha rinnovato l’appello a concludere l’integrazione del mercato dei capitali e ha promesso di lavorare per l’introduzione di un salario minimo e un programma europeo di lotta alla disoccupazione; inoltre, la candidata si è detta a favore di una riforma del regolamento di Dublino e più in generale della governance europea nel campo dell’immigrazione, così come di un nuovo meccanismo per la salvaguardia dello stato di diritto nell’UE e della costruzione di una capacità militare congiunta tra gli Stati membri.
A cura di Fabio Parola