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Sahel

Ciad: ucciso il presidente Déby, le incognite sul futuro

Camillo Casola
20 aprile 2021

Con un comunicato diffuso dalla tv di stato martedì 20 aprile, i generali dell’esercito del Ciad hanno reso pubblica la notizia della morte di Idriss Déby Itno, a poche ore dalla pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali.

Le circostanze della dipartita di Déby non sono del tutto chiare. Secondo quanto riferito dai portavoce delle forze armate, il capo di stato ciadiano non sarebbe sopravvissuto alle ferite riportate sulla linea del fronte, nella regione di Kanem, dove le Forces Armées Tchadiennes (FAT) sono impegnate in un’operazione militare di ampia portata per contrastare l’avanzata del Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad (FACT).

Fondato nel 2016 da Mahamat Mahdi Ali, prodotto di una scissione interna all’Union des forces pour la démocratie et le développement (UFDD), il gruppo armato a maggioranza etnica toubou si è insediato nella vicina Libia, sviluppando profonde implicazioni nel conflitto in corso nel paese, dapprima a sostegno delle milizie di Misurata e Bengasi, per poi siglare un patto di non aggressione con le forze di Khalifa Haftar. I più recenti sviluppi politici a Tripoli, e le pressioni internazionali per il ritiro delle forze straniere dal paese, avrebbero indotto gli insorti ciadiani a rientrare in patria e lanciare l’offensiva contro il governo. La gravità della minaccia posta dai ribelli del FACT ha imposto un importante spiegamento di forze da parte del regime: la risposta dell’esercito a Kanem avrebbe causato la morte di oltre 300 combattenti (e l’arresto di 150 uomini); perdite importanti sarebbero state registrate anche tra le forze armate regolari.

In un documento politico emesso il 19 aprile le forze del FACT menzionavano il nome di Déby tra quelli degli alti ufficiali feriti in battaglia. Nello specifico, secondo alcune ricostruzioni, un incontro tra le forze governative guidate da Déby e i capi della coalizione ribelle nella località di Mao, poco più di 200 chilometri a nord di N’Djamena, sarebbe degenerato in scontro armato, causando il ferimento del leader ciadiano, deceduto poco dopo, e l’uccisione di alcuni suoi generali.

La presenza tra le truppe impegnate sui fronti militari è da sempre un tratto distintivo della leadership del Maréchal Déby, che non ha mai rinunciato a rivendicare simbolicamente il ruolo di comandante in capo delle forze armate, traendo da ciò parte della sua legittimazione politica. Tra marzo e aprile 2020, le immagini del capo di stato in uniforme militare alla guida dell’operazione colère de Boma, condotta dall’esercito contro i miliziani salafiti-jihadisti afferenti alla galassia ‘Boko Haram’ per vendicare il massacro di circa 90 militari ciadiani, avevano rinsaldato l’immagine di un leader impegnato in prima linea a combattere al fianco dei suoi soldati.

All’annuncio della scomparsa del presidente Déby ha fatto seguito l’imposizione di un coprifuoco nazionale, dalle 5 alle 18, la chiusura provvisoria delle frontiere aeree e terrestri e l’istituzione di un Consiglio militare di transizione (CMT) “al fine di assicurare la difesa del paese in situazione di guerra contro il terrorismo e le forze del male, e garantire la continuità dello stato”. La transizione militare, che comporta lo scioglimento dell’assemblea parlamentare e del governo, avrà durata di 18 mesi e vedrà la nomina di un governo transitorio, chiamato ad accompagnare il paese verso lo svolgimento di nuove elezioni “libere, democratiche e trasparenti”. A dirigere il CMT sarà il generale Mahamat Idriss Déby, figlio del defunto presidente, militare di carriera già a capo della guardia presidenziale con esperienza di guerra in Mali, dove ha svolto l’incarico di secondo in comando delle forze speciali impegnate nel conflitto in Azawad.

Di fatto, l’istituzione del CMT e l’avvio di una fase di transizione a guida militare sospendono l’ordine costituzionale nel paese: la Costituzione prevede infatti l’attribuzione delle funzioni di capo di stato al presidente dell’assemblea nazionale o, in caso di impedimento, al primo vicepresidente, e lo svolgimento di nuove elezioni entro un periodo di tempo compreso tra quarantacinque e novanta giorni. L’assunzione del potere da parte dei militari definisce, in tal senso, un sovvertimento dell’ordine costituito, e ha alimentato per questo ipotesi discordanti, che non escludono la possibilità che l’uccisione di Déby sia da ricondurre a un intervento delle alte sfere dell’esercito.

Giunto al potere a N’Djamena nel 1990, alla guida del fronte ribelle che destituì il regime di Hissène Habré, Idriss Déby ha governato il paese per oltre trent’anni. Alla metà degli anni ’90, l’apertura del sistema politico alla partecipazione partitica non scalfì la capacità di esercizio autoritario del potere centrale: Déby fu eletto alla presidenza nel 1996 e confermato in occasione delle elezioni del 2001, 2006, 2011, 2016. Ha contribuito negli anni a consolidare le basi di un’autocrazia elettorale fondata su una governance profondamente illiberale, nepotismo, logiche di fedeltà clanica e pratiche neopatrimoniali di cooptazione delle élite tramite l’utilizzo dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse petrolifere. Le elezioni presidenziali di aprile 2021, tenutesi in un clima di gravi tensioni ed estese intimidazioni nei confronti delle opposizioni, hanno sancito la sua rielezione per un sesto mandato, con quasi l’80% delle preferenze.

Il Ciad gioca un ruolo chiave nel quadro degli equilibri politici e di sicurezza in Sahel. Alleato delle forze francesi impegnate nelle operazioni di controterrorismo in Nord Mali dal 2013, Idriss Déby ha fatto leva sulla capacità militare del paese, che dispone di uno degli eserciti più efficaci della regione – altrettanto noto, però, per i crimini di guerra e gli abusi sistematici nei confronti dei civili, di cui si è avuta testimonianza recente in Sahel centrale – per rafforzare il peso strategico di N’Djamena nel sistema di relazioni tra la Francia e gli stati del G5 Sahel. Nel febbraio del 2019 l’intervento aereo del dispositivo Barkhane, che proprio a N’Djamena ha istituito il suo quartier generale, aveva contribuito a respingere l’avanzata dei ribelli dell’Union des Forces de la Résistance (UFR) verso la capitale, a dimostrazione dell’importanza della tenuta del regime ciadiano per la Francia, interessata a salvaguardare la stabilità della macro-area. In questo senso, la morte di Déby priva Parigi di un importante riferimento politico – per quanto discutibile, sul piano della governance democratica, e fragile sotto un profilo istituzionale – nonché di un partner militare considerato imprescindibile per il contrasto alle insurrezioni jihadiste nel Liptako-Gourma.

Gli sviluppi della transizione militare – e le evoluzioni del conflitto con i ribelli del FACT – diranno quanto il futuro prossimo del Ciad potrà svilupparsi in linea di continuità con il suo passato recente, segnato dalla violenza politica come metodo di accesso al potere e come strumento di governance.

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ciad Africa
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AUTORI

Camillo Casola
ISPI Research Fellow

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