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Commentary
Cina: è morto Li Peng, tecnocrate e “macellaio” di Tiananmen
Giulia Sciorati
| 24 luglio 2019

Il 2019 sarà ricordato nel retaggio delle proteste studentesche di piazza Tiananmen del 1989 non solo per i trent’anni ormai trascorsi, ma anche per la morte di Li Peng, ex premier della Repubblica Popolare Cinese, conosciuto dai media occidentali come il “Macellaio di Pechino”. Fu sua la decisione di imporre la legge marziale contro gli studenti che manifestavano di fronte al Palazzo del Popolo, come riportano i “Tiananmen Papers” rilasciati nel 2001 negli Stati Uniti.

Una decisione che lo ha accompagnato durante tutta la sua carriera politica fino al 2003, quando più di 2000 persone scesero per le strade di Parigi per protestare contro la sua visita ufficiale in Francia, ma che stona con l’immagine presentata dai media cinesi che lo ritraggono come uno tra i più grandi statisti della Cina moderna. Li Peng è stata infatti una figura chiave nelle scelte politiche della Cina contemporanea, e il cui lascito ha contribuito a trasformare il paese nella seconda potenza economica mondiale. Iscritto al Partito Comunista Cinese (PCC) dal 1945, quando aveva diciassette anni, Li Peng vive la nascita della Repubblica Popolare dalle aule del Moscow Power Institute, dove riceve un’istruzione da ingegnere idroelettrico che si dimostrerà particolarmente importante per il futuro della sua carriera politica. Dopo la morte di Mao nel 1976, infatti, Deng Xiaoping si porrà alla guida della Cina in qualità di secondo leader supremo, attuando una serie di riforme che si estendono anche al contesto politico-istituzionale e che prediligono un “turnover tecnocratico” tra i membri del partito. Un’impostazione che è rimasta incardinata tra gli alti ranghi del PCC e che è sopravvissuta alla successione presidenziale di Jiang Zemin (1989-2002) e Hu Jintao (2002-2012), spegnendosi soltanto con la presidenza di Xi Jinping cominciata nel 2013.

Fuori dalla Cina, Li Peng è una figura pressoché sconosciuta e i suoi risultati politici sono spesso condensati in quelli dei presidenti che si sono succeduti alla guida della Repubblica Popolare, come se la complessa struttura decisionale del Partito Comunista sia ridotta ad una dittatura in cui il potere politico rimane nelle mani di un unico individuo. Il potere politico in Cina, invece, è detenuto da un organismo istituzionale che prende il nome di Comitato Permanente del Politburo e che è storicamente composto da una media di sette individui (nove sotto la presidenza di Hu Jintao). I membri del Comitato Permanente rappresentato il “sistema nervoso centrale” del paese e Li Peng vi ha mantenuto un ruolo di primo piano al suo interno dal 1987 fino al 2002, anno del suo pensionamento. Nonostante i fatti di Piazza Tiananmen – che fecero conoscere Li Peng anche in Occidente – avessero portato a una ridefinizione dei membri dell’allora Comitato Permanente del Politburo, Li Peng ne uscì indenne, confermandosi l’unico nella storia del PCC ad aver ricoperto, consecutivamente, il ruolo di premier e di portavoce del Comitato Permanente del Congresso Nazionale del Popolo, organo che detiene il potere legislativo in Cina. Membro della “fazione di Shanghai” di Jiang Zemin (che rappresentava gli interessi economici delle regioni costiere), Li è stato definito un “riformista conservatore” per l’approccio conservatore adottato in risposta alle riforme economiche di Deng Xiaoping, in particolare in riferimento alla liberalizzazione delle imprese di stato. Una tendenza che mal si sposava con l’attivismo internazionale del padre adottivo, il grande statista Zhou Enlai, primo Premier della Repubblica Popolare, architetto della Conferenza di Bandung del 1955 e interlocutore primario del presidente americano Richard Nixon durante la visita di stato a Pechino del 1972 che sancì una distensione tra Cina e Stati Uniti e portò il paese in una nuova era.

Oltre che per il ruolo giocato durante le proteste del 1989, due sono gli episodi che hanno maggiormente coinvolto Li Peng nello sviluppo della storia moderna della Cina e che continuano ad avere ripercussioni sul paese. In primis, tra il 1996 e il 1997, in qualità di premier, contribuì ad amministrare il passaggio della sovranità di Hong Kong dal Regno Unito alla Cina. Suo fu infatti il compito di ufficializzare la nomina di Tung Chee-hwa a Capo Esecutivo di Hong Kong nel dicembre 1996 nella Grande Sala del Popolo di Pechino in seguito all’elezione di quest’ultimo ad opera di un Comitato di Selezione composto da 400 membri a sua volta nominato dal Comitato Preparatorio per la Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong, istituito dal PCC. Un messaggio forte che sottintendeva una presenza continua del partito sulla giurisdizione di Hong Kong, nonostante la Dichiarazione congiunta siglata con la Gran Bretagna garantisse uno status speciale alla città. La nomina del Capo Esecutivo di Hong Kong nella capitale cinese da parte del premier fu il primo sintomo di uno squilibrio che ancora oggi caratterizza le relazioni tra Pechino e Hong Kong.

Il secondo episodio riporta in primo piano la formazione da ingegnere idroelettrico di Li Peng e fa riferimento a uno dei maggiori progetti infrastrutturali cinesi del decennio appena trascorso. Prima della corsa alle infrastrutture sulla direttrice della Belt and Road Initiative, vi era infatti un'attenzione spasmodica per la modernizzazione del paese e la Diga delle Tre Gole – la seconda diga più grande al mondo, sita nella provincia dello Hubei, sul Fiume Azzurro – ne è uno dei progetti più ambiziosi. È una centrale idroelettrica a bacino di accumulo che sfrutta la pressione dell’acqua per far sì che essa raggiunga il complesso. Completata nel 2006, è costata l’inabissamento di circa un migliaio di siti archeologici. Nonostante la Diga delle Tre Gole differenzi la produzione energetica cinese, la sua istituzione ha portato a un collasso dell’equilibrio ambientale nelle aree coinvolte e all’estinzione di alcune specie animali. Inoltre, circa un milione di persone furono costrette a ricollocamenti forzati per portare a termine il progetto; ricollocamenti che proseguiranno nei prossimi anni e potrebbero coinvolgere altri due milioni di persone. Tra i membri del PCC, fu proprio Li Peng ad esserne il più acceso sostenitore e a godere di un alto grado di legittimità riguardo le caratteristiche del progetto, garantitogli dalla sua formazione.

Nonostante sia ricordato dai media occidentali quasi esclusivamente in relazione alla sua volontà di reprimere le proteste studentesche di piazza Tiananmen, il ruolo di Li Peng nella scena politica del paese ha creato un effetto a catena che continua ad avere ripercussioni ancora oggi.

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Cina li peng Asia

AUTORI

Giulia Sciorati
ISPI China Programme

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