Il ministro della Difesa americano e il suo omologo cinese si incontrano nel primo faccia a faccia a Singapore. Dall’Ucraina a Taiwan, passando per la competizione strategica: tanti i temi sul tavolo.
Saranno Taiwan e Ucraina, con ogni probabilità, i temi centrali allo Shangri-La Dialogue, principale vertice sulla sicurezza dell’Asia, che si apre domani a Singapore. Al summit, a cui partecipano analisti, diplomatici e militari di tutto il mondo, il presidente Ucraino Volodymyr Zelensky si collegherà in videoconferenza. Ma è a margine dei lavori che si terrà un incontro considerato cruciale: il primo faccia a faccia tra il Segretario Americano alla Difesa Lloyd Austin e il suo omologo cinese Wei Fenghe. “Ci concentreremo sulla gestione della concorrenza nelle questioni regionali e globali”, ha affermato un alto funzionario statunitense, e anche da Pechino è stata riportata la volontà di utilizzare l’incontro per discutere “la cooperazione con gli Stati Uniti”. A nessuno sfugge tuttavia che il vertice arriva in un momento in cui le relazioni tra le due principali economie mondiali sono particolarmente tese: gli Stati uniti guardano con crescente preoccupazione alla progressiva modernizzazione dell’esercito cinese e all’assertività di Pechino nella regione, mentre la Cina vede crescere l’offensiva isolazionista nei suoi confronti da parte USA. In questo scenario non solo la guerra dell’“amico” di Pechino Vladimir Putin in Ucraina ha contribuito a minare la già poca fiducia reciproca, ma anche la competizione per l’influenza nell’Indo-Pacifico mostra agende contrastanti e la riduzione progressiva di uno spazio per il dialogo.
L’Ucraina al tavolo dei colloqui?
Sebbene il vertice sia incentrato sulle questioni di sicurezza asiatiche, la guerra in Ucraina occuperà parte delle discussioni. Il conflitto, arrivato ormai al 106esimo giorno, ha causato la morte di decine di migliaia di persone, sradicato milioni di abitanti dalle proprie case, ridotto in cenere intere città e provocato un’ondata di profughi che l’Europa non vedeva dai tempi della Seconda guerra mondiale. L'Ucraina invierà una delegazione al vertice a cui invece i russi non parteciperanno, riferisce Reuters. Se Pechino cercherà di difendere la sua “neutralità strategica” nei confronti di Mosca, Washington cercherà di fare pressione sulla Cina perché non interferisca con le sanzioni occidentali. Finora il presidente cinese Xi jinping ha infatti evitato di correre in aiuto di Mosca per timore di incorrere nelle sanzioni occidentali, ma pubblicamente ha sempre solo criticato la Nato e gli Stati Uniti per aver “minato” la sicurezza in Europa “provocando” la reazione di Mosca. E ieri il presidente ucraino Zelensky è tornato a chiedere l’intervento di Pechino perché usi la sua influenza su Mosca per fermare il conflitto.
Taiwan, l’elefante nella stanza?
L’altro elefante nella stanza dei colloqui bilaterali tra Stati Uniti e Cina non potrà che essere Taiwan. L’isola che Pechino rivendica come parte del proprio territorio, e attorno a cui ha aumentato l'attività militare negli ultimi due anni, in risposta a quella che definisce una “collusione” tra Taipei e Washington. Appena pochi giorni fa il presidente Joe Biden ha sollevato un ampio dibattito affermando che gli Stati Uniti sarebbero stati “coinvolti militarmente” se la Cina avesse attaccato Taiwan. La Casa Bianca, subito dopo, ha chiarito che la politica statunitense sulla questione non è cambiata e che Washington non sostiene l'indipendenza di Taiwan. Tuttavia, molti osservatori si sono chiesti se – alla luce della crescente assertività di Pechino nella regione – quello del presidente americano non sia stato un modo per lanciare un avvertimento. Washington ha tenuto a lungo una politica di ambiguità strategica sulla difesa di Taiwan, ma negli ultimi anni l’influenza su tutte le isole del Pacifico è considerato un fronte chiave nella competizione con la Cina. L'inviato speciale di Biden visiterà le Isole Marshall la prossima settimana mentre nei giorni scorsi dieci stati insulari del Pacifico hanno ospitato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che ha presentato loro una proposta per un ampio patto commerciale e di sicurezza.
Un ‘guard-rail’ nell’Indo-Pacifico?
Nel frattempo, la Corea del Nord continua a catalizzare l’attenzione internazionale. Il 5 giugno, Pyongyang ha lanciato otto missili balistici, il maggior numero mai lanciato in un solo giorno, portando il numero totale del 2022 a 31, un nuovo record. E ad agitare ulteriormente le acque sono arrivate, nei giorni scorsi, foto satellitari e notizie secondo cui Pechino starebbe costruendo segretamente un porto in Cambogia ad uso esclusivo della sua marina, e che la portaerei più avanzata delle forze armate cinesi sarebbe in via di completamento. Motivi che destano più di qualche preoccupazione a Washington. Quello a cui gli Stati Uniti ambiscono “è un guard-rail nelle nostre relazioni con Pechino”, ha spiegato alla CNN un funzionario del dipartimento della Difesa. A dimostrazione del fatto che Washington non intende abbandonare l’Indo-Pacifico alla sfera di influenza di Pechino. Ma, anche se il momento è particolarmente caldo, “non dovremmo aspettarci grandi annunci dall’incontro di Singapore”, osserva Filippo Fasulo di Ispi, facendo notare che Wei Fenghe “è l’omologo di Austin solo in termini protocollari e quindi pur essendo positivo il fatto che si parlino, lasciando intendere che la via del dialogo tra i due paesi è aperta, il loro sarà molto probabilmente solo un incontro interlocutorio”.
Speciale Ucraina
Il commento di Paolo Magri, Vice Presidente esecutivo di ISPI
Gli ultimi aggiornamenti
- Non c’è ancora nessun accordo concreto sull'esportazione di grano ucraino. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov senza confermare le notizie secondo cui 11 carichi di grano avrebbero già lasciato Melitopol per la Turchia.
- Sono 4,8 milioni i cittadini ucraini registrati come rifugiati in 44 paesi europei dal 24 febbraio scorso, secondo gli ultimi dati resi noti dall'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.
- L’esercito russo ha bombardato per due volte tra ieri sera e la notte scorsa l'impianto chimico Azot a Severodonetsk, dove si sono rifugiati circa 800 civili, di cui 200 dipendenti e circa 600 residenti.
- “Parlare con Vladimir Putin è come parlare con Hitler”: così il presidente polacco Andrzej Duda ha criticato i leader occidentali che cercano il dialogo con il presidente russo per fermare la guerra in Ucraina.
***
A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications.