Il debito totale cinese sta diventando fonte di crescente preoccupazione per le autorità di Pechino, incapaci finora di porre rimedio ad una situazione di indebitamento crescente che se non ben gestita rischia di produrre conseguenze inimmaginabili tanto a livello interno che a livello internazionale.
Alcuni dati
Secondo recenti stime di Goldman Sachs, il debito cinese complessivo risulta essere più che quadruplicato dal 2007, salendo a 317% del Pil. Un valore considerevole di oltre 50 trilioni di dollari, circa 25 volte la dimensione dell'economia italiana. Ad essere estremamente alto è il debito delle imprese che rappresenta attualmente oltre i due terzi del debito totale, attestandosi a circa il 170% del Pil. È molto difficile invece stimare con precisione il debito pubblico totale in Cina. Mentre i dati sul debito del governo centrale sono abbastanza accurati, i conti dei governi provinciali e locali sono infatti noti per essere non trasparenti.
Come tutto è iniziato
Oggi, a causa della mancanza di trasparenza dei dati e delle politiche economiche e finanziarie cinesi, è impossibile affermare quanto effettivamente siano sostenibili gli attuali tassi di indebitamento. Quello che è invece possibile fare è ripercorrere i tempi e le cause della crescita del debito. Il fattore scatenante è stata la crisi finanziaria globale nel 2008. Tra l'inizio del 2004 e la fine del 2008, il debito lordo cinese era stabile e ammontava intorno al 170-180% del Pil. Un valore superiore alle medie di altri paesi, ma comunque gestibile. Nel 2008 poi è arrivata la crisi del sistema finanziario occidentale, che ha portato alla recessione nei paesi ad alto reddito. La Cina ha risposto con un enorme programma di investimenti pari a circa il 12% del Pil, probabilmente il più grande stimolo monetario e fiscale mai adottato che ha fatto aumentare la quota degli investimenti lordi sul Pil dal 41% del 2007 al 48% del 2010 ma che ha anche comportato un massiccio aumento del debito, soprattutto per le società non finanziarie.
È sostenibile il debito cinese?
Gli analisti sottolineano che il governo centrale cinese probabilmente non sia sovra indebitato e che comunque potrebbe far fronte a eventuali crisi attingendo alle enormi riserve detenute in valuta estera. La Cina ha una banca centrale ben gestita, un controllo efficace sul sistema bancario, la proprietà di vaste risorse nazionali ed estere e severi controlli sulle transazioni estere. Se Pechino fosse determinata a proteggere il sistema finanziario dal collasso, potrebbe farlo. Questo la rende - almeno per ora e fino a quando i mercati finanziari cinesi resteranno strettamente controllati dallo Stato relativamente invulnerabile alle speculazioni straniere. Inoltre, la Cina detiene massicci risparmi familiari pari al 50% del Pil e la maggior parte del debito è di proprietà dello Stato e detenuto all’interno del territorio nazionale. Tuttavia, se il debito lordo dovesse ulteriormente aumentare nei prossimi anni ad oltre il 400% del Pil, la situazione del paese potrebbe diventare (molto) più complicata e probabilmente insostenibile. Occorre inoltre segnalare che i governi provinciali hanno ulteriormente e drammaticamente aumentato le operazioni finanziarie rischiose, facendo spesso ricorso (dal 2007) ai cosiddetti 'shadow banking' non controllati.
‘Shadow Banking’
I prestiti cinesi ‘shadow banking’ sono crediti che non sono generati dal settore bancario ufficiale, ma sono forniti da società controllate da società di gestione di fondi, società di titoli, prestiti informali e micro-finanziamenti. Queste istituzioni formano un settore bancario ‘shadow’ perché non si sottomettono alle regolamentazioni del settore bancario, in particolare le normative prudenziali che impongono un tetto massimo al rapporto prestito/deposito e requisiti patrimoniali minimi. L'industria del ‘si stima equivalga a una rete di 10 trilioni di dollari di prestiti non regolamentati e prodotti di investimento particolarmente rischiosi. Il suo sviluppo è stato determinato prevalentemente dalle numerose restrizioni e limiti al finanziamento che soprattutto le aziende private cinesi incontrano da parte del bancario ufficiale i cui prestiti sono invece prevalentemente canalizzati a favore dei grandi conglomerati industriali, direttamente o indirettamente controllati dallo Stato. I tassi di interesse sui prestiti delle ‘shadow banks’ sono significativamente più alti di quelli delle banche ufficiali. Tuttavia, molte delle ‘shadow banks’ sono filiali di banche ufficiali, che consentono agli operatori di eludere alcune delle normative e monitorare quando concedono prestiti.
Prestiti e crediti deteriorati
Si stima che le banche ufficiali, le ‘shadow banks’ e le quattro maggiori compagnie di gestione patrimoniale (AMC) della Cina detengano circa 1,4 trilioni di dollari di prestiti inesigibili; cifra destinata a crescere nei prossimi anni, , con il rallentamento della crescita economica e la diminuzione dei profitti delle imprese. I gestori patrimoniali cinesi, come in molti altri paesi, hanno acquistato un gran numero di portafogli di debito in sofferenza. Se non riusciranno a venderli velocemente e a recuperare i soldi, potrebbero affrontare rischi di liquidità quando i loro prestiti a breve termine saranno scaduti.
Più prestiti e niente riforme
Sebbene ufficialmente focalizzato sulla riduzione del debito, nel 2017 il governo ha ridotto i coefficienti patrimoniali delle banche, rendendo più lasco il sistema di concessione dei prestiti per aumentarli di circa il 15%. In effetti, nel gennaio 2019 le banche statali cinesi hanno incrementato il tasso dei prestiti emettendo per un valore di $ 477 miliardi. A scapito dei prestiti a società private tuttavia la quota di nuovi prestiti bancari delle imprese di proprietà del governo è salita dal 30% al 70%. Una situazione che ha spinto molte società private a rivolgersi sempre di più alle ‘shadow banks.’ A questo si aggiunga che i finanziamenti per investimenti pubblici (44% del Pil) vengono spesso fagocitati da progetti dispendiosi e da imprese statali inefficienti che tendono a rallentare la crescita della produttività.
Che dire delle riforme, allora?
Finora, molto rumore per (quasi) nulla. Le società private più efficienti continuano ad avere difficoltà ad accedere ai prestiti bancari. Lo Stato sta fornendo incarichi ad imprese di proprietà statale (SOE) affidando loro progetti di infrastrutture pubbliche, spesso inefficienti e dispendiosi. Allo stesso tempo gli allarmi sulla necessità di ridurre i prestiti e di porre in essere interventi sulla politica monetaria e fiscale sono stati ampiamente ignorati da Pechino. Il quotidiano People's Daily (controllato dal partito comunista) nel maggio 2016 ha citato il vice Primo Ministro Liu He secondo il quale " il Paese dovrebbe urgentemente ridurre il suo debito, e la fantasia di stimolare l'economia attraverso politiche monetarie eccessivamente espansive dovrebbe essere abbandonata." Parole sagge, ma la Cina chiaramente non ha fatto nulla di tutto ciò. Invece, se la guerra commerciale con gli Stati Uniti si intensificasse ulteriormente, il risultato potrebbe invece portare ad un ulteriore espansione monetaria, un aumento degli investimenti pubblici inutili e inefficienti come soluzione di breve periodo per stimolare la crescita economica.