Nonostante i livelli di emergenza decisamente più bassi rispetto alla scorsa primavera, la pandemia di coronavirus continua a scombinare le agende internazionali. L’ultima ripianificazione è stata quella dell’attesissimo summit di Lipsia tra Cina e Unione europea (Ue), l’evento fortemente voluto dalla presidenza tedesca al Consiglio dell’Ue, già rimandato a data da destinarsi, ma che la Germania continua a sperare di riuscire a riproporre entro la fine dell’anno prima che, quindi, il paese termini il mandato.
Si è però svolto oggi, nei “giorni di Lipsia”, un summit virtuale che ha visto dialogare il Presidente Xi Jinping con i “grandi” delle istituzioni europee, da Charles Michel e Ursula von der Leyen a Josep Borrell e anche Angela Merkel, in rappresentanza della presidenza tedesca. Al cuore del summit vi sono tematiche come il cambiamento climatico, il commercio e gli investimenti, gli effetti sanitari, economici e sociali di Covid-19 e i dossier legati alla sicurezza come Hong Kong, la tutela delle minoranze etniche in Xinjiang e in Tibet e il Mar cinese meridionale. In particolare, al termine dell’incontro, è stato annunciato un “Dialogo congiunto sui diritti umani” che si terrà a Pechino entro la fine dell’anno e comprenderà una visita ufficiale in Tibet.
Sebbene si tratti di un incontro virtuale in forma ridotta, il summit si svolge in una congiuntura particolarmente critica per le relazioni tra Cina e Ue. Il “pellegrinaggio” esplorativo di fine agosto del ministro degli esteri Wang Yi tra Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Francia e Germania aveva infatti confermato, anche nella pratica, la ricezione generalmente negativa dell’engagement cinese da parte dell’Europa, il cui trend discendente è ben esemplificato dai dati degli ultimi sondaggi. Se già lo scorso anno la potenziale costruzione di un’infrastruttura cinese per la tecnologia 5G in Europa aveva messo in discussione l’immagine della Cina agli occhi europei, la pandemia e la “diplomazia delle mascherine” (così come è stata soprannominata la donazione/vendita di materiale sanitario all’Europa nella fase acuta dell’emergenza) hanno contribuito ad aggravare la posizione del paese come “rivale strategico” dell’Ue. Non a caso i toni della tappa tedesca di Wang si sono dimostrati particolarmente accesi, sebbene si trattasse di un incontro diplomatico. Il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas, infatti, ha risposto con decisione alle osservazioni critiche di Wang alla visita ufficiale del presidente del Senato ceco a Taiwan, facendo eco ai suoi omologhi olandese e francese nel sollevare la questione della violazione dei diritti umani. Perfino la tappa italiana, considerata da diversi osservatori come meno problematica per Wang, ha toccato il tema dell’autonomia, dei diritti e delle libertà a Hong Kong dopo l’entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale nella città.
Il summit virtuale si è quindi delineato come un’occasione per il Presidente Xi di “riconquistare” un’Ue altamente critica nei confronti della Cina. Un’occasione che potrebbe dimostrarsi decisiva per Pechino nel breve periodo, visto l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali statunitensi. La vittoria del candidato democratico Joe Biden e la messa in pratica della sua “China policy” tesa a istituire una risposta multilaterale alla Cina, infatti, potrebbero dare la spinta decisiva a una nuova fase di collaborazione nelle relazioni transatlantiche che andrebbe ad inficiare il consolidamento del network internazionale cinese.
Nonostante lo svantaggio di dialogare con un’audience critica, buona parte delle tematiche dell’intero summit erano di fatto congeniali agli obiettivi cinesi: dalle questioni “green” per le quali Pechino si è trovata fino ad oggi in accordo con l’Ue fino alle risposte agli effetti della pandemia di cui si è fatta baluardo durante l’emergenza. Eppure, l’approccio Ue nei confronti della Cina è andato a colpire anche i “cavalli di battaglia” cinesi, in primis commercio e investimenti. Il summit odierno è stato infatti preceduta dalla firma (attesa) di un “Accordo sulla protezione delle indicazioni geografiche protette”, uno strascico dell’edizione 2019 del Summit Ue-Cina, che protegge cento indicazioni geografiche protette europee in Cina e cento cinesi in Ue da usurpazione e imitazione. I negoziati per finalizzare l’“Accordo comprensivo sugli investimenti” rimangono lontani da qualsiasi svolta decisiva.
Ciò che il summit virtuale di oggi ci lascia è la certezza di un’Ue più conscia degli strumenti in suo possesso e più pronta a rapportarsi alla controparte cinese con un approccio coeso, preparato ad affrontare anche temi controversi come quello dei diritti umani, nelle parole del Presidente del Consiglio europeo: “l’Europa deve essere un giocatore e non un campo di gioco”. Eppure, più di ogni altro, questo summit, nato e rimasto in sordina, ricalca un trend che era stato anche dell’Accordo di prima fase tra Stati Uniti e Cina dello scorso gennaio: un’attesa, sempre più palpabile, per i risultati delle elezioni presidenziali americane che, nonostante tutti i passi indietro fatti da Trump negli ultimi quattro anni, hanno ancora il potenziale di influenzare profondamente lo scacchiere internazionale.