La crisi provocata dal Covid-19 ha colpito il commercio mondiale, già indebolito nel 2019 a causa delle tensioni tra Cina e Stati Uniti, delle incertezze sulla Brexit, di dispute commerciali e dell'ascesa di molte politiche protezionistiche rafforzate dalla pandemia che ha accelerato questa tendenza.
Secondo un rapporto del Global Trade Alert, alla fine del 2019 si registrava un maggiore protezionismo e una minore liberalizzazione del commercio: tra gennaio 2017 e novembre 2019, in tutto il mondo, e non solo negli Stati Uniti e in Cina, sono state introdotte 2.723 nuove politiche tariffarie che hanno creato distorsioni commerciali, con una conseguente perdita di oltre 10 miliardi di dollari nel commercio globale.
L’impatto del Covid sul settore marittimo
Tutto ciò influisce sul commercio marittimo mondiale che, secondo l’UNCTAD, alla fine del 2020, a seguito della crisi senza precedenti causata dal Covid-19, registrerà un calo del 4,1%. Con la ripresa della produzione globale, il commercio marittimo dovrebbe tornare crescere del 4,8% nel 2021, per un totale di quasi 12,1 miliardi di tonnellate, leggermente al di sopra dei livelli del 2019. Ciò naturalmente se non si verificheranno nuove ondate di pandemia che, colpendo le catene di approvvigionamento, le reti di trasporto e i porti, porterebbero a un crollo dei volumi di carico, mettendo a rischio le prospettive di ripresa, già molto incerte sia nel breve che nel lungo periodo.
Per quanto riguarda le merci, alla fine del 2020, si stima un calo pari all’1,9% nel trasporto via mare dei containers, di fatto inferiore a quanto inizialmente previsto; per le rinfuse secche il calo totale sarà del 2,5%, con riduzioni rilevanti per il carbone (-9%) e le rinfuse minori (-4%), a fronte di aumenti del trasporto di grano (+6%) e di minerale di ferro (+3%), in gran parte dovuti alla consistente domanda dalla Cina. A seguito della forte contrazione della domanda e dei tagli alla produzione OPEC, si prevede una riduzione del 6,6% dei traffici marittimi di greggio e del 7,7% dei prodotti petroliferi, nonostante le forti importazioni di greggio della Cina.
Il settore del trasporto passeggeri, in particolare le crociere, sta affrontando dai primi mesi del 2020 sfide molto difficili: praticamente, durante la fase iniziale della crisi, tutte le operazioni sono state sospese sia in Europa che negli Stati Uniti. Attualmente, solo Italia, Germania e Grecia hanno autorizzato la ripresa delle operazioni, ma con rigide restrizioni. In Spagna, una sola compagnia di crociere è stata autorizzata a operare nelle Isole Canarie
La situazione italiana
In Italia, le crociere, rimaste ferme in primavera e per buona parte dell'estate fino a metà agosto, tornano a fermarsi a seguito del DPCM del 3 dicembre 2020 che stabilisce la sospensione dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 dei servizi di crociera delle navi passeggeri di bandiera italiana, aventi come luoghi di partenza, di scalo o di destinazione finale porti italiani. È altresì vietato alle società di gestione, agli armatori ed ai comandanti delle navi passeggeri di bandiera estera impiegate in servizi di crociera di fare ingresso nei porti italiani, anche per soste inoperose.
Secondo recenti statistiche, a causa del Covid-19, il mancato contributo all’economia italiana del turismo crocieristico a fine 2020 è pari a 1 miliardo di euro e si stima che, a fine anno, i passeggeri movimentati nei porti nazionali saranno circa 800 mila, con un crollo del 93,5% rispetto al 2019, con un ritorno ai livelli del 1993.
Vi è da dire che i protocolli sanitari adottati dal settore crocieristico in collaborazione con le autorità, hanno dimostrato la loro piena efficacia negli ultimi quattro mesi di operatività. Da rilevare che il modello italiano rappresenta un’eccellenza presa a riferimento in tutto il mondo. Ciò influisce su un generale ottimismo per il futuro: nel triennio 2021-2023 si prevedono nuovi investimenti per più di 500 milioni di euro, mentre sono 44 le nuove navi ordinate a cantieri italiani.
Il trasporto marittimo mondiale
Dal lato dell’offerta di trasporto marittimo, si prevede che nel 2020 la flotta mercantile mondiale aumenterà del 2,9%. Grecia, Giappone e Cina rimangono i primi tre Paesi proprietari di navi in termini di capacità di carico con il 40,3% del tonnellaggio mondiale. Liberia, Isole Marshall e Panama sono ancora le tre principali bandiere di registrazione, con il 42% della capacità di carico totale. L’Unione europea controlla il 39,5% della flotta mondiale.
La forte contrazione della domanda di trasporto marittimo, l’aumento del costo del lavoro e dei premi assicurativi sono solo alcune delle numerose problematiche che penalizzano un gran numero di compagnie di navigazione, la principale delle quali riguarda la crisi umanitaria venutasi a creare a causa delle restrizioni ai viaggi internazionali introdotte dai governi per contrastare la pandemia da Covid-19, con più di 400.000 marittimi rimasti bloccati in mare per mesi, oltre la scadenza dei loro contratti: una situazione insostenibile sia per il benessere dei marittimi, sia per la stessa sicurezza delle navi. Rispetto ai primi mesi dell’anno, la situazione sta leggermente migliorando. Tuttavia, vi sono ancora migliaia di marittimi bloccati sulle navi e altrettanti che non possono partire per sostituirli.
Le difficoltà dei marittimi
Tutte le organizzazioni marittime internazionali si sono attivate chiedendo alle istituzioni nazionali e mondiali di intervenire per risolvere la situazione. È stato anche redatto con l’IMO (International Maritime Organization, l'Agenzia delle Nazioni Unite responsabile della sicurezza e della protezione delle navi e della prevenzione dell'inquinamento marino) un protocollo per garantire avvicendamenti sicuri degli equipaggi attraverso i confini internazionali evitando di mettere a rischio il commercio mondiale. Di recente è stato sollecitato anche il sostegno di Jeff Bezos, CEO di Amazon, chiedendogli di usare la sua influenza quale imprenditore leader nel mondo per le vendite al dettaglio che fa affidamento sullo shipping globale, a favore dei marittimi bloccati in mare esercitando pressioni sulla nuova amministrazione USA e sugli altri leader mondiali per riconoscere ai marittimi il ruolo di lavoratori chiave. Il 1° dicembre l’Assemblea delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione che riconosce tale ruolo alla gente di mare e incoraggia i governi ad attuare immediatamente misure per consentire i cambi degli equipaggi garantendo l'accesso alle cure mediche per tutto il personale marittimo.
Per far fronte alle interruzioni legate alla pandemia, gli operatori del settore marittimo hanno adeguato le loro operazioni, protocolli sanitari e di sicurezza, nonché pratiche e procedure di lavoro. Inoltre, diversi governi, attraverso le autorità portuali e le amministrazioni doganali, hanno attuato riforme per mantenere il flusso commerciale adottando misure per la sicurezza dei lavoratori.
I trend del futuro e la decarbonizzazione
La pandemia ha messo in luce quanto il mondo fosse impreparato a una simile crisi e ha evidenziato l'urgenza di investire nella gestione del rischio e nella formazione per rispondere alle emergenze nei trasporti e nella logistica.
È emersa l’esigenza di investire nella digitalizzazione e nella semplificazione delle pratiche burocratiche nel settore marittimo e nei porti, e, per contro, si sono manifestati i gravi rischi derivanti da attacchi informatici che potrebbero paralizzare le catene di approvvigionamento e i servizi nel commercio marittimo globale.
Il Covid-19 ha anche dimostrato che il trasporto marittimo è la modalità più economica e ambientalmente compatibile, principale facilitatore del commercio globale, e che sarà al centro della ripresa economica, sia in mare che a terra. Anche se l'industria del trasporto marittimo dovrà essere preparata ad affrontare un mondo post-Covid-19 trasformato.
Di certo, nel prossimo futuro, nell’ambito delle politiche volte a contrastare il cambiamento climatico, proseguirà l’azione dello shipping mondiale per rendere il trasporto marittimo sempre più green.
Nel decennio 2008-2018, sono diminuite di quasi il 20% le emissioni di Co2 del settore e dal 1° gennaio 2020, il tenore di zolfo nel combustibile per uso marittimo è stato ridotto di ben sette volte in ambito globale (dal 3,5 allo 0,5%), accelerando anche la riduzione delle emissioni dei cosiddetti SOx. L’IMO prevede, entro il 2050, la riduzione del 50% delle emissioni di gas serra rispetto al 2008.
È un obiettivo ambizioso per il quale l’industria marittima è fortemente impegnata a condizione che l’azione sia condivisa a livello internazionale evitando singoli interventi nazionali che danneggerebbero il settore e, quindi, l’economia mondiale.
Si stanno studiando anche altre alternative per facilitare la decarbonizzazione del trasporto marittimo e raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra stabiliti dall’IMO: dall’utilizzo di LNG quale “soluzione transitoria”, all’ammoniaca e idrogeno, batterie sempre più capaci e lo sviluppo delle relative tecnologie per alimentare la flotta mondiale.
Spesso si dimentica che circa il 90% del commercio mondiale viaggia via mare: ciò significa che senza le navi, “metà della popolazione del pianeta morirebbe di fame e l’altra metà morirebbe di freddo”. Tanto più in questo periodo il trasporto marittimo, che non si è mai fermato, riveste un ruolo fondamentale assicurando gli approvvigionamenti necessari alla popolazione, a cominciar dai prodotti alimentari, l'energia e le materie prime, le forniture medico-sanitarie e molti prodotti venduti nei supermercati.
In pratica, questa emergenza sanitaria ha messo in evidenza il ruolo vitale del trasporto marittimo e di tutta la blue economy per la vita quotidiana. E ciò è particolarmente vero per l’Italia, Paese povero di materie prime e grande esportatore di manufatti.
Mario Mattioli, presidente della Confederazione Italiana Armatori e della Federazione del Mare, ha affermato che, nonostante il 2020 sia stato un “Annus Horribilis” per tutta l’economia e in particolare per le attività legate al trasporto e alla logistica, specie per quelle marittime, fortemente integrate nel commercio internazionale e che rappresentano l’anello fondamentale del sistema economico, con la pandemia “è emersa chiaramente l’importanza del settore marittimo-portuale il cui ruolo fondamentale è stato riconosciuto dalle istituzioni, sia italiane che estere. E in questo contesto, la creazione di una vicepresidenza di Confindustria con delega specifica all’Economia del mare, è di grande stimolo per la Federazione del Mare che nel 2021 dovrà capitalizzare questo riconoscimento cogliendo l’occasione della presidenza italiana del G20 e delle iniziative B20 guidate dalla task force di Confindustria, per mettere il mare al centro della ripresa di un’economia blu sostenibile”.