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Il mondo che verrà 2023

Country to Watch 2023: Turchia

Soli Özel
24 Dicembre 2022

Questo è un anno memorabile nel calendario turco. Il Paese festeggerà i cento anni dalla fondazione della Repubblica, i cui principi e le cui aspirazioni sono stati messi a dura prova negli ultimi anni. Gli accordi e gli obiettivi nazionali dei fondatori, e le loro aspirazioni occidentali, sono stati deviati o sovvertiti e, in un momento di profonda crisi per quasi tutte le democrazie del mondo, anche la politica turca ha compiuto una brusca virata, allontanandosi dalle pratiche democratiche, dalla separazione dei poteri e dallo stato di diritto. Per quanto riguarda l’identità e l'indirizzo della politica estera, il saldo orientamento strategico verso l’Occidente della Turchia è sempre più messo in discussione da amici e nemici, sebbene il Paese continui ad aderire alla NATO e al Consiglio d'Europa e a presentare una candidatura quasi fittizia per l’ingresso nell'UE. Anche se è prematuro proclamare la fine di tale identità strategica, essa è stata significativamente intaccata dagli sviluppi drammatici degli ultimi anni, in particolare dall'uso da parte della Turchia del potere di veto rispetto all'ingresso nella Nato della Svezia e della Finlandia.

Con questa posta in gioco il Paese deve prendere una decisione storica per non dire esistenziale sul proprio futuro. Al più tardi entro metà giugno, gli elettori si recheranno alle urne per eleggere un nuovo presidente e il Parlamento. I risultati delle elezioni determineranno probabilmente la rotta della Repubblica che sta entrando nel suo secondo secolo. Un voto a favore dell'attuale presidente e dell'alleanza che lo sostiene significherebbe mantenere il sistema presidenziale sultanista. L'opposizione, a sua volta, promette un ritorno a un sistema parlamentare 'rafforzato', maggiormente in linea con l'esperimento di politica democratica della Turchia.

La scelta degli elettori stabilirà se l'elettorato in generale ammetterà di aver commesso un errore nel 2017, quando con un referendum ha accettato un sistema presidenziale sui generis senza limitazioni. La loro scelta indicherà anche se la Repubblica rimarrà fedele al progetto dei suoi fondatori, ispirato ai principi dell'Illuminismo e con un orientamento occidentale, oppure sarà ripensata da un'alternativa autoritaria di ispirazione religiosa, un movimento che è stato plasmato dall'opposizione al progetto originale.

In un certo senso queste elezioni e la direzione che prenderà la politica estera turca, con la guerra in Ucraina sullo sfondo, contribuiranno a definire il rapporto del Paese con l'Alleanza Atlantica e anche con le componenti apprezzate del progetto di occidentalizzazione. La battaglia interna per l'identità della Turchia, che alcuni autori descrivono in termini di Kulturkampf tra una visione autoritaria religioso-nazionalista e una visione laico-democratica, è parte integrante della battaglia per delineare l'orientamento della politica estera del Paese e i principi che la guideranno.

In entrambi i casi le elezioni in Turchia avranno ripercussioni significative a livello regionale e globale. Se un governo autoritario ben radicato ed elettorale, che sta andando verso una repressione ancora maggiore, verrà respinto alle urne, questo rappresenterà un esempio incoraggiante e darà speranza a tutti i movimenti di opposizione democratica a livello globale, proprio come è accaduto con le elezioni brasiliane. Se il nuovo governo turco riuscirà a ripristinare le relazioni della Turchia con i suoi alleati e ne riconfermerà l’orientamento strategico occidentale, ciò stimolerà anche gli sforzi tesi a ricostruire l'Alleanza Atlantica, con la NATO come sua istituzione centrale, dopo il terremoto geopolitico rappresentato dall'invasione russa dell'Ucraina.

Un cambiamento così drammatico nella politica della Turchia potrebbe comportare anche una ritaratura o un riesame dei rapporti tra l'Unione Europea e la Turchia. Attualmente la mancanza di immaginazione da parte dell'UE, l'indifferenza, se non l'antipatia, del governo di Erdogan nei confronti del progetto europeo, tranne che dal punto di vista economico, e la mancanza di fiducia tra le due parti hanno ridotto il loro rapporto a un mero transazionalismo. Non è eccessivo suggerire che un'Europa che deve essere reinventata dal punto di vista economico, strategico e della sicurezza generale dovrà instaurare un rapporto di tipo diverso con la Turchia repubblicana. Si tratta di un imperativo per l'Europa se vuole mantenere la propria importanza nella nuova geopolitica globale.

Allo stesso modo, in un mondo considerato "policrisi", che si organizzerà per cluster economici, mentre la versione precedente della globalizzazione viene screditata e la svolta verso il localismo guadagna slancio, la Turchia dovrà consolidare la propria posizione nel cluster economico europeo e partecipare ai suoi mercati e alla sua imminente crescita tecnologica. Ha anche bisogno di investimenti europei per uscire dalla fossa in cui le politiche economiche non ortodosse (diciamo pure irrazionali) dell'attuale governo hanno seppellito l'economia del Paese. In breve, la Turchia deve partecipare alla ricostruzione dell'alleanza occidentale e del nuovo immaginario europeo e non essere solo una spettatrice. Per farlo, è necessario un cambio di governo.

Per quanto riguarda la politica estera, tre questioni si porranno in evidenza e dovranno essere monitorate con attenzione. La prima riguarda i rapporti con la Grecia, che si sono notevolmente deteriorati dopo il 2020. In entrambi i Paesi quest'anno si terranno le elezioni a poche settimane di distanza l'una dall'altra e i toni forti avvantaggiano internamente chi è già in carica. D'altra parte, il linguaggio bellicoso utilizzato dal presidente Erdogan eclissa le legittime preoccupazioni della Turchia e rinsalda il blocco dei difensori della Grecia e la sua rete di partner nel Mediterraneo orientale. La seconda questione, come già detto, è la decisione che Ankara prenderà in ultima analisi sull'allargamento della NATO. È chiaro che i due Paesi si spingeranno solo fino a un certo punto per soddisfare le richieste della Turchia di superare lo stallo e probabilmente Erdogan non permetterà che si proceda all'ammissione prima delle elezioni. Questo potrebbe mettere a rischio l'acquisto da parte della Turchia di F-16 aggiornati e di kit di modernizzazione per la sua flotta obsoleta.

Infine, le relazioni con la Russia continueranno a svolgere un ruolo importante per la politica estera della Turchia e per le sue sorti economiche. Ankara ha bloccato in modo decisivo l'uso da parte di Mosca della sua flotta navale nel Mar Nero, definendo l'invasione e il conseguente intervento militare una "guerra" e invocando la convenzione di Montreux, che le consente di non autorizzare il passaggio di navi da guerra di parti belligeranti attraverso gli stretti turchi. Non riconosce l'annessione della Crimea, sostiene l'integrità territoriale dell'Ucraina e appoggia lo sforzo bellico di Kiev fornendole droni e altro materiale militare. Allo stesso tempo, però, mantiene aperta una linea di comunicazione con Vladimir Putin, non chiude il proprio spazio aereo, non aderisce al regime delle sanzioni, accoglie i rifugiati e gli oligarchi russi (e i loro yacht e il loro denaro) e aiuta a negoziare accordi come il corridoio del grano con le Nazioni Unite, che allevia il problema globale della carenza di grano e dell'aumento dei prezzi dei generi alimentari. Tuttavia, viene severamente richiamata dal Dipartimento del tesoro degli Stati Uniti per i suoi tentativi di infrangere le sanzioni finanziarie. Putin sostiene apertamente la rielezione di Erdogan e ha persino inviato del denaro di emergenza alla Turchia attraverso Rosatom. Resta da vedere quanto a lungo la Turchia riuscirà a portare avanti questo gioco di equilibri, che sembra sempre più orientato verso la Russia.

A livello nazionale, la sfida principale per la Turchia è rappresentata dalla salvaguardia di elezioni libere ed eque. La modifica della legge elettorale, la costituzione dell'Alto consiglio elettorale e il cambiamento della sua composizione, una legge draconiana sulla 'disinformazione', interpretata da una magistratura quasi totalmente di parte, destano preoccupazione. D'altra parte, l'opinione pubblica turca prende molto sul serio le urne e la sacralità del voto e, in ultima analisi, la sua vigilanza è un'assicurazione per queste elezioni esistenziali.

 

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