Un’intesa di portata storica. Il governo della Colombia e i guerriglieri delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc) hanno firmato a L’Avana un accordo di pace definitivo. Termina un conflitto durato 50 anni che ha provocato 300.000 morti e 7 milioni di profughi. Nei prossimi 60 giorni saranno consegnate tutte le armi e nei successivi sei mesi i militanti confluiranno in 23 aree di smobilitazione e in 6 accampamenti provvisori. L’obiettivo finale è l’integrazione nella società civile di 20.000 uomini e donne, cresciuti in guerra nella giungla.
Insomma avviare un processo di normalizzazione richiederà tempo e una costante verifica da parte delle Nazioni Unite.
Alla firma dell’accordo erano presenti il presidente colombiano Juan Manuel Santos, il leader delle Farc Timoleón Jiménez (noto anche come Timochenko), il presidente cubano Raúl Castro, il ministro degli Esteri norvegese Børge Brende in rappresentanza dei paesi mediatori, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, il presidente venezuelano Nicolás Maduro e la presidente cilena Michelle Bachelet.
Tra gli altri hanno presenziato il Segretario Generale dell’Organizzazione degli stati americani (Osa), Luis Almagro, insieme agli ambasciatori e i rappresentanti dei 34 paesi membri.
Grande successo per la diplomazia di Cuba, che in questi ultimi anni ha svolto un ruolo di mediazione tra le parti. Il presidente Raul Castro e l’intero establishment cubano hanno accettato, alcuni anni fa, quest’incarico di mediazione, consapevoli che fosse un test per guadagnare credibilità in un’altra trattativa di portata storica. Quella tra Stati Uniti e Cuba. Il disgelo dopo l’avvio della Revolución del 1959.
«Oggi giovedì 23 giugno annunciamo #ElultimoDíaDeLaGuerra» (l’ultimo giorno della guerra), ha solennemente dichiarato Timochenko in un altro tweet.
Le lunghe e difficili trattative di pace tra le due parti puntano a porre fine ad un conflitto che si trascina nel paese dai primi anni Sessanta.
La violenza in Colombia era cominciata il 9 aprile 1948 con l’assassinio di Eliecer Gaitan, politico progressista che chiedeva una riforma agraria mirata a democratizzare il paese.
La Nazioni Unite invieranno circa 400 osservatori per monitorare l’accordo di disarmo, anche se lo storico cessate il fuoco bilaterale firmato a L’Avana potrebbe essere sottoposto a referendum: lo hanno reso noto fonti governative di Bogotà.
La firma e gli atti protocollari dovrebbero avvenire entro il prossimo 20 luglio (festa nazionale colombiana) e, a seguire, un periodo di sei mesi durante il quale avrà luogo il processo di disarmo, verificato dall’Onu.
Le prossime tappe. La Corte costituzionale colombiana dovrebbe pronunciarsi sulla fattibilità all’inizio di luglio: le parti si sono impegnate ad accettare il risultato della consultazione, ma non è chiaro che cosa accadrebbe nel caso – evidentemente considerato improbabile – in cui l’elettorato respingesse l’accordo di pace.
I negoziati tra il governo di Bogotà e la guerriglia sono iniziati lo scorso novembre 2012 a L’Avana e hanno portato a un accordo su cinque dei sei principali temi in agenda: giustizia per le vittime del conflitto, riforma agraria, lotta al narcotraffico, partecipazione politica per gli ex ribelli e (di recente) disarmo delle milizie.
Sulla scia di questo successo anche i guerriglieri del Esercito di liberazione nazionale (Eln), un’altra storica formazione rivoluzionaria, tramite il loro account Twitter, hanno espresso la «sincera volontà» nel voler raggiungere un accordo sul cessate il fuoco bilaterale con il governo colombiano. Hanno messo immediatamente a disposizione la delegazione al tavolo delle trattative.
L’accordo tra le Farc e l’Eln non è secondario nel raggiungimento di una pace definitiva. Un rallentamento dei negoziati «potrebbe minare la fiducia, la credibilità e il processo stesso».
L’Eln fa riferimento ad alcune dichiarazioni del presidente Santos che a più riprese avrebbe annunciato il rilascio di alcuni membri dell’organizzazione ancora detenuti, liberazione che non è mai avvenuta. I guerriglieri comunque hanno rilanciato invitando il governo colombiano a sviluppare un’agenda per trovare la soluzione per un ulteriore accordo verso un nuovo cessate il fuoco.
Quest’ultimo fattore, il ruolo dell’Eln, così come quello dei paramilitari colombiani, dimostra la difficoltà di raggiungere un nuovo equilibrio politico stabile.
La società colombiana, disarticolata da uno stato di tensione permanente, ha sperimentato negli ultimi anni svariate prove tecniche di coesione, ma solo un accordo definitivo e multilaterale potrebbe dispiegare le potenzialità economiche del paese.
Roberto Da Rin, corrispondente de Il Sole 24 Ore