L’Eurozona attende con ansia i risultati del Consiglio europeo del 23 aprile, quando i capi di stato e di governo si riuniranno per stabilire le misure da adottare per sostenere economicamente i paesi europei più colpiti dalla pandemia di Coronavirus.
Lo scorso 10 aprile i ministri delle Finanze dei 19 paesi dell’eurozona avevano chiuso un accordo di massima su un pacchetto composto da tre pilastri per 540 miliardi di euro complessivi: Mes, Bei, Sure. A queste misure i paesi del Sud dell’Eurozona (l’Italia inclusa) vogliono aggiungere un nuovo strumento, creato ad hoc, il ‘Recovery fund’, un fondo europeo da utilizzare per emettere i cosiddetti ‘recovery bond'. È questo, uno dei principali nodi che il Consiglio del 23 aprile cercherà di sciogliere: tra gli stati membri infatti permangono posizioni distanti riguardo all’ammontare del fondo, a chi lo garantirà, e a come verrebbero distribuite le risorse tra i paesi. In generale, il Sud Europa punta a una garanzia comune magari attraverso il prossimo bilancio Ue 2021-2027, mentre il Nord Europa è contrario a un debito comune senza vincoli sulle finanze degli stati. Al momento, quel che è chiaro a tutti è che una risposta sufficiente a controbilanciare l’impatto negativo della pandemia sull’economia europea non arriverà attivando solo questo o quello strumento. Sarà necessario stabilire una strategia articolata, composta da molteplici strumenti per condividere i rischi e le sfide di una crisi economica senza precedenti. Se non lo si farà con una visione d’insieme, coerente e solidale, l’Europa, e in particolare l’eurozona, rischia di sgretolarsi.
Un debito comune?
Nato su spinta francese, il Recovery fund dovrebbe costituirsi come un fondo garantito dal bilancio dell’Unione Europea, che potrà finanziarsi emettendo i cosiddetti recovery bond. Le stime su quanto sarebbe necessario variano dai 500 ai 1.500 miliardi di euro. Con questi soldi il fondo finanzierebbe progetti di rilancio dell’economia europea inclusi quelli legati alla transizione energetica e al rafforzamento delle infrastrutture fisiche e digitali.
Val la pena ricordare che la ‘mutualizzazione del debito’ – ipotesi alla quale da sempre paesi come la Germania e l’Olanda si sono dichiarati contrari – non riguarderebbe i debiti pregressi degli stati ma solo l’incremento del loro indebitamento legato al Covid-19. I titoli di debito comune, secondo i piani dell’Eliseo e degli altri paesi del Sud, sarebbero una prova tangibile della solidarietà comunitaria in un momento di crisi economica senza precedenti.
Posizioni troppo distanti?
Non sarà facile negoziare i dettagli del fondo. Al momento le proposte sul tavolo sono sostanzialmente due. Il governo tedesco sembra disposto a finanziare il fondo aumentando i contributi di ciascuno stato al bilancio dell’Unione Europea. Una apertura già di per sé importante perché nei mesi scorsi i cosiddetti ‘paesi frugali’ (tra cui appunto la Germania) si erano opposti a qualsiasi aumento del bilancio Ue per un ammontare significativamente superiore all’1% del Pil europeo. I paesi del Sud, con Francia e Spagna più propensi a una mediazione, puntano invece sulla necessità di ricorrere ai cosiddetti coronabond. Divisioni inoltre permangono in merito ai criteri che verrebbero usati nella ripartizione delle risorse tra i vari paesi (secondo la contrazione del Pil e l’aumento del tasso di disoccupazione in ogni paese come propone Madrid?). Infine bisognerà stabilire come questi fondi verranno concessi: si tratterà di prestiti (che farebbero comunque aumentare l’indebitamento dei paesi), di ‘grants’ elargiti dalla Commissione?
Con quale velocità?
Se l’esito più probabile del summit rimane l’approvazione delle tre misure prese dall’Eurogruppo di due settimane fa, l’attività diplomatica delle ultime ore potrebbe aprire ad un compromesso tra le diverse proposte sul tavolo in merito al Recovery Plan. Eppure, se anche un accordo sul fondo fosse raggiunto, lascerebbe aperte molte questioni tecniche riguardo ai punti sopra indicati e su cui le divisioni sembrano rimanere. È probabile quindi che si richieda alla Commissione di tracciare un quadro dettagliato nelle prossime settimane con l’obiettivo che il fondo, auspicabilmente, risulti attivo già in estate. Ma se per l'attivazione del fondo si volesse usare davvero il bilancio Ue 2021-2027 bisognerà trovare prima un accordo sul bilancio stesso e un escamotage per renderne possibile il suo utilizzo prima del prossimo anno.
Il commento
di Antonio Villafranca, coordinatore della Ricerca e Co-Head osservatorio Europa e Governance Globale, ISPI
"Il precedente accordo dei ministri delle finanze sulle tre misure (Mes, Bei, Sure) poteva essere accolto positivamente solo se fosse stato un primo passo per affrontare l’emergenza. In vista del Consiglio tutti i leader riconoscono che bisogna fare di più anche se non sono d’accordo sull’ammontare, gli strumenti e i tempi. Auspicabilmente ci si può aspettare un accordo di massima sul Recovery Plan i cui dettagli verranno poi delineati nelle settimane successive. Di solito in questi casi si dice che il diavolo è proprio nei dettagli. Con il Recovery Plan peraltro non si tratta di semplici dettagli, ma di aspetti fondamentali da cui dipenderà la bontà della risposta europea alla profonda recessione cui andiamo incontro."
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)