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CoVid-19

Coronavirus: obiettivo sicurezza alimentare

Alessandro Gili
|
Alberto Belladonna
30 aprile 2020

“La pandemia da Covid-19 è una minaccia alla sicurezza alimentare mondiale che può essere mitigata evitando la rottura delle catene globali del valore; preservare l’accesso al cibo deve essere un elemento essenziale della risposta sanitaria”.  Così si è espresso il Direttore Generale della FAO aprendo la riunione dei ministri dell’agricoltura del G20 il 21 aprile. Con il propagarsi dell’epidemia da coronavirus, aumenta nel mondo il numero di Paesi che sta incontrando crescenti problemi riguardanti la sicurezza delle proprie filiere alimentari.

L’allarme per la sicurezza alimentare globale è stato rilanciato pochi giorni fa durante la presentazione del Global Report on Food Crises 2020 del World Food Program (WFP). L’organizzazione internazionale, analizzando lo scenario globale, sostiene che la pandemia potrebbe compromettere i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare specialmente nei contesti più fragili e per i lavoratori del settore agricolo informale e della popolazione urbana. Lo shock potrebbe essere devastante per i 55 Paesi più poveri che ospitano 235 milioni di abitanti e che già vivevano una situazione di stress alimentare prima del coronavirus. Secondo l’agenzia ONU, questi Paesi potrebbero dover affrontare dolorose scelte tra evitare il diffondersi del contagio e salvare vite o mantenere i livelli di occupazione in campo agricolo per sfamare la popolazione. La pandemia di Covid-19 raddoppierà il numero di persone che vivono in situazioni di crisi alimentare, da 135 milioni del 2019 a 265 milioni del 2020, se misure urgenti non saranno messe in atto. Secondo il capo economista del WFP, Arif Husain, l’epidemia potrebbe avere effetti catastrofici per milioni di persone che dipendono dal lavoro quotidiano per assicurarsi il cibo: lockdown e una recessione economica globale potrebbero rappresentare una grave minaccia per la sopravvivenza di queste persone.

 

L’impatto per l’Africa

L’ Africa Sub-sahariana, che rappresenta la prima regione al mondo per importazioni di riso, il cui export è stato temporaneamente bloccato da molti paesi. In Nigeria il prezzo del riso importato è aumentato del 7,5% tra la fine di marzo e l’inizio di aprile; in Kenya, la distribuzione di beni alimentari d’emergenza alle fasce più povere della popolazione è rapidamente terminata; l’Africa orientale potrebbe registrare un deficit di 60.000 tonnellate di riso entro la fine di aprile. Oltre ai paesi più vulnerabili, la pandemia potrebbe generare situazioni di insicurezza alimentare in altri aree. In particolare, il WFP indica criticità per i maggiori stati arcipelago in via di sviluppo (Small Island Developing States) e per i paesi esportatori di petrolio. Queste nazioni potrebbero essere fortemente colpite poiché importatori netti di derrate alimentari con popolazioni il cui reddito dipende largamente dalle quotazioni del greggio, dalle rimesse e dal turismo. In generale, la crescita della disoccupazione e sotto-occupazione ridurrà in modo consistente il potere d’acquisto delle popolazioni. Il risultato si tradurrà in una riduzione della domanda globale anche dei beni primari come il cibo, diminuendo il reddito dei produttori, compresi quelli della filiera alimentare medio-alta. Le restrizioni ai movimenti stanno inoltre limitando la disponibilità di forza lavoro nel campo dell’agricoltura, comportando un aumento considerevole dei prezzi dei prodotti alimentari. L’agenzia mette inoltre in guardia dalle conseguenze di spinte protezionistiche, sia nella forma di tariffe che nei divieti all’esportazione: la conseguenza diretta sarebbe un aumento dei prezzi.

 

I problemi di approvvigionamento in Cina

Sfamare il Paese più popoloso al mondo, la Cina, potrebbe divenire uno delle criticità principali nel caso dell’interruzione o ritardi prolungate nelle forniture alimentari mondiali. I paesi molto popolosi come la Cina sono i più vulnerabili a improvvise scarsità negli approvvigionamenti alimentari dall’estero. La produzione nazionale, che in molti casi è ridotta dalle misure di lockdown, non è in grado di supplire autonomamente ai consumi interni. La Cina dipende dai mercati internazionali per circa l’80% della soia e altri beni quali latte e zucchero. Ciò non comporta immediati rischi per la fornitura di derrate alimentari, anche grazie alle riserve strategiche presenti nel territorio del paese, come ha dimostrato il fondamentale ruolo dei magazzini alimentari durante il lockdown nella regione dell’Hubei. I problemi fondamentali che il gigante asiatico attraversa in questo campo derivano dalla rottura della catena logistica che assicura la filiera mondiale di materie prime alimentari. L’interruzione del trasporto aereo, la chiusura dei porti e i ritardi nella spedizione di container hanno già prodotto una caduta considerevole delle fornitura alla Cina e a molti altri paesi. L’esportazione di soia da Brasile e Argentina, i due maggiori fornitori di Pechino, potrebbe diminuire nel caso di una diffusione più marcata dell’epidemia che imponga ulteriori restrizioni alla catena logistica, distributiva e dei trasporti. Per ora, la Cina sembra non averne risentito, registrando ad esempio un aumento delle importazioni di soia dal Brasile del 17% a marzo rispetto all’anno precedente.

 

I produttori asiatici di riso si chiudono

Paesi come il Vietnam, la Cambogia e l’India hanno introdotto limiti all’esportazione di beni alimentari. Il Vietnam (maggiore esportatore mondiale di riso) ha in origine bloccato totalmente l’export di riso, mentre ad aprile ha contingentato le esportazioni a un massimo di 400.000 tonnellate, al fine di aumentare le riserve nazionali. La Cambogia, da cui Pechino ha importato il 40% del riso nel 2019, ha vietato le esportazioni di riso e pesce. L’India, primo esportatore mondiale di riso nel 2018, ha interrotto la firma di nuovi contratti per la fornitura di riso, a causa anche delle misure di lockdown che hanno determinato carenze di manodopera agricola. Analoghe restrizioni all’esportazione di prodotti sono in atto anche in Russia e Kazakistan. Come risultato del complicato contesto interno e internazionale i prezzi alimentari in Cina sono aumentati del 21,4% in febbraio, in larga parte a causa dell’aumento del 135,5% dei prezzi di carne suina. Ciò si è tradotto in un’impennata dei prezzi al consumo generali del paese del +5,4% in gennaio e +5,2% rispetto all’anno precedente, ben al di sopra dell’obiettivo del Partito Comunista Cinese di mantenere gli incrementi sotto il 3% per assicurare la stabilità economica, sociale e politica del paese.

 

La risposta europea

Davanti agli innumerevoli rischi all’orizzonte, l’UE e altri 21 Paesi membri della WTO (World Trade Organization) che rappresentano il 63% dell’export agricolo e il 55% dell’import agricolo mondiale (tra cui Stati Uniti, Cina, Australia, Brasile, Canada, Giappone, Corea del Sud, Regno Unito) il 21 aprile hanno rilasciato un importante comunicato. Al suo interno si ribadisce l’impegno a mantenere attive e connesse le catene globali del cibo, garantendo gli approvvigionamenti attraverso le importazioni per tutti i paesi ed evitare misure di emergenza che possano avere impatti negativi sulla sicurezza alimentare degli stati membri: esse dovranno essere specifiche, proporzionate, trasparenti, temporanee e coerenti con le regole della WTO, tali da non creare eccessive e ingiustificate barriere al commercio. Divieti indiscriminati alle esportazioni porterebbero a volatilità e aumento di prezzi, e a carenze nelle forniture. Per ovviare a quest’ultimo problema dovranno essere garantiti i servizi logistici e di trasporto che assicurano la mobilità internazionale delle derrate alimentari.

La pandemia ha rivelato alcuni punti di debolezza nella catena logistica agricola dell’UE. Il blocco alla libera circolazione delle persone tra i paesi membri ha prodotto notevoli criticità nella produzione agricola e nella raccolta in realtà come la Germania, Italia e Spagna, che dipendono fortemente dai braccianti dell’Est Europa, in particolare dalla Romania, per la raccolta dei prodotti agricoli. Solo la Germania richiede  300.000 lavoratori stagionali per raccogliere una parte rilevante della produzione agricola nazionale. In Italia, la raccolta di frutta e verdura è al rischio collasso, proprio per la mancanza di lavoratori stagionali che ogni anno affluiscono dall’Est durante la primavera e l’estate.  

Per affrontare i problemi logistici della filiera, l’UE ha messo in campo diverse misure per assicurare la continuità produttiva ed estendere gli aiuti previsti per il settore agricolo.  In primo luogo, l’UE ha istituito green lanes (corsie verdi) per ovviare ai blocchi tra i confini nazionali. I trasporti alimentari, designati come beni essenziali, dovranno transitare in via prioritaria attraverso i principali valichi tra i paesi membri, con tempi non eccedenti i 15 minuti per eventuali controlli. In secondo luogo, l’UE ha designato i lavoratori agricoli stagionali come critical workers, qualificandoli come manodopera essenziale nella lotta contro il COVID-19, con la possibilità di raggiungere il proprio posto di lavoro in un altro stato membro.

Dal punto di vista finanziario, l’UE prevede tre strumenti principali. In primo luogo, una maggiore flessibilità degli strumenti finanziari per lo sviluppo rurale, erogando prestiti a tassi agevolati fino a 200.000 euro per coprire i costi operativi. In secondo luogo, sono stati aumentati gli acconti erogati nel quadro della Politica agricola  comune (PAC) dal 50 al 70% e dal 75 all’85% per i progetti di sviluppo rurale. Infine, nel quadro dell’autorizzazione temporanea agli aiuti di stato da parte della Commissione, sono stati aumentati gli aiuti erogabili ad aziende agricole e di trasformazione: fino a 120.000 euro per le prime e 800.000 euro per le seconde.

 

Una sfida globale

A livello globale, per affrontare l’emergenza nel breve periodo, soprattutto nei paesi più fragili, è essenziale migliorare l’assistenza alimentare d’emergenza e i programmi di protezione sociale, garantendo la sussistenza delle fasce a reddito medio-basso della popolazione. In secondo luogo, è fondamentale supportare l’agricoltura e gli agricoltori attraverso finanziamenti per assicurare la sopravvivenza delle aziende e incrementare la loro produttività. La FAO, inoltre, ritiene centrale la creazione di magazzini dove stoccare la merce non deperibile nel caso di problemi di natura logistica che impediscano il trasporto delle derrate agricole e la creazione di canali di e-commerce per la vendita al dettaglio degli accumuli e dei prodotti delle piccole e medie aziende agricole. È fondamentale rimuovere i colli di bottiglia di natura logistica soprattutto per i beni agricoli ad alta deperibilità, il cui stoccaggio è impossibile e la cui produzione è labour-intensive: in questo senso vanno, ad esempio, le citate green lanes adottate dall’UE. Infine, è auspicabile che i paesi rivedano le loro politiche commerciali e di tassazione sui beni alimentari, al fine di creare un quadro favorevole agli scambi: in questo senso, le barriere alle esportazioni e alle importazioni dovrebbero essere immediatamente rimosse. La parola d’ordine è la rapidità dell’azione, affinché la crisi sanitaria ed economica non assuma i sinistri contorni di una crisi alimentare mondiale.

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