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"Cosa cambia con le nomine di Obama" Tre domande a Andrea Carati

08 gennaio 2013

Le nomine di John Brennan a direttore della Cia e Chuck Hagel al Pentagono, fanno supporre una militarizzazione della difesa e della sicurezza? E, in caso positivo, come potrebbero influenzare le prossime decisioni americane?

Non credo sia in atto una militarizzazione dei pilastri della difesa e sicurezza americana, perlomeno non in maniera deliberata. Il cambiamento dei vertici è senza dubbio un elemento importante ma ciò non modifica necessariamente la cultura e il modus operandi  di una organizzazione. Per far ciò servirebbe una riforma ben più ampia e incisiva. Per quanto riguarda gli effetti di questa scelta sulla politica estera americana, ritengo che questi possano essere marginali soprattutto per quanto concerne le grandi scelte che dovranno essere prese nei prossimi anni. Penso, ad esempio, al negoziato di pace in Medio Oriente, ai rapporti con la Cina, alla gestione della crisi siriana. Il modo nel quale gli USA affronteranno queste sfide dipende molto da scelte e decisioni presidenziali che sono perlopiù scelte politiche sulle quali le nomine dei vertici influiscono in maniera marginale.

 

Come incideranno le nomine di Obama sullo spostamento del focus di attenzione principale USA dal Medio Oriente all’Asia? 

 

E’ difficile dirlo ora e comunque i grandi trend su priorità strategiche dipendono molto da fattori esterni che agiscono sul lungo periodo. Credo ci sia un’attenzione eccessiva sui leader politici e le loro decisioni e ciò fa dimenticare che le priorità sono dettate da fuori. Pertanto lo spostamento del focus di attenzione USA dipenderà in maniera maggiore da cosa avverrà in Asia nei prossimi anni che dalle nomine di questi giorni.

 

 Che cosa indica la decisione di nominare un senatore repubblicano come Hagel alla guida della Difesa per i problemi di coesione interna?

Credo che questa scelta abbia un grande valore simbolico. Rappresenta infatti un forte segno soprattutto in vista delle sfide delle prossime settimane come ad esempio la ridefinizione del tetto del debito dove Repubblicani e Democratici dovranno necessariamente cercare di collaborare. Da un lato questa decisione costituisce un elemento di continuità rispetto all’accordo trovato pochi giorni fa sul fiscal cliff ed evidenzia come Obama voglia continuare a lavorare con almeno un parte dei Repubblicani. 

 

Dall’altro vuole essere un fattore strutturale per superare l’estrema polarizzazione dell’opinione pubblica tra i due schieramenti che è stata esasperata dalla campagna elettorale e che, se non attenuata, potrebbe paralizzare la politica americana.

 

*Andrea Carati è ISPI Associate Research Fellow

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