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Commentary

Credito: Non solo NPL, l'anno della verità

Alessandro Merli
05 febbraio 2021

Millequattrocento miliardi di euro. Una cifra enorme. Quando, nel luglio scorso, la vigilanza bancaria della BCE ha fatto un primo studio della vulnerabilità delle banche europee a seguito della pandemia di Covid-19, la stima del possibile aumento dei crediti deteriorati (non-performing loans, o NPL) nello scenario più severo ha lasciato anche i più pessimisti osservatori di mercato a bocca aperta e si è collocata su livelli molto più alti delle valutazioni delle banche stesse. “Man mano che lo shock economico si materializza ulteriormente – ha detto il mese scorso al Parlamento europeo il nuovo membro del comitato esecutivo della BCE, Frank Elderson, un esperto di vigilanza – le imprese e i consumatori possono avere maggiori difficoltà a ripagare i prestiti. Per evitare il rischio che le banche finiscano per aggravare la crisi, dobbiamo evitare che accumulino NPL nei loro bilanci. E il primo passo è ottenere chiarezza sulla qualità del loro attivo ed essere sicuri che affrontino in modo proattivo gli NPL che emergono”.

Oggi, il capo della vigilanza, Andrea Enria, ammette che è meno probabile che lo scenario più severo delineato a luglio si avveri. È vero anche che, grazie anche alle riforme delle regole dal 2008 in poi, le banche si sono presentate allo scoppio della pandemia meglio capitalizzate e più liquide che in passato e avendo smaltito buona parte degli NPL derivanti dalla crisi finanziaria globale e dalla crisi dell’eurozona: dall’8,5% degli impieghi totali nel 2014 a meno del 3% a fine settembre del 2020. Ma queste medie nascondono profonde disparità a livello di Paese, con banche come quelle italiane e portoghesi (oltre a quelle greche e ciprioti) molto più esposte di quelle di altri mercati, nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni. E la pandemia accentuerà le disuguaglianze a livello di settori economici. Gli NPL delle banche europee restano fra le priorità della vigilanza della BCE appena annunciate e sono un elemento cruciale dell’analisi del Fondo Monetario Internazionale sulla finanza globale, aggiornata il mese scorso.

In un sistema bancocentrico come quello europeo, la preoccupazione maggiore è che i problemi dell’economia reale che si ripercuotono sulle banche finiscano per avvitarsi nuovamente sull’economia. Per ora, secondo il sondaggio trimestrale sui prestiti bancari svolta dalla BCE a fine anno, gli effetti eccessivamente prociclici sono stati evitati. Una restrizione netta generata dall’aumento degli NPL sugli standard di credito e sulle condizioni dei prestiti è stata inferiore a quanto avvenuto dopo la crisi finanziaria globale. Le ragioni principali della restrizione, hanno detto le banche, sono state la percezione del rischio legato alle prospettive dell’economia, del merito di credito delle controparti e la minore tolleranza al rischio degli istituti stessi.

In questi giorni, sono cominciati a uscire i risultati delle banche europee per il 2020 e dalla lettura dei documenti a volte appare difficile individuare l’impronta della pandemia. Delle banche spagnole, che sono state fra le prime a pubblicare i conti, solo il Banco Sabadell evidenzia un significativo aumento degli accantonamenti su possibili perdite su crediti. La qualità del suo attivo è nettamente peggiore di quello delle sue concorrenti, oppure gli altri istituti hanno preferito rinviare il redde rationem sugli NPL?

In realtà, l’andamento del 2020 è stato largamente mascherato proprio dai provvedimenti di alleggerimento presi dai Governi e dalle autorità di vigilanza, fra l’altro l’applicazione di moratorie e di garanzie pubbliche. In tutti i Paesi, secondo una rilevazione di Nicolas Veron, Francesco Papadia e Julia Anderson per il centro studi Bruegel, imprese e famiglie si sono largamente avvalse di queste possibilità e, contrariamente ai timori della vigilia, tutti i Paesi hanno partecipato, non solo quelli con le finanze pubbliche più solide. La BCE sollecita le banche a continuare a valutare il merito di credito indipendentemente dalle moratorie e dalle garanzie e di guardare oltre la loro scadenza, che dovrà per forza arrivare nel corso di quest’anno. Per ora, ha detto Enria, le banche sono state lente a farlo e a cominciare a riclassificare i crediti che vanno deteriorandosi. Le banche, soprattutto quelle italiane, dal canto loro chiedono un allentamento delle regole.

Il 2021 sarà quindi l’anno della verità. L’impatto sulle singole banche dipenderà dai livelli iniziali di capitale e dalla qualità degli attivi, ma anche dalla loro esposizione ai settori più colpiti dalla pandemia. Per le più deboli, oltre agli NPL, la vera preoccupazione viene dal fatto che la pandemia è anche destinata ad accelerare ed esacerbare i problemi di lungo termine del settore, dalla bassa redditività alla trasformazione dei modelli di business, alla necessità di ingenti investimenti per rispondere alla doppia sfida della digitalizzazione e della concorrenza di operatori non bancari. Tutti nodi che anche la fine della pandemia non scioglierà.

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AUTORI

Alessandro Merli
The Johns Hopkins University

Image credits (CC BY-NC-ND 2.0)

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