Le relazioni tra Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Ruanda sono in una fase di costante deterioramento dallo scorso giugno. Al centro del nuovo conflitto nell'est della RDC c'è la rivalità di lunga data tra Ruanda e Uganda, la cui posta in gioco è sia militare che economica. La crisi nella RDC orientale si inserisce in un quadro regionale complesso, in cui Paesi rivali sostengono gruppi ribelli nel territorio di Paesi vicini con funzione destabilizzante, in un turbinio di reciproche accuse e smentite. Quando nel novembre del 2021 l'Uganda ha concordato con il governo di Kinshasa di dispiegare le proprie forze armate nella RDC, senza che il Ruanda venisse consultato, Kigali ha riattivato una forza ribelle congolese dormiente, l'M23, che aveva sostenuto dieci anni prima fino alla sua sconfitta da parte di un intervento militare internazionale. Il 13 giugno di quest'anno l'M23 ha preso il controllo di Bunagana, un importante snodo commerciale al confine tra RDC e Uganda. Per tutta la durata della crisi, Kinshasa ha accusato la Forza di Difesa del Ruanda (RDF) di sostenere i ribelli. Come in passato, Kigali ha negato qualsiasi coinvolgimento in quello che ha definito "un conflitto interno al Congo" e, a sua volta, ha accusato Kinshasa di cooperare con le Forces démocratiques pour la libération du Rwanda (FDLR), un movimento ribelle ruandese attivo nella RDC dal 2000.
In questo contesto, sono state lanciate due iniziative di pace regionali. Una guidata dal presidente angolano João Lourenço a nome dell'Unione Africana (UA), nell’ambito della quale il 23 novembre è stata concordata una cessazione delle ostilità tra le forze congolesi e l'M23 durante un mini-summit a Luanda, che dovrebbe entrare in vigore il 25 novembre. Tuttavia, poiché l'M23 non è stato coinvolto in questo accordo, l'esito rimane incerto. L'altra è guidata dall'ex presidente keniota Uhuru Kenyatta a nome della East African Community (EAC), la comunità economica regionale di cui fanno parte sia il Ruanda che la RDC. Nonostante ciò, il conflitto si è rapidamente inasprito. Già a maggio il governo congolese aveva sospeso tutti gli accordi recentemente firmati con il Ruanda, mentre la compagnia RwandAir è stata bandita dallo spazio aereo congolese. In un incontro a porte chiuse tenutosi il 20 giugno a Nairobi, l'EAC ha deciso di costituire una forza regionale "per stabilizzare e garantire la pace nella RDC". Ha inoltre stabilito che "deve essere messo in atto un cessate il fuoco immediato e la cessazione delle ostilità deve iniziare immediatamente", senza però specificare le parti coinvolte, né menzionare il Ruanda o l'M23.
Le accuse congolesi nei confronti del Ruanda sono state confermate da un Gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla RDC. In un rapporto pubblicato il 14 giugno, si riscontrava che il Ruanda e l'Uganda hanno fornito basi e sostegno all'M23. Il Gruppo è stato più esplicito in un aggiornamento confidenziale circolato a luglio, in cui si menzionavano "prove concrete" di operazioni militari da parte dell'RDF in territorio congolese e di sostegno da parte dell'RDF alle operazioni dell'M23. Vi erano anche accuse all'M23 di bombardamenti indiscriminati, uccisioni di civili e attacchi a Monusco, la forza di peacekeeping delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, si rilevava che alcuni membri dell'esercito congolese hanno stretto alleanze ad hoc con gruppi armati locali, tra cui le FDLR, per combattere l'M23. Il Gruppo ha inoltre espresso preoccupazione per l'aumento di hate speech, ostilità e violenze contro le popolazioni ruandofone nell'est della RDC. Anche Human Rights Watch (HRW) ha accusato l'M23 di aver preso di mira i civili in uccisioni deliberate, invitando i Paesi donatori a "sospendere l'assistenza militare ai governi che sostengono l'M23 e altri gruppi armati violenti". In seguito, HRW ha anche accusato le unità dell'esercito congolese di aiutare i gruppi armati violenti.
Per il Ruanda, le condanne internazionali sono una preoccupazione crescente, in particolare da parte degli Stati Uniti. Durante una visita a Kigali l'11 agosto, il segretario Blinken ha fatto riferimento a "informazioni credibili secondo cui il Ruanda continua a sostenere il gruppo ribelle M23 e ha forze armate all'interno della RDC" e ha insistito sul fatto che "ogni Paese della regione deve rispettare l'integrità territoriale degli altri". In occasione di un briefing del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla regione dei Grandi Laghi del 26 ottobre, il rappresentante statunitense ha nuovamente chiamato la RDF a porre fine all'assistenza all'M23.
L'8 settembre, il presidente congolese Félix Tshisekedi ha firmato l'accordo sullo status della forza regionale dell'EAC da dispiegare nell'Ituri e nelle province del Nord e Sud Kivu. Due settimane dopo, rivolgendosi all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha nuovamente accusato il Ruanda di "aggressione militare diretta" e "occupazione" del territorio della RDC. Come in passato, Kigali ha negato con veemenza le accuse e ha insistito sul fatto che la RDC stesse collaborando con i gruppi anti-ruandesi. Lo scambio di accuse è ulteriormente peggiorato quando il 25 ottobre il governo congolese ha denunciato la "strategia permanente di interferenza" da parte del presidente ruandese Paul Kagame e la "tradizionale retorica ingannevole" del Ruanda, riaffermando la propria determinazione "a porre fine alle attività criminali e terroristiche dell'M23 sostenute dal Ruanda". L'espulsione dell'ambasciatore ruandese nella RDC, avvenuta il 30 ottobre, ha segnato un nuovo minimo storico nelle relazioni bilaterali.
In questa analisi pubblicata a giugno, si suggeriva che Kenya e Tanzania dovessero prendere iniziative forti per evitare un'ulteriore destabilizzazione nella EAC. Da allora il Kenya ha assunto un ruolo guida, sia a livello politico che militare. Dal punto di vista politico, Kenyatta ha assunto il ruolo di mediatore per la EAC, praticando una buona dose di shuttle diplomacy. Dal punto di vista militare, il dispiegamento della forza regionale della EAC deciso a giugno è effettivamente iniziato. Il 12 novembre, il primo contingente keniota è arrivato a Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu. Nella sua completezza, il contingente comprenderà due battaglioni ciascuno da Kenya, Uganda e Burundi e uno dal Sud Sudan. Per ovvie ragioni, il Ruanda non fa parte dell'iniziativa militare regionale. Il comandante della forza, il generale keniota Jeff Nyagah, ha ripromesso che Goma, minacciata dall'avanzata dell'M23, "non sarà presa". Sebbene uno scontro diretto tra il contingente keniota e l'M23 possa comportare il rischio di combattimenti tra gli eserciti ruandese e keniota in territorio congolese, è più probabile che si ripeta lo scenario del 2013, con la sconfitta dell'M23 da un intervento militare regionale, mentre gli attori internazionali impediscono al Ruanda di far deragliare il processo. Un tale risultato militare dovrebbe essere integrato da soluzioni politiche a lungo termine, sia nella RDC che nella regione. Da un lato, lo Stato congolese deve riprendere il controllo del suo territorio a livello sia amministrativo che fisico, anche rimuovendo i gruppi armati non statali nazionali e stranieri. Dall'altro, i Paesi vicini come Uganda, Ruanda e Burundi devono porre fine alle loro interferenze negli affari della RDC, sia attraverso il sostegno di forze di procura ribelli sia attraverso lo sfruttamento illegale delle risorse naturali.
Testo finalizzato il 25 novembre