I recenti eventi in Ucraina e nella penisola di Crimea hanno, giustamente e prevedibilmente, attratto l´attenzione dell´intera Comunità internazionale e dell´opinione pubblica mondiale. Quello che sorprende è che, pur nella divergenza, spesso totale, sullo svolgimento dei fatti, le parti direttamente coinvolte e altri attori internazionali di primo piano che si sono pronunciati in merito, hanno continuamente fatto riferimento al diritto internazionale per giustificare le rispettive posizioni e decisioni. Da parte della Russia, poi, le critiche USA sul mancato rispetto delle regole internazionali sono state rispedite al mittente accusato di non avere autorità a parlare di rispetto di regole, visto quanto volte queste sono state violate proprio dagli USA stessi(1) e di essersi dimenticato del precedente dell’indipendenza unilaterale del Kosovo che era stata appoggiata proprio dagli USA e da molti paesi occidentali(2).
In questo contesto, si procederà ad una breve, e senza alcuna pretesa di esaustività, analisi di quelli che sono i profili rilevanti di diritto internazionale, che dovrebbero essere sempre alla base delle scelte di politica internazionale di uno stato specie in quelle situazioni che potrebbero avere ricadute per l’intero sistema di relazioni internazionali. L’oggetto di quest’approfondimento sarà limitato al referendum in Crimea e alla successiva decisione di secedere dall’Ucraina e di trasferire il territorio sotto la sovranità della Federazione russa nonché alle conseguenti reazioni della Comunità internazionale.
Gli eventi
Il territorio della Repubblica di Ucraina è suddiviso in 27 regioni: di cui 24 province (oblasts), 1 repubblica autonoma (Crimea) e due città con statuto speciale (Kiev e Sebastopoli). In quanto repubblica autonoma, la Crimea ha una propria Costituzione approvata nel 1998 (in sostituzione di quella del 1992 che concedeva un maggior grado di autonomia alla regione), che le conferisce un certo grado di autonomia pur essendo espressamente previsto che il Parlamento ucraino può porre il veto a qualsiasi legge approvata dal Consiglio Supremo della Repubblica autonoma di Crimea (Parlamento)(3).
Il 27 febbraio 2014, a seguito di varie turbolenze istituzionali e cambi di leadership, il Parlamento della Crimea ha deciso d'indire un Referendum al fine di chiedere una maggiore autonomia dall’Ucraina (non l’indipendenza): la legittimità di tale decisione è stata subito contestata dal Parlamento Ucraino. Ciononostante, e dopo svariate vicende interne, il Parlamento della Crimea decide, il 6 marzo 2014 di anticipare la data del referendum al 16 marzo e di modificarne l´oggetto: non più una maggiore autonomia dall’Ucraina ma l’adesione alla Federazione Russa. Agli elettori sostanzialmente era chiesto di esprimere la propria preferenza per una delle seguenti opzioni: 1. Riunificazione della Crimea con la Russia oppure 2. Ritorno alla Costituzione del 1992 e allo status della Crimea quale parte dell’Ucraina.
A fronte di questi avvenimenti, il Consiglio di Sicurezza, convocato su richiesta dell’Ucraina(4), si è riunito il 15 marzo per discutere una bozza di Risoluzione, presentata da circa 30 stati, nella quale, tra le altre cose, il Consiglio dichiarava che «this referendum can have no validity, and cannot form the basis for any alteration of the status of Crimea; and calls upon all States, international organizations and specialized agencies not to recognize any alteration of the status of Crimea on the basis of this referendum and to refrain from any action or dealing that might be interpreted as recognizing any such altered status»(5).
Com’è ben noto, la Risoluzione, che pur ha raccolto 13 voti a favore e un’astensione (della Cina), non è stata approvata a causa del veto della Russia.
Il Referendum ha avuto luogo il 16 marzo e, secondo le fonti ufficiali della Repubblica Autonoma di Crimea 1.274.096 elettori vi hanno partecipato (circa l’83,1% degli aventi diritto)(6) e l’opzione riguardante la riunificazione con la Russia avrebbe ottenuto circa il 97% dei voti validi espressi(7). Il giorno successivo il Consiglio Superiore della Repubblica Autonoma di Crimea, dopo aver proclamato l’indipendenza dall’Ucraina, ha formalizzato la richiesta alla Federazione Russa di ammettere la Crimea come una nuova Repubblica della Federazione stessa. Poche ore dopo tale richiesta il presidente russo Putin ha adottato un decreto che riconosce la Crimea come stato sovrano. Il 18 marzo il presidente Putin ha presentato al Consiglio della Federazione russa a) una legge di riforma costituzionale che prevede la creazione di due nuove entità all'interno della Federazione russa: la Repubblica di Crimea e la Città di Sebastopoli e b) un trattato internazionale che sancisce il passaggio della Crimea all’interno della Federazione russa(8). Nei giorni immediatamente successivi, il Parlamento russo ha approvato le proposte del presidente.
L´Unione europea e altri attori internazionali hanno deciso di adottare delle sanzioni economiche contro la Russia preannunciandone ulteriori.
I profili di diritto internazionale
Dal punto di vista del diritto internazionale, così frequentemente richiamato da tutte le parti in causa, due sono le questioni che saranno esaminate in questa sede. In primo luogo la legittimità del referendum indetto dal Parlamento della Crimea e in secondo luogo la legittimità dell´annessione dalla Federazione Russa, per incorporazione, della Repubblica di Crimea e della città di Sebastopoli.
Le critiche circa la legittimità internazionale del refe-rendum stesso non sono sempre state puntuali, anche perché spesso si sono concentrate più che sul referendum stesso, sulle sue conseguenze. A ogni modo è utile richiamare, in questo contesto, quanto affermato nelle Conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea del 17 marzo nel quale il Consiglio
« … strongly condemns the holding of an illegal refer-endum in Crimea on joining the Russian Federation on 16 March, in clear breach of the Ukrainian Constitution. The EU does not recognise the illegal “referendum” and its outcome. It also takes note of the draft opinion of the Venice Commission on this “referendum”. It was held in the visible presence of armed soldiers under conditions of intimidation of civic activists and journalists, blacking out of Ukrainian television channels and obstruction of civilian traffic in and out of Crimea».
In altri termini, il referendum sarebbe stato illegittimo in quanto organizzato a) in violazione della Costituzione Ucraina(9) e b) in condizioni tali da non permettere il libero esercizio del diritto di voto da parte degli aventi diritto. Quest’ultimo punto, già anticipato nelle conclusioni del Consiglio, è stato ripreso con maggiore dettaglio nella Relazione della Commissione di Venezia adottata il 21 marzo 2014 e da altre organizzazioni dedite alla protezione dei diritti umani(10). Sia da parte della Repubblica autonoma di Crimea sia da parte della Federazione Russa tali argomenti sono stati rigettati con vigore(11). È del tutto evidente, sulla base della prassi assai diffusa di organizzazioni quali l’ONU, l’OSCE e l’UE, particolarmente attive nelle attività di monitoraggio di elezioni e di referendum, che le asserite condizioni che avrebbero caratterizzato l’espressione del voto in occasione del referendum, non erano tali da garantire un processo “genuino” e in grado di assicurare la libera espressione della volontà dei votanti come invece richiedono le rilevanti convenzioni internazionali in materia(12).
Sul secondo profilo, quella della legittimità, dal punto di vista del diritto internazionale, della secessione della Crimea e della città di Sebastopoli dall’Ucraina e dell’incorporazione nella Federazione Russa, le questioni giuridiche sono più complesse anche perché sono in gioco valori a principi non sempre facilmente compatibili e componibili, quale quello dell’autodeterminazione dei popoli e quello dell’integrità territoriale. Qualora il distacco di una parte del territorio (per formare un nuovo Stato, o per fondersi con un altro Stato o anche per incorporarsi in uno stato già esistente) avvenga con il consenso dello stato da cui ci si stacca e previa consultazione della popolazione locale, non sorgono particolari problemi di rilievo giuridico. Molti sono i precedenti che si possono citare in questo senso: dalla separazione delle varie ex repubbliche russe dall’URSS alla separazione tra Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca e, più di recente, la separazione del Sud Sudan dal Sudan. Ma questo certamente non è il caso della secessione della Crimea e della città di Sebastopoli.
Qualora, come nel caso in esame, non vi sia il consenso delle parti interessate, la questione giuridica diviene più complessa: la regola generale è, comunque, che non sono ammesse violazioni dell’integrità territoriale. L’unica eccezione si potrebbe verificare in presenza di uno stato sul quale vivono più popoli, ciascuno dei quali gode, a sensi dell’art 1 para 2 della Carta delle Nazione Unite, del principio di autodeterminazione. Secondo un’opinione diffusa d’interpretazione delle regole internazionali (soprattutto alla luce della Dichiarazione del 1970 dell’Assemblea Generale riguardante i principi di diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli stati in conformità con la Carta delle Nazioni Unite)(13), il diritto all’autodeterminazione potrebbe includere anche il diritto alla secessione se il Governo centrale si comporta in maniera discriminatoria nei confronti dei vari popoli stanziati sul proprio territorio(14). In caso contrario prevale il principio dell’integrità territoriale, salvo l’obbligo dello stato di assicurare ai vari popoli adeguate forme di autonomia istituzionale. Nel caso in esame non pare proprio possibile invocare il principio di autodeterminazione a giustificazione della secessione: non solo perché non è del tutto pacifico che in Ucraina vi siano più popoli (da tenere ben separato questo concetto da quello di minoranza), ma anche perché il governo ucraino non ha attuato discriminazioni tra le varie realtà esistenti sul proprio territorio.
Le reazioni della Comunità internazionale
Alla luce di quanto precede si può concludere affer-mando che sia le modalità di svolgimento del referendum sia i successivi passi (proclamazione unilaterale d’indipendenza e successivo distacco e incorporazione nella Federazione Russa) sollevano seri dubbi di compatibilità con le rilevanti norme internazionali. A fronte di questa situazione, la Comunità internazionale, nel suo complesso (eventualmente attraverso l’ONU) o anche come singoli stati o organizzazioni regionali, possono reagire contro l’illecito commesso, dopo aver tentato una soluzione pacifica del contenzioso. A oggi i vari tentativi compiuti di trovare una soluzione negoziata non hanno portato ad alcun risultato a causa dell’atteggiamento di chiusura specie della Russia, nonostante che in tali tentativi siano state coinvolte personalità del calibro del segretario generale dell’ONU. A questo punto le contromisure, quali quelle decise dall’Unione Europea e dagli USA, sono diventate uno strumento legittimo per indurre la Russia a recedere dal proprio comportamento. A prescindere dalla loro attuale efficacia e dalla possibilità di ricorrere a sanzioni più pesanti e incisive, si deve comunque ricordare, che ai sensi del diritto internazionale, su tutti gli stati incombe, ora un preciso obbligo: quello di non riconoscere la situazione illegittima venutasi a creare. Ciò significa che l’attuale situazione non potrà mai essere condonata e che in tutte le future relazioni con la Federazione Russa sarà necessario che ciascuno stato affermi formalmente e regolarmente che non viene meno l’illegittimità di quanto avvenuto con l’incorporazione della Crimea e della città di Sebastopoli nella Federazione Russa. Infine, considerando l’impossibilità di ottenere qualsiasi pronuncia in merito da parte del Consiglio di Sicurezza, a causa dell’inevitabile veto che sarebbe posto dalla Russia, l’intera vicenda potrebbe essere portata all’attenzione dell’Assemblea Generale dell’ONU che potrebbe adottare una Risoluzione di condanna (o anche chiedere un parere giuridico alla Corte Internazionale di Giustizia). Non molto, a fronte della gravità dei fatti, ma certamente utile per evitare di creare un pericoloso precedente.
1. Nel suo discorso di fronte al Consiglio della Federazione Russa del 18 marzo 2014, il Presidente russo Putin ha testualmente affermato che «Our western partners, led by the United States of America, prefer not to be guided by international law in their practical policies, but by the rule of the gun. They have come to believe in their exclusivity and exceptionalism, that they can decide the destinies of the world, that only they can ever be right. They act as they please: here and there, they use force against sovereign states, building coalitions based on the principle “If you are not with us, you are against us». To make this aggression look legitimate, they force the necessary resolutions from international organisations, and if for some reason this does not work, they simply ignore the UN Security Council and the UN overall. This happened in Yugoslavia; we remember 1999 very well. It was hard to believe, even seeing it with my own eyes, that at the end of the 20th century, one of Europe’s capitals, Belgrade, was under missile attack for several weeks, and then came the real intervention. Was there a UN Security Council resolution on this matter, allowing for these actions? Nothing of the sort. And then, they hit Afghanistan, Iraq, and frankly violated the UN Security Council resolution on Libya, when instead of imposing the so-called no-fly zone over it they started bombing it too”. Il discorso di Putin è disponibile su http://www.mid.ru/brp_4.nsf/0/2A848AEDCFC7109644257CA0002A1CA6.
2. Cfr. ultra sul punto: C. MARXSEN, Crimea’s Declaration of Independence, Blog of the European Journal of International Law, http://www.ejiltalk.org/crimeas-declaration-of-independence/.
3. Come sancito da Titolo X della Costituzione Ucraina: si vedano in particolare gli Articoli 135, 136, 137, disponibili in lingua inglese su http://www.president.gov.ua/en/content/chapter10.html.
4. La lettera del 28 febbraio 2014 con cui l´Ucraina chiede la convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza (S/2014/136) è disponibile su http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/2014/136.
5. Il testo della Risoluzione (S/2014/189) è disponibile su http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/2014/189.
6. La minoranza dei Tatari, che rappresenta il 12% della popolazione in Crimea, ha boicottato il referendum: cfr. http://www.bbc.com/news/world-europe-26598832.
7. Secondo la BBC i voti favorevoli sarebbero stati 95,5%: http://www.bbc.com/news/world-europe-26606097, mentre secondo Aljazeera, invece, i voti favorevoli sarebbero stati il 95% http://www.aljazeera.com/news/europe/2014/03/crimeans-vote-favour-secession-2014316153324265163.html.
8. Cfr il discorso di Putin citato alla nota 1.
9. In particolare si veda l’Articolo 73: «Alterations to the territory of Ukraine shall be resolved exclusively by the All-Ukrainian referendum».
10. Cfr ad esempio, il comunicato della International Federation for Human Rights (FIDH) disponibile su http://www.fidh.org/en/
eastern-europe-central-asia/ukraine/14930-crimea-16-march-referendum-not-admissible-in-international-law.
11. Cfr ultra A. MEZYAEV, Referendum in Crimea and International Law, http://nsnbc.me/2014/03/15/referendum-crimea-international-law.
12. Cfr. ad esempio l´art 25 del Patto sui diritti civili e politici del 1966.
13. Risoluzione 2625 (XXV).
14. Questo principio è stato ribadito anche in un parere consultivo dalla Corte Suprema del Canada nel caso “Secessione del Québec” (https://scc-csc.lexum.com/scc-csc/scc-csc/en/item/1643/index.do).