Cripto: per chi suona la campana in “miniera” | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
DATAGLOBE

Cripto: per chi suona la campana in “miniera”

Lorenzo Borga
25 novembre 2022

I fallimenti di piattaforme e prodotti finanziari cripto che abbiamo visto nel corso dell’anno stanno diventando ormai innumerevoli. Prima l’exchange Celsius, poi il disastro della stablecoin TerraUSD e ora la “caporetto” di FTX che probabilmente ci riserverà ancora qualche sorpresa. Mentre il destino di Gemini e Genesis ancora non è chiaro. Per non citare le numerose altre piattaforme – meno note - che negli ultimi mesi hanno bloccato i prelievi: CoinFlex, Babel Finance, Zipmex e Vauld.

Ma agli amanti del genere cripto è rimasta almeno una certezza: Bitcoin. Il re delle criptovalute non è stato colpito da crisi strutturali e, dal punto di vista tecnologico, la sua blockchain ha continuato a funzionare in modo efficiente. Certo, da inizio dell’anno ha perso il 64% del valore come accaduto a molti prodotti finanziari tech. Un crollo che da una parte ha contribuito alla crisi cripto e dall’altra è stato influenzato dai fallimenti delle piattaforme più fragili. Tanto che sempre più esperti tendono a consigliare di mantenere le proprie criptovalute in un wallet personale per non esporsi alla possibilità di vedersi bloccati i prelievi sulle piattaforme.

 

Questione di crisi energetica…

Un rischio all’orizzonte però c’è, e c’entra anche la crisi energetica. Il valore di Bitcoin risulta infatti in questo momento inferiore al costo medio di “produzione”, ormai superiore ai 20mila dollari. Ricordiamo come avviene questo processo: per assicurare l’operatività e la sicurezza delle transazioni è necessaria un’elevata potenza di calcolo. I cosiddetti “miners”, i minatori, la mettono a disposizione del sistema attraverso appositi computer. Per scegliere il calcolatore che gestirà il pagamento viene ogni volta indetta una vera e propria gara di pochi secondi: a vincerla è chi riesce a risolvere un problema matematico complesso prima degli altri, secondo il metodo chiamato “proof-of-work”. Per riuscire a spuntarla i miners investono in nuovi macchinari e potenza di calcolo, che richiedono una quantità di energia crescente. In premio ci sono i nuovi Bitcoin “estratti”: il computer che effettuerà la transazione e aggiungerà dunque un nuovo blocco alla blockchain verrà ricompensato con una somma in nuovi Bitcoin.

 

…e questione di potenza di calcolo

Torniamo al grafico: da fine estate il valore della criptovaluta sul mercato è rimasto stabilmente sotto il costo di mining. Secondo un’analisi di TechCrunch, il business dei miners sta diventando sempre più complicato. Il cosiddetto hashprice, cioè la remunerazione attesa dell’attività di mining, è ai minimi storici ed è calato più dell’80% in un anno. Gestire le transazioni sulla blockchain di Bitcoin è un’attività decisamente energivora – secondo l’Università di Cambridge il consumo annuo è di 89 terawattora all’anno, più dell’elettricità consumata da Paesi come Belgio e Finlandia – e le bollette le pagano anche i miners. Inoltre, più Bitcoin vengono estratti, più la “proof of work” richiederà crescente potenza di calcolo per gestire le transazioni. E il prezzo più che dimezzato contribuisce ad assottigliare i ricavi.

Il cosiddetto hashrate – vale a dire la quantità di potenza di calcolo necessaria per certificare nuovi blocchi sulla blockchain – è cresciuto in modo deciso nell’ultimo anno. A dimostrazione che la potenza necessaria è sempre maggiore ma anche che gli investimenti dei miners non si sono fatti fermare dalla fase di mercato delle criptovalute. Tuttavia non abbiamo la possibilità di sapere se ciò sia dovuto all’ingresso di nuovi miners nel mercato o – come è più probabile – dalla maggiore concentrazione della potenza installata.

Tutto sommato, Bitcoin rimane in salute rispetto al resto del mercato nato sulla scia del suo successo. Ma l’inverno per i miners – soprattutto quelli più fragili e inefficienti (e inquinanti) - sembra essere alle porte.

Contenuti correlati: 
Global Watch: Speciale Geoeconomia n.127

Ti potrebbero interessare anche:

Global Watch: Speciale Geoeconomia n.132
Economia: gli emergenti riemergono?
Africa: nuove sfide per Pechino
Elisa Gambino
University of Manchester
Fake news sulla moneta comune
Antonella Mori
ISPI e Università Bocconi
Asse franco-tedesco 4.0
Beda Romano
Il Sole 24 Ore
Big Tech: è vera crisi?
Alberto Guidi
ISPI

Tags

Geoeconomia finanza criptovalute
Versione stampabile

AUTORI

Lorenzo Borga
Sky Tg24

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157