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Commentary

Crisis to Watch 2014 - Euroscetticismo

20 Dicembre 2013

La globalizzazione contemporanea ha creato una crescente asimmetria tra il potere economico-finanziario che opera a livello globale e il potere politico che agisce ancora prevalentemente su scala nazionale. Ciò comporta un’erosione di sovranità che limita le opzioni di politica economica e sociale e i poteri di regolazione dei governanti nazionali e la loro capacità di realizzare i programmi e render conto dei risultati a cittadini elettori che si sentono sempre più impotenti e irrilevanti. I rappresentanti politici degli stati membri dell’Unione Europea, da un lato, subiscono una erosione di sovranità nazionale derivante dalla globalizzazione economica e dall’iper-finanziarizzazione, dall’altra delegano volontariamente una quota rilevante delle decisioni di governo a élites tecnocratiche (organizzazioni economiche internazionali, banche centrali) che esercitano un potere crescente senza essere elette. Come reazione a tali tendenze crescono movimenti e partiti nazional-populisti che, a fronte della complessità dei problemi e della crescente difficoltà di attribuire precise responsabilità, costruiscono capri espiatori, come l’euro e la burocrazia di Bruxelles e propugnano la rinazionalizzazione delle decisioni “espropriate” dal “superstato europeo”. L’antieuropeismo costituisce il punto di coagulo delle due componenti, nazionalista e populista nell’ideologia di questi partiti e movimenti, dal Front National francese al Fpo austriaco, dal Uk Independent Party al Pvv olandese. 

Quali sono gli antidoti alla resistibile ascesa del nazional-populismo euroscettico? Si confrontano due possibili soluzioni alternative: la prima propone di riequilibrare il rapporto tra capitalismo globale e democrazia, trincerandosi entro i confini dello stato nazionale, oggi minacciato dall’Unione monetaria, che è considerato l’unica istituzione che consenta la difesa della pratica democratica(1). La seconda propone di spostare verso l’alto il livello del potere politico democratico, costruendo un’unione sopranazionale europea autenticamente democratica e sostituendo il metodo intergovernativo con il metodo comunitario(2).

Sono d’accordo con la seconda soluzione, pur consapevole delle difficoltà che comporta, prime fra tutte la scarsa fiducia reciproca tra i cittadini degli stati membri e il fatto che l’istituzione che dovrebbe decidere la revisione dei trattati è proprio il Consiglio europeo, che non intende farlo, sia per evitare un autoridimensionamento del suo potere, sia per il timore di una reazione negativa degli elettorati nazionali. Ed è una soluzione che comunque richiede tempo; ma vi sono due tipi di decisioni che si possono prendere subito.

In primo luogo, i governi dei paesi più deboli dell’Eurozona come l’Italia devono chiedere un allentamento condizionato delle regole del patto di stabilità (sforamento temporaneo del 3% del rapporto deficit/Pil) che sono state necessarie per evitare il fallimento, ma hanno imposto misure di austerità che impediscono l’attuazione di riforme strutturali, anch’esse necessarie per recuperare produttività e competitività, riducendo in tal modo il debito pubblico. Un’applicazione intelligente delle regole sottoscritte nel patto di stabilità la possono tuttavia chiedere solo governi con programmi di riforma credibili (riduzione delle imposte sul lavoro e l’impresa, investimenti in istruzione e ricerca, riforma del welfare state). Per converso, i governi dei paesi più forti, a cominciare da quello tedesco, devono comprendere che è anche nel loro interesse non “soffocare” con un eccesso di regole le opportunità di ripresa dei partner, in considerazione del fatto che le economie dell’Eurozona sono ormai a tal punto interdipendenti da rendere assai difficile e pericoloso ogni ulteriore  divaricazione (e ogni attribuzione di responsabilità a singoli gruppi di paesi) e che una conservazione dell’euro fondata solo sulla paura rischia di far crescere a livelli intollerabili i risentimenti reciproci e l’euroscetticismo nazional-populista.

In secondo luogo, si possono introdurre subito due innovazioni politiche senza alcuna modifica dei trattati vigenti: 1) la presentazione alle elezioni del maggio 2014 da parte di ogni federazione europea di partiti di un proprio candidato alla presidenza della Commissione, con un organico programma di governo di legislatura; 2) l’attribuzione al prossimo Parlamento europeo di un esplicito ruolo costituente con il compito di elaborare, mediante un’apposita Convenzione, una proposta organica di modifica dei trattati per definire una nuova legge fondamentale europea da approvare a maggioranza(3) .

 1. Si veda ad esempio W. STREECK, Gekaufte Zeit, tr.it. Tempo guadagnato. La crisi rinviata del capitalismo democratico, Il Mulino, Bologna, 2013.

 2. Si vedano ad esempio J. HABERMAS, Democracy, solidarity and the European Crisis, Università di Lovanio, 26 aprile 2013. A. GIDDENS, Turbulent and mighty continent: what future for Europe?, Polity, London, 2013.

 3. Ho sintetizzato in otto punti le modifiche ai trattati che consentirebbero un decisivo passo avanti nella costruzione di una unione federale europea nell’articolo L’Europa tra federalismo e nazionalismi, Sole 24 Ore,

Alberto Martinelli, professore ordinario di Scienza della politica all'Università degli Studi di Milano.
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