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Blog @Radar
Dai sommergibili ai barchini: la battaglia navale in Medio Oriente
Guido Olimpio
20 gennaio 2021

A fine anno il Capo di Stato Maggiore israeliano Aviv Kochavi – scrive Haaretz – ha premiato con onorificenze diverse unità protagoniste di operazioni riservate. Tra queste gli equipaggi di sottomarini perché hanno compiuto numerose missioni in “teatro ostile”. Dove non lo sappiamo. Tante le ipotesi, comprese quelle che parlano di interventi contro gli iraniani o altri avversari. E le parole del generale si sono poi sovrapposte alle notizie sull’attività di un sommergibile classe Dolphin II, segnalato in Mar Rosso e persino dalle parti di Hormuz negli stessi giorni di un Georgia statunitense, la cui presenza era certa viste le molte foto in circolazione. 

Informazioni e immagini parte di una guerra psicologica ma anche di una sfida reale, quella sotto la superficie del mare. Fronte che interessa tutte le potenze, spinge molti a dotarsi di sistemi sofisticati e a usare vecchie tecniche comunque efficaci. 

Gli israeliani, per tornare all’inizio, hanno studiato dagli italiani. Alla fine del secondo conflitto mondiale alcuni ex incursori della nostra Marina hanno aiutato Tel Aviv a costituire la sua flottiglia fornendo tecniche, consigli, idee. Un rapporto solido, mai venuto meno, rinforzato anche da acquisti di materiale italiano ad alta tecnologia. Il meglio in un mercato in espansione. Come dicevamo tutti vogliono essere dotati di apparati di livello per difendere e attaccare. Lo fanno Teheran, il Qatar, l’Egitto e chiunque abbia interessi lunghe le rotte marittime, non proprio tranquille. 

Il 25 dicembre una mina magnetica ha danneggiato una petroliera in Mar Rosso, incidente preceduto da un episodio analogo il mese prima e seguito da un caso ancora fumoso il 31 al largo delle coste irachene, vicino ai confini con il Kuwait. Sulla fiancata della petroliera Pola è stato scoperto un ordigno, sempre magnetico. Possibile che i sabotatori siano arrivati con un’imbarcazione durante la sosta, anche se non è escluso che tutto possa essere avvenuto in occasione di uno scalo ad al Fujairah, negli Emirati. Lo stesso punto dove nel maggio del 2019 c’è stato un attacco simile. 

Per le esplosioni in Mar Rosso i sospetti si sono concentrati sui guerriglieri sciiti Houti, avversari di sauditi ed Emirati nel conflitto yemenita, nonché appoggiati dagli ayatollah. Sempre gli insorti hanno impiegato barchini esplosivi radiocomandati. È modus operandi antico, reso attuale dalle necessità. Quanto alla mina della Pola ricorda molto quelle prodotte dall’Iran. Accuse formali e specifiche non ve ne sono state, non basta un modello di una bomba a fare da firma. Tuttavia le ombre accompagnano i pasdaran fin dagli attacchi del 2019 mentre si seguono le mosse dei guardiani attorno a Hormuz e in Mar Rosso. Al largo dello Yemen è stata all’ancora per molto tempo la Saviz, un mercantile riconvertito dagli iraniani in base galleggiante e forse anche centro di intelligence. Un supporto indiretto per gli Houti che agiscono in questo settore. Secondo i dati AIS di Marine Traffic la sua posizione attuale è a sud est del porto saudita di Jazan. Ora gli iraniani hanno allargato questa “classe” di navi mettendo in servizio la Markran, una petroliera trasformata per uso militare con ponte di volo e altri equipaggiamenti, e la Shahid Roudaki. A bordo di quest’ultima scafi veloci, droni e mezzi speciali per incursori. Soluzioni pragmatiche in uno scenario dai molti profili. Vediamoli in sintesi. 

Le mine. Permettono gesti coperti, mettono in crisi la sicurezza, basso costo, possibilità di negare la responsabilità ma anche a chi subisce di non accusare – se serve – in modo esplicito un nemico. Particolare non da poco nel caso si voglia gestire una crisi senza dover ricorrere a una risposta immediata. 

I barchini. Arma estrema, comunque pericolosa, specie in imbuti come possono essere Bab el Mandeb od Hormuz. Di nuovo la spesa di produzione non è elevata, adatti per la sorpresa, esiste una tradizione. È sufficiente ricordare l’attentato alla nave americana Cole da parte di al Qaeda davanti ad Aden il 12 ottobre del 2000. Precedente che dimostra come la minaccia sia alla portata di Stati e di formazioni guerrigliere. Infatti singoli gruppi – Hamas, Hezbollah – addestrano team di uomini in rana.

Tutte situazioni che nell’epoca delle campagne anti-terrorismo – contro gli insorti e organizzazioni sulla terra ferma – poteva apparire secondarie e invece si stanno imponendo con il peso delle azioni in aree dalla grande rilevanza economica. 

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ISPI Research Fellow and Scientific Coordinator of Rome Med Dialogues

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AUTORI

Guido Olimpio
Corriere della Sera

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