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Blog @Slownews
Dalla Russia con amore
Ugo Tramballi
| 02 Agosto 2019

“Vogliamo cambiare l’Europa. La nostra Europa deve essere molto più vicina alla Russia”, diceva Gianluca Savoini al famoso incontro in una sala dell’hotel Metropol di Mosca. Per conto della sua associazione Lombardia-Russia, di Matteo Salvini o di tutti e due, Savoini immaginava “una grande alleanza pro-Russia”, snocciolando nomi e sigle: da Mme Le Pen e la Lega, ai sovranisti, agli antisemiti e ai neo-nazisti del vecchio continente.

C’è anche una questione di soldi e petrolio che i giudici chiariranno. Intanto però è evidente anche una questione politica, di tradimento di alleanze, di valori e di storia. Se tutto questo non viola leggi dello Stato (per ora), certamente ha a che vedere con il nostro futuro. Anche Savoini nella registrazione al Metropol parla di futuro dei nostri figli: sebbene credo si riferisse ai suoi, non ai miei.

A settembre si vota per i 45 seggi della Duma di Mosca, il consiglio comunale della capitale saldamente controllato da Russia Unita, mutatis mutandis, l’equivalente del Pcus ai tempi dell’Unione Sovietica. Come in tutte le elezioni dell’era Putin, con cavilli legali e bugie, a decine di oppositori è stata negata la candidatura.

Come prima di ogni elezione, una ventina di migliaia di manifestanti coraggiosi avevano protestato davanti agli uffici della commissione elettorale. La settimana successiva, sabato scorso, in 3.500 si sono ritrovati davanti alla Duma per rinnovare la protesta, in una manifestazione ovviamente non autorizzata, sebbene pacifica.

Il regime del paese che Savoini è convinto sia dell’avvenire, ne ha arrestati 1373. Fra loro naturalmente Alexei Navalny, il leader dell’opposizione al quale viene sempre negato di partecipare a un’elezione. Anche molti dei 22mila della settimana precedente rischiano un anno di galera per aver tentato di bloccare il lavoro dei commissari della commissione elettorale. I giudici stanno indagando. In prigione per altri ennesimi 30 giorni, Navalny ha avuto “gravi reazioni allergiche”. Ma è stato il suo alleato Leonid Volkov a negare ipotetici avvelenamenti: è solo che le carceri del regime sono orribilmente sporche.

La brutalità dei poliziotti e del potere che rappresentano, è senza senso politico: Putin gode ancora del consenso sufficiente per tenere il Comune di Mosca. E anche se la sua popolarità effettivamente in declino a causa dell’economia raggiungesse livelli allarmanti, il potere che lo circonda barerebbe sul voto. In passato è già stato fatto perché Putin raggiungesse quella grassa maggioranza che piace agli autocrati.

C’è chi dice che gli arresti e le manganellate di sabato scorso siano un segno di debolezza. Altri esperti sostengono invece che sia un ammonimento di Putin non ai democratici ma al non più ristretto circolo di potere che lo circonda: gli apparatchik, i militari, l’intelligence, gli oligarchi. Che sia più corretta la prima o la seconda, sono comunque ipotesi da sistema satrapico. Il Pcus non esiste più ma lo studio della cremlinologia c’è ancora: quella dei vecchi tempi di buio assoluto era una scienza inesatta; questa di un oggi un po’ più visibile ma comunque opaco, rimane ugualmente empirica.

Ecco, questo è il paese che per un numero crescente d’italiani – settentrionali e meridionali, operai, imprenditori, giornalisti, intellettuali e analfabeti odianti del web – è un modello al quale avvicinarsi con gioia. Come forse qualcuno ricorderà, il mese scorso Vladimir Putin aveva ufficialmente dichiarato “obsoleto” il sistema liberal-democratico. Savoini e i suoi leader italiani di riferimento, avranno trovato una ragione in più per “essere molto più vicini” a questa Russia.

 

Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell'ISPI

 

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Tags

Russia Vladimir Putin economia

AUTORI

Ugo Tramballi
ISPI Senior Advisor

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