A fine aprile la Turchia è entrata nella “big family” della Shangai Cooperation Organization (Sco) – l’organizzazione che coinvolge Russia, Cina, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan –, in qualità di “partner di dialogo”. La firma del Memorandum di cooperazione il 26 aprile ad Almaty in Kazakistan completa un processo iniziato lo scorso anno al summit della Sco di giugno a Pechino. Quali saranno i risvolti pratici dello status di partner di dialogo acquisito dalla Turchia è ancora da capire. Così come non è chiaro se si tratti del primo passo verso una futura membership a pieno titolo, non essendoci dei precedenti in merito all’interno dell’organizzazione. Ma l’interrogativo principale è se la Sco possa costituire una reale alternativa all’adesione all’Unione europea come aveva prospettato il premier turco Recep Tayyip Erdoğan qualche tempo fa. Di fronte allo stallo dei negoziati di adesione con l’Ue e all’aperta ostilità di alcuni stati membri europei, il primo ministro turco, in occasione di un summit con il presidente russo Putin, aveva affermato che, se la Sco avesse ammesso la Turchia, Ankara avrebbe rivisto la sua posizione nei confronti dell’Ue. Se le parole di Erdoğan sono suonate più come una provocazione per fare pressioni nei confronti di Bruxelles, esse sono l’ennesima dimostrazione di una politica estera turca che nell’ultimo decennio è diventata sempre più dinamica, pragmatica e svincolata dalla tradizionale appartenenza al campo occidentale.
Lo stesso ministro degli esteri Davutoğlu nel commentare il fatto che la Turchia è il primo partner di dialogo della Sco che allo stesso tempo è membro della Nato, ha affermato che la guerra fredda è finita e la Turchia non rimarrà vincolata a una mentalità improntata a logiche bipolari, proprio a sottolineare che da parte turca non esiste alcuna discrepanza tra l’appartenenza all’Alleanza atlantica, da un lato, e la partnership con la Sco, dall’altro. Ciò sembra avvalorare la naturale vocazione della Turchia a cavallo, non solo geograficamente, tra l’Europa e l’Asia.
L’ancoraggio europeo è stato il principale catalizzatore del processo di riforme politiche ed economiche interne condotte dalla Turchia, in particolare dal governo dell’Akp, dall’inizio degli anni Duemila e l’obiettivo europeo rimane, almeno nella retorica ufficiale e nonostante il calo di consensi dell’opinione pubblica, una priorità del governo turco. Per di più, nonostante le ricadute della crisi economica europea sui rapporti bilaterali, l’Unione europea rimane il principale partner commerciale ed economico della Turchia, nonché la fonte primaria di investimenti esteri diretti nel paese. Tuttavia, al di là delle difficoltà nei rapporti bilaterali, non sorprende che in una fase di crisi economica e finanziaria all’interno dell’Ue la Turchia si prodighi per diversificare le sue relazioni, volgendo lo sguardo verso l’Asia centrale e orientale e verso economie che, al contrario di quelle europee, negli ultimi anni hanno registrato tassi di crescita del Pil superiori al 5% (a eccezione della Russia che si è attestata comunque al 3,4% nel 2012 e al 4,3% nel 2011). Questi paesi presentano importanti opportunità di mercato per un’economia in espansione come quella turca e alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali e di risorse energetiche.
La Sco è prevalentemente un’organizzazione di sicurezza regionale, sebbene non strutturata al pari della Nato, con tre principali ambiti di cooperazione che vanno dall’economia, alla politica e alla difesa. In materia di sicurezza non sembra, tuttavia, che vi sia una convergenza, almeno per quanto riguarda il contesto mediorientale. Sulla crisi siriana, in particolare, le posizioni turche contrastano con quelle di Russia e Cina, i due membri di maggior peso all’interno dell’organizzazione. Allo stesso tempo non vi è unione di intenti in materia di promozione della democrazia. Infatti, il carattere autoritario dei paesi che compongono la Sco mal si concilia con l’immagine della Turchia come modello di democrazia, seppure in fieri, per la regione mediorientale che si è diffuso dopo lo scoppio della Primavera araba. Si pone il dubbio, soprattutto per coloro che legano i progressi del sistema politico turco all’ancoraggio europeo, che relazioni più strette e approfondite con la Sco, se accompagnate da un parallelo allentamento dei rapporti con l’Ue, possano andare a scapito del rafforzamento della democrazia turca. Resta da vedere quale direzione prenderà il governo di Ankara.